{{elencoDettaglioArticolo.categoria}}

L’avvocato a teatro Edizioni Grifo, Lecce, 2023

{{elencoDettaglioArticolo.sottoTitolo}}

A cura di Leonardo Carbone

Ancora una volta Augusto Conte riesce a catturare l’interesse del lettore su una materia che può sembrare secondaria ma tale non è.

Le drammatizzazioni teatrali forniscono significati antropologici e psicanalitici, in ogni epoca, a iniziare dalle culture Greche e Latine, dalle quali sono venute al mondo moderno gran parte delle concezioni e delle pratiche teatrali, e attraversando il Medio Evo, si estendono alle esperienze della modernità, assumendo svariate forme di comunicazione e di sapere.

Nel libro il lettore è spettatore e protagonista della caratterizzazione degli Avvocati, e anche dei clienti rappresentati dai professionisti legali, nelle varie epoche, e della loro etica professionale, attraverso il riflesso operato dalla retorica teatrale, descrittiva dei processi e delle cause, nelle tragedie, commedie, drammi, parodie, poetiche.

La “messa in scena” degli aspetti più o meno notevoli della vita sociale, nei quali la tensione raggiunge alti valori nello scandagliare e scrutare nella profondità dell’animo e nelle molteplici vicende dei rapporti umani, ha attratto autori e pubblico, per configurare e assistere, attraverso la “finzione”, ai propri pregi e alle virtuosità, ai difetti e ai vizi, ai comportamenti positivi o negativi, alle aspirazioni e alle delusioni, in una prospettiva da “autori” e da “spettatori”, per osservarsi e osservare, tenendo in tal modo fede alla stessa etimologia della espressione “teatro”, che designa non solo il luogo fisico dello “spettacolo”, ma anche la visione dell’evento teatrale: i fatti personali diventano occasione per dibattere e discettare di sistemi di vita, di giustizia, di verità.

Il processo diviene materia e argomentazione tematica e modello strutturale centrale, per le sue caratteristiche “narrative”, di opere teatrali, riportando sulla scena, in alcuni casi, l’intera narrazione dentro un’aula di tribunale; e gli spettatori prendono posto, idealmente, accanto a coloro che sono chiamati simbolicamente a rappresentarli, per lo più giudici e avvocati, con partecipazione emotiva e una attenzione critica alle scene che si svolgono davanti a loro: Eschilo, nella tragedia classica, Riccardo da Venosa; nella commedia elegiaca; Goldoni, De Filippo, nella commedia di carattere; Shakespeare, Di Giacomo, Pirandello, Dürrenmatt, nel dramma; Campanile, Amendola, Corbucci, nella commedia umoristica mettono in scena l’avvocato e il processo, quale argomentazione strutturale, per le loro caratteristiche narrative, fortemente spettacolari.

Eschilo, nella tragedia “Eumenidi” impegna l’avvocato-dio nelle vesti di difensore di Oreste, “imputato” dell’omicidio della madre Clitennestra e del suo amante Egisto, segnando una nuova articolazione della giustizia fondata sulla ricostruzione dei fatti, sulle indagini, sulle testimonianze, sulla natura del diritto, sulla colpa soggettiva, sulla volontà di ricerca della verità, instaurando la nascita del Tribunale, nel quale dal discorso dialettico, garantito dalla pubblicità, dalle procedure e dalla decisione di un terzo rispetto alle parti in conflitto, scaturisce un giudizio, non più fondato su interventi magici e religiosi, ma, laicamente, sulla argomentazione supportata dalla eloquenza. Riccardo da Venosa, giudice di nomina regia, nella commedia elegiaca “Paolino e Polla” del 1229, dedicata a Federico II, descrive Fulcone, l’avvocato-paraninfo, e l’origine delle conseguenze giudiziarie, parafrasando e parodiando la retorica classica riscoperta nell’ars dictaminis, diffusa nella coscienza anche letteraria dell’epoca imperiale, e utilizzata nella stesura di atti notarili, in applicazione degli insegnamenti retorici, adoperati anche nello scrivere in prosa e in versi, in latino e in volgare.

William Shakespeare ne “Il Mercante di Venezia” del 1596, dramma contenente molteplici aspetti e significati riguardanti il conflitto di appartenenti a credi religiosi diversi, i rapporti tra legge e giustizia, l’applicazione esasperata della legge, con un impianto di assurdo e paradosso nel diritto, ricorre all’avvocato-donna, che utilizza strategie difensive, nell’ambito di corretti richiami normativi e processuali usati come contestazioni dialettiche con argomentazioni che portano l’accusatore a rivestire il ruolo di accusato. Carlo Goldoni, avvocato lui stesso e commediografo, riabilita l’avvocatura ne “L’Avvocato Veneziano” del 1749 descrivendo l’avvocato onorato e indipendente, anche dai sentimenti, e il dolore del protagonista, sospettato di tradire la fiducia, fino al punto di revoca dell’incarico, poi riaffidato, e riscattato dalla difesa e vittoria finale sulla controparte della quale è innamorato, restando estraneo ai sentimenti personali nell’attività difensiva, mantenendosi fedele al mandato ricevuto; l’Autore spiega, a commento, il dovere di fedeltà, ma richiama l’attenzione del lettore-spettatore a non indulgere a sintomi portatori di sospetti sulla lealtà dell’avvocato.

Gli avvocati-paglietta e gli avvocati strascinafacenne, che cercano di emulare i grandi oratori napoletani, sono descritti in “Assunta Spina”, del 1909 di Salvatore Di Giacomo; in “Non ti pago” del 1940 e in “Filumena Marturano” del 1946 di Eduardo De Filippo. Luigi Pirandello, nelle novelle “teatrali” e nei drammi impegna gli avvocati a sostenere l’assurdo nel diritto: ne “La giara” del 1916, descrive l’avvocato preda del cliente; ne “Il dovere del medico”, descrive l’avvocato che ricorda la fredda giustizia, e la “necessità” della pena, fornendo l’occasione di spiegare che l’avvocato non è solo il suggeritore di tattiche e tecniche giudiziarie, ma il consolatore sensibile e solidale per predisporre l’animo del cliente e della sua sorte nel processo, perché al di sopra della legge scritta c’è un’anima in pena.

L’Autore ricorda anche “La verità”, novella teatrale che si svolge in un’aula di Corte di Assise, con la disperazione dell’avvocato difensore che assiste un cliente inconsapevolmente ingenuo e “La casa dei Granella”, in cui l’avvocato, prontamente insicuro, percepisce l’insoddisfazione della vita reale, costretto a indossare ogni volta delle maschere diverse a seconda degli interlocutori, descrivendo i pericoli e le insidie della legge e dei processi.

Achille Campanile descrive gli avvocati amici-nemici, che devono apparire tali secondo i loro rapporti e le aspettative dei clienti, nella commedia umoristica del 1924 “Centocinquanta la gallina canta”. Bruno Corbucci e Mario Amendola descrivono l’avvocato Antonio Pautasso “delle cause perse”, di scarsa dottrina di grande cuore nella commedia del 1970.

I drammi di Friedrich Dürrenmatt esprimono la funzione del teatro di rappresentare storie esistenziali e sociali angoscianti e protagonisti paradossali; ne “La panne” pensionati provenienti dal mondo della giustizia, si esercitano per gioco nel rifacimento di processi, coinvolgendo, in questo dramma, un malcapitato; il “gioco” si fa pesante e si risolve in tragedia; l’avvocato difensore riveste il ruolo dell’”accompagnatore” inducendo il cliente a confessare un reato, che non ha commesso, autoconvincendosi di essere colpevole.

Nel libro vengono ampiamente riportati i testi più rappresentativi delle tragedie, delle commedie e dei drammi per porli a fondamento delle osservazioni sull’etica professionale.

L’occasione delle rappresentazioni teatrali e delle esperienze drammaturgiche in cui sono configurate vicende giudiziarie, offre motivi per analizzare l’etica dell’avvocato attraverso il suo riflesso teatrale; le sceneggiature teatrali forniscono immagini dell’intero mondo forense e armonizzano cultura e processo impiegando un passaggio di conoscenze e di comunicazioni attraverso le trame rappresentate che interessano la legalità, la giurisdizione, l’etica degli avvocati e di chi si avvale delle loro prestazioni, segnalando i rispettivi impegni e obblighi.

È naturale e normale che sull’avvocato si appuntino le attenzioni di scrittori, di autori di teatro, della intera società, per raccontarne le «imprese» professionali, ricche di suggestioni e impreziosite dal patrimonio intellettuale acquisito nel tempo.

Nelle rappresentazioni teatrali non poteva sfuggire la raffigurazione dei casi giudiziari, di processi, penali soprattutto, e dei suoi protagonisti, principalmente giudici e avvocati; non per caso il processo viene definito “dramma giudiziario”, avendo in sé una intrinseca forza drammatica perché mette in scena i discorsi e le narrazioni con cui accusati e accusatori, testimoni e avvocati ricostruiscono i fatti oggetto della imputazione.

Nella società, e nel suo riflesso teatrale, sollecitato dalla realtà, il teatro suggerisce ed esprime il modo di concepire la giustizia, in tutto l’insieme di culture e tradizioni nella sua evoluzione e negli atteggiamenti che assume di fronte alla legge. Normalmente gli avvocati, personaggi delle commedie, sono comunemente considerati nei loro atteggiamenti negativi, salvo eccezioni, e caratterizzati, in relazione alle epoche in cui vivono e operano e alle situazioni, spesso al limite dell’etica; le tragedie, i drammi e le commedie descritti nel testo sono emblematici dei sistemi teatrali del periodo in cui vivono gli autori, e riflettono, con una continua sorta di contrappasso e di rivalsa, la mitologia e la realtà, la divinità e l’umanità, la passionalità e la freddezza, la comicità e la serietà, la identità professionale e l’assenza di personalità, la chiarezza e l’oscurità, la fortuna e la sfortuna, la cultura e la incultura, la saggezza e l’insipienza, la sapienza e 95 l’ignoranza, la scaltrezza e la dabbenaggine, l’onestà e la disonestà, la sincerità e l’ambiguità, la correttezza e la slealtà, il senso di moralità e l’assenza di etica d’animo e professionale.

Il variegato mondo della “specie” forense riceve, nell’accostamento della finzione scenica alla realtà della vita, in una specularità fornita anche dall’ironia, qualunque sia l’esito del dramma, o della commedia o degli schemi narrativi, il coinvolgimento e l’applauso del pubblico che vede riflessa sulla scena i propri successi o insuc cessi, negativamente o positivamente, la sua esperienza a contatto con gli avvocati, come è accaduta o come può accadere, esprimendo giudizi sullo spettacolo e sulla realtà, compensando la tristezza con l’allegria del - la scena, e con i fastidi e la sofferenza del vivere.

Le rappresentazioni teatrali, con le tragedie, le commedie, i drammi, le parodie si ispirano alla retorica: si può dire che il teatro è retorica, in quanto arte del discorso, della persuasione, della convinzione e della comunicazione; nel teatro viene adottata un sistema che può definirsi di “retorica teatrale” rivolta a educare, dilettare, suscitare impulsi dell’animo, passioni o commozioni, aspetti emotivi della vita, finalizzata a provocare il pianto o il riso: l’opera teatrale, con la carica retorica di comunicazione e di sapere, ponendo lo spettatore accanto ai protagonisti del processo, giudici, avvocati, parti e testimoni, induce il lettore-spettatore a confrontare il caso rappresentato sulla scena e la trama di azioni e pensieri con la realtà e le proprie esperienze e lo porta a concepire la giustizia negli atteggiamenti che assumono i protagonisti dei processi, con la propria cultura e sensibilità.

Nella introduzione il lettore viene introdotto sulle origini e gli sviluppi del teatro; sui rapporti tra teatro e avvocati; sulla caratterizzazione degli avvocati nei generi teatrali; sull’arte poetica sceneggiata e gli avvocati; sulla retorica teatrale delle rappresentazioni e degli attori di teatro. È un libro che non può mancare alla biblioteca dell’avvocato, del praticante ma anche di ogni cittadino che vuole conoscere le sfaccettature della professione di avvocato.


Note

Argomenti correlati

Categoria