Riflessioni sulla sostenibilità del modello previdenziale: riforma organica, riqualificazione professionale e recupero dei contributi non versati

Giampaolo Di Marco

Come accade di consueto, alla fine di ogni anno si predispongono bilanci, non solo fatti di numeri, e si analizzano scenari e previsioni per l’anno successivo.

Tale metodo di lavoro interessa anche i temi previdenziali e della nostra Cassa. Se i numeri, tuttavia, sono piuttosto asettici, in particolare nel restituirci nell’immediato la fotografia della nostra professione, dalla loro analisi in chiave sistematica, sia storica, sia prospettica, è possibile riflettere e svolgere considerazioni sul futuro a breve e medio termine.

L’Associazione Nazionale Forense ha da sempre dedicato grande attenzione al tema della previdenza e del welfare ed anche all’esito del recente rinnovo delle cariche associative intende essere parte attiva del percorso di analisi e di riforma del sistema. Partiamo dai numeri.

Scorrendo la Relazione 2022 di Cassa Forense è agevole verificare che l’intervento e le attività dell’Ente siano orientate alla riforma, all’aumento dei redditi ed al recupero dei crediti per contributi non pagati.

Questo periodo, da più parti, viene definito come quello della transizione verso un modello sostenibile che permetta il cambio (o meglio lo scambio) generazionale o intergenerazionale, senza l’eccessiva compromissione delle posizioni quesite.

Per poter parlare adeguatamente di sostenibilità, tuttavia, è necessario verificare se i numeri indicati nella relazione rispondano a queste esigenze.

Partiamo da un’indicazione tratta dalla Determinazione del 9 dicembre 2021 n. 134 della Corte dei Conti la quale nella “Determinazione e Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa Nazionale di Previdenza e assistenza forense” per il biennio 2018-2019 afferma: “sulla base delle risultanze attuariali esposte nel bilancio tecnico al 2017, emerge in prospettiva un 98 Corte dei conti – Relazione Cassa nazionale di previdenza e assistenza Forense – esercizi 2018- 2019 periodo ventennale – fra l’anno 2042 e il 2062 – nel quale il saldo previdenziale assume segno negativo. Si tratta di un elemento che è necessario monitorare con attenzione al fine di adottare i correttivi necessari al mantenimento degli equilibri della gestione nel tempo”.

Da tale affermazione è necessario, quindi, cominciare dal numero degli iscritti, in costante calo, è evidente che si rende necessario un intervento correttivo, con possibile ulteriore decremento in ragione delle recenti riaperture dei concorsi pubblici.

Al numero degli iscritti segue l’analisi del reddito prodotto, anch’esso in calo per ragioni legate al periodo emergenziale, ma anche ad una strutturale incapacità del sistema di mantenere la stabilità nella produzione di redditi che nel periodo pre-pandemico sembrava essere stata raggiunta nel settore delle libere professioni, cui si aggiungono misure di sostegno difficilmente capaci di esserlo sul medio-lungo termine.

Se sul fronte iscritti-reddito vi è un segno meno, al contrario sul fronte spesa vi è un segno più. La spesa previdenziale, infatti, per il 2021 viene quantificata in 903,8 milioni di euro, e considerata in crescita nel prossimo anno a 921,4 milioni di euro.

In definitiva alla crescita della spesa si oppone un calo di contributi e di professionisti. Senza misure di ampio respiro, la sostenibilità appare, quindi, piuttosto difficile da ipotizzare. Si legge, poi, nella Relazione che sia necessaria una riqualificazione dell’Avvocatura “verso le materie maggiormente richieste dal mercato, con riflessi positivi sulla ripresa dei redditi e, di conseguenza, al leggero aumento del gettito contributivo nel 2022”, così come è inevitabile “disegnare i nuovi scenari della professione e le nuove linee reddituali e di speranza di vita, con riferimento allo scenario post COVID che, ovviamente, non potrà essere identico a quello analizzato nel periodo precedente”.

Nuovi spazi di mercato, tuttavia, devono tradursi in nuove risorse da destinare all’aumento del reddito che, come spesso accade nei cambiamenti, deve fare i conti sull’investimento necessario al cambiamento. I nuovi spazi da cercare non possono, quindi, tradursi in mero lifting professionale, per comunicare solo un semplice aggiornamento della nuova potenzialità dell’avvocato di oggi, ma devono essere frutto di un’analisi adeguata, a cominciare dal possibile esercizio in forma aggregata delle professioni e/o comunque in un sistema di rete basato sulla reciproca solidarietà.

Altro passaggio da affrontare con rigore e visione futura e, quindi, sostenibile, è quello relativo alla complessiva riforma della previdenza forense, attualmente allo studio di un’apposita Commissione istituita nel 2020, che dovrà consegnare un progetto quanto prima alla discussione generale dell’intera avvocatura.

Scopo della riforma dovrà essere quello di risolvere le criticità che rischiano di mettere a repentaglio la “sostenibilità finanziaria” e “l’equità generazionale” del sistema stesso. Sul recupero dei contributi non versati si gioca, infine, una partita molto delicata per la citata transizione. Il tema, non più rinviabile in ragione dei possibili interventi degli enti di controllo e delle istituzioni (Collegio Sindacale, Corte dei Conti etc.), rischia di rendere vane le misure di sostegno suindicate. Probabilmente solo un recupero mirato e sul lungo periodo, permetterà una sostenibilità dei versamenti da parte di chi debba versare contributi non pagati e proseguire con i versamenti correnti.

Vi sono, poi, altri temi di fondamentale importanza. Il primo quello della doppia tassazione. Un’imposizione, questa, che penalizza sia i professionisti, sia gli investimenti. Il sostegno dei professionisti al Paese proviene già dall’imposizione fiscale sul reddito. Da molto tempo si sostiene che i capitali persi nella doppia tassazione potrebbero essere investiti in un sistema di welfare più ampio ed efficace.

Le Casse di Previdenza che sono “enti senza scopo di lucro”, sono persone giuridiche private e non beneficiano di alcun finanziamento pubblico diretto o indiretto e in forma del tutto autonoma sono tenute a garantire l’equilibrio finanziario attraverso un’accorta gestione del proprio patrimonio. Su quest’ultimo e sulle somme versate dagli iscritti continua a gravare il sistema della doppia imposizione che, in alcune fasi, raggiunge importi considerevoli. In tal senso, quindi, è palese che il sistema di duplicazione dell’imposta colpisca lo stesso ammontare di reddito, prima nella fase di accumulo, incidendo sulle Casse professionali, e successivamente sui pensionati, al momento dell’erogazione della pensione. Viene da chiedersi, quindi, quali possano essere le migliori forme di finanziamento utili ad aumentare le riserve che possano nel futuro essere destinate al pagamento delle pensioni.

Se i contributi degli iscritti costituiscono la prima forma di accumulo, un’altra importante forma è quella derivante dall’impiego degli stessi. Il loro rendimento, infatti, è una faccia della stessa medaglia o meglio un momento della medesima funzione di interesse pubblico.

Per superare questo sistema di doppia tassazione, vigente solo in Italia, è stato da tempo chiesto di equiparare il regime fiscale delle Casse a quello dei Fondi pensione, così da attenuare il carico fiscale che va a gravare sugli attuali e futuri pensionati. In definitiva alla fase di transizione descritta, deve accompagnarsi una “transazione” delle rinnovate istanze ed esigenze della diversa platea dei professionisti che compongono la categoria forense, da sempre divisa tra fasce di reddito molto eterogenee che, tuttavia, al termine del proprio percorso professionale attingono dal medesimo sistema previdenziale.

Questi temi, oggi, devono riguardare principalmente le istanze e le necessità dei giovani, che da tempo appaiono meno inclini a “deleghe a terzi” di gestione delle esigue risorse che i primi anni di esercizio della professione pongono a disposizione.

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