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Il richiamo verbale, per non essendo incluso tra le sanzioni disciplinari previste dall’art. 53 della L. n. 247 del 2012, costituisce un provvedimento afflittivo che presuppone l’accertamento di un illecito deontologico, anche se lieve e scusabile.
Rappresenta lo strumento che consente alla giustizia disciplinare di dare una risposta a comportamenti che, sebbene contrastanti con i doveri deontologici, tuttavia presentano, nel concreto atteggiarsi, un livello di gravità minimo.
Può essere deliberato sia dall’Assemblea Plenaria del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense, che dalla Sezione designata per la decisione del procedimento nella fase istruttoria preliminare o all’esito di quella dibattimentale.
L’attività dell’Assemblea Plenaria si colloca nella prima fase del procedimento disciplinare che si apre con la doverosa attività del Consiglio dell’Ordine (definita attività amministrativa di natura vincolata, sia nel merito che nella determinazione dei tempi, nel parere del C.N.F. del 25.1.2021), secondo quanto disposto negli artt. 50-51 L. n. 247 del 2012 e art. 11 Reg. C.N.F. n. 2 del 2014.
La segnalazione, dopo essere stata trasmessa senza ritardo dal Consiglio dell’Ordine, ed iscritta nel registro riservato presso il Consiglio Distrettuale, viene sottoposta alla valutazione del Presidente del Consiglio di Disciplina, il quale esamina l’esposto e la documentazione allegata, nonché la memoria difensiva e quanto eventualmente depositato anche dal segnalato, e procede ad una preliminare valutazione sulla base degli atti.
Una decisione del C.N.F. ha dissipato ogni incertezza sull’attività del Presidente in questa fase procedimentale e sul rispetto dei principi di indipendenza e terzietà del giudice disciplinare introdotti dalla legge professionale del 2012 (sent. n. 209 del 30 novembre 2021).
Secondo il Consiglio Nazionale, il Presidente del Consiglio Distrettuale, che appartenga allo stesso Ordine del professionista sottoposto a procedimento disciplinare, non ha l’obbligo di astenersi (in favore del vice-presidente o altro consigliere) dal compiere l’attività per la valutazione preliminare che potrebbe condurre alla richiesta di archiviazione senza formalità ovvero alla richiesta di proporre il semplice richiamo verbale. Ciò in quanto ogni proposta del Presidente deve essere discussa e decisa dal Consiglio Distrettuale, in composizione plenaria, a maggioranza dei partecipanti, escludendosi dal computo e dal voto i consiglieri appartenenti al medesimo ordine dell’incolpato (ex art. 14, comma 3, Reg. C.N.F. n. 2 del 2014).
Il C.N.F. ritiene che non possano applicarsi analogicamente alla fattispecie le norme in tema di incompatibilità stabilite per i consiglieri istruttori del procedi- mento, giacché i casi di astensione e ricusazione sono tassativi e tra gli stessi non rientra l’ipotesi in esame.
Inoltre, il procedimento disciplinare dinanzi al Consiglio Distrettuale ha natura amministrativa giustiziale, non giurisdizionale (SS.UU sent n. 9547 del 12 aprile 2021), con conseguente inapplicabilità dei principi del giusto processo – pertinenti alla sola attività giurisdizionale –, mentre devono essere rispettati i principi dettati dall’art. 97, comma 1, Cost. di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione.
Secondo il Consiglio Nazionale la disciplina di cui al Reg. C.N.F. n. 2 del 2014 risulta più garantista rispetto a quanto esigono i principi costituzionali di buon andamento e imparzialità, dal momento che dal voto sulla proposta del Presidente del Consiglio restano esclusi tutti i consiglieri del medesimo foro del segnalato, quindi anche il Presidente che ha proceduto alla valutazione preliminare; pertanto, non esiste alcun obbligo di astensione, ma “è piuttosto lasciato alla sensibilità del singolo Presidente” procedere o meno alla valutazione preliminare.
Il Presidente, all’esito della valutazione sommaria degli atti, se ritenga di non poter disporre l’archiviazione immediata della segnalazione – non ravvisando la manifesta infondatezza della notizia di illecito o la prescrizione dell’azione disciplinare –, dovrà allora valutare se alla condotta contestata all’iscritto possa applicarsi il richiamo verbale in ipotesi di infrazioni lievi e scusabili (art. 14, comma 2-bis, Reg. C.N.F. n. 2 del 2014, come modificato nel 2017).
La proposta del Presidente di applicazione del richiamo deve essere sottoposta alla valutazione dell’Assemblea Plenaria del Consiglio che, ove concordi, provvederà a comminare il richiamo verbale, sempre nel rispetto del principio di indipendenza e terzietà del giudice disciplinare ai sensi dell’art. 14, co 3, Reg. C.N.F. n. 2 del 2014.
Il provvedimento di richiamo, anche a tutela del diritto di difesa del segnalato, dovrà esplicitare le motivazioni della decisione ed indicare le condotte costituenti infra- zione, con le ragioni della ricorrenza delle condizioni di lievità e scusabilità.
Secondo le Sezioni Unite (sentenza 15 luglio 2022 n. 22426)l’applicazione del richiamo nella fase introduttiva del procedimento configura una possibilità di uscita anticipata dal procedimento disciplinare e rispetta l’art. 97 Cost. – “quale scelta normativa semplificante e diretta a prevenire inutili aggravi in una fase del tutto prodromica, avendo il richiamo effetto deflattivo, se disposto nelle fasi iniziali del procedimento” – , evitando nel contempo il protrarsi del procedimento per fatti di minima entità non meritevoli di una risposta sul piano dell’azione disciplinare.
All’iscritto che abbia subito il richiamo è attribuita dall’art. 14-4 bis Reg. C.N.F. n. 2 del 2014 la possibilità di proporre opposizione: “L’iscritto, nel termine di 30 giorni dal ricevimento della predetta comunicazione, potrà opporsi alla definizione del procedimento attraverso il richiamo verbale formulato e chiedere che si proceda all’istruttoria preliminare ai sensi degli articoli 15 e seguenti del presente regolamento”.
All’opposizione avverso il richiamo disposto dall’Assemblea segue l’apertura della fase istruttoria preliminare innanzi la Sezione designata; opponendosi il richiamato impedisce che il procedimento abbia una fine anticipata con la decisione dell’Assemblea, così avviando lo svolgimento della fase istruttoria innanzi la Sezione giudicante ai fini della piena valutazione delle condotte contestate. La Sezione potrà pervenire ad una valutazione in termini più negativi delle condotte, considerata la natura del procedimento che si svolge innanzi il Consiglio di Disciplina e non potendo configurarsi l’opposizione come una fase di impugnazione.
Oltre che dall’Assemblea Plenaria il provvedimento di richiamo può essere deliberato nella fase istruttoria preliminare dalla Sezione giudicante designata per il procedimento. Ai sensi del comma 4-bis dell’art. 14 Reg. C.N.F. n. 2 del 2014 la Sezione, su proposta del consigliere istruttore, senza necessità di convocare l’iscritto per gli adempimenti altrimenti occorrenti, può deliberare il richiamo verbale, da formalizzarsi sempre con lettera via pec o raccomandata riservata del Presidente del Consiglio Distrettuale.
Anche in tale ipotesi l’iscritto, nel termine di 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, potrà opporsi alla definizione del procedimento attraverso il richiamo verbale e chiedere che si proceda all’istruttoria preli-minare.
La sezione giudicante può deliberare il richiamo verbale anche all’esito della fase dibattimentale, con la decisione che definisce il procedimento disciplinare (art. 52 L. n. 247 del 2012, art. 28 Reg. C.N.F. n. 2 del 2014).
In tal caso il provvedimento potrà essere oggetto di impugnazione come ogni decisione del Consiglio che definisce il procedimento. In quanto provvedimento afflittivo, il richiamo è considerato un provvedimento impugnabile.
In generale, le decisioni del Consiglio Distrettuale di Disciplina sono impugnabili dall’incolpato in caso di affermazione di responsabilità, ovvero per ogni caso dal Consiglio dell’Ordine, dal Pubblico Ministero e dal Procuratore Generale in sede (art. 61 L. n. 247 del 2012 e art. 33 Reg. C.N.F. n. 2 del 2014).
Nel nostro ordinamento, l’esercizio della professione forense è regolato dalla legge nell’interesse pubblico, a tutela della collettività e della clientela, in considerazione del rilievo Costituzionale del diritto di difesa. Pertanto, la struttura del nuovo procedimento disciplinare attribuisce il potere di impugnare ogni decisione del CDD ai soggetti titolari degli interessi giuridicamente tutelati nel procedimento, che sono: l’incolpato – che tutela del suo status di iscritto –, il Consiglio dell’Ordine – nella sua funzione di vigilanza sulla condotta degli iscritti e di salvaguardia dell’osservanza e dell’effettività delle norme deontologiche che la legge affida allo stesso COA –, il Pubblico Ministero e il Procuratore Generale – a garanzia del pubblico interesse al corretto esercizio dell’attività professionale –.
L’art. 61 della L. n. 247 del 2012 prevede che “avverso le decisioni del Consiglio distrettuale di disciplina è ammesso ricorso, entro trenta giorni dal deposito del- la sentenza, avanti ad apposita sezione disciplinare del CNF da parte dell’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità, e, per ogni decisione, da parte del Consiglio dell’Ordine presso cui l’incolpato è iscritto, del Procuratore della Repubblica e del Procuratore Generale del Distretto della Corte d’appello ove ha sede il Consiglio Distrettuale di Disciplina che ha emesso la decisione”.
Analogamente si esprime all’art. 33 il Reg. CNF n. 2 del 2014, che al comma 2, stabilisce che avverso le decisioni del Consiglio distrettuale “possono proporre ricorso
a) l’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità,
b) il Consiglio dell’ordine presso cui l’incolpato è iscritto, per ogni decisione,
c) il Procuratore della Re- pubblica, per ogni decisione, d) il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello del distretto dove ha sede il Consiglio distrettuale di disciplina che ha emesso la decisione, per ogni decisione”.
Nella definizione di “ogni decisione” che si rinviene nell’art. 61 della L. 247 del 2012 devono essere comprese le decisioni individuate all’art. 52 della stessa legge, precisamente quelle di proscioglimento, quelle di applicazione del richiamo verbale e quelle di irrogazione di una sanzione disciplinare (avvertimento, censura, sospensione dall’esercizio della professione, radiazione).
In più decisioni il Consiglio Nazionale Forense ha evidenziato come il richiamo verbale, seppur estraneo al novero delle sanzioni disciplinari di cui all’art. 22 CDF, presupponga comunque l’accertamento di un illecito deontologico, anche se lieve e scusabile; pertanto, essendo pur sempre un provvedimento afflittivo, ne ha riconosciuto l’impugnabilità (sen. n. 209 del 30 novembre 2021; sent. n. 2 del 14 gennaio 2020).
Con la decisione n. 22426 del 15 luglio 2022 le Sezioni Unite hanno confermato che il richiamo verbale, quale decisione dell’organo disciplinare e provvedimento afflittivo che presuppone l’accertamento di un illecito deontologico, seppur lieve e scusabile, va ritenuto impugnabile dinanzi al Consiglio Nazionale Forense da parte dei soggetti legittimati, se pronunciato all’esito della fase decisoria; parimenti, anche se pronunciato nella fase istruttoria preliminare del procedimento disciplinare (capo III Reg. CNF n. 2 del 2014) il richiamo è impugnabile dinanzi il Consiglio Nazionale Forense da parte del P.M. e del Consiglio dell’Ordine presso cui l’avvocato è iscritto, mentre quest’ultimo può invece proporre, in tal caso, eventuale opposizione avanti al Consiglio Distrettuale medesimo ex art. 14 comma 4-bis, Reg. CNF n. 2 del 2014.
La disposizione prescrive che il richiamo sia formalmente comunicato all’iscritto e al Consiglio dell’Ordine di appartenenza – eventualmente anche all’Ordine che abbia inviato la segnalazione – con “lettera riservata” del Presidente del Consiglio Distrettuale o a mezzo pec; tuttavia, l’impugnabilità così come configurata impone che il provvedimento venga comunicato anche agli altri soggetti legittimati all’impugnazione, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione.
L’esponente non è parte del procedimento disciplinare e non ha potere di impugnazione (C.N.F. sent. 184 del 25 ottobre 2021); anche la giurisprudenza formatasi nel vigore della precedente disciplina non riconosceva all’esponente la legittimazione all’impugnazione, ferma restando la facoltà di rivolgersi al giudice civile o penale per far valere i propri interessi (fra le tante,Cass. SS.UU. sent. n. 3852, del 12 marzo 2012).
In sede di impugnazione di decisione del Consiglio Distrettuale, qualora il C.N.F. ritenga congruo comminare all’incolpato il richiamo verbale, gli atti dovranno essere trasmessi al Consiglio territoriale a quo, funzionalmente competente a provvedere alle formalità di cui all’art. 28 co. 2 (e art. 14, co. 4-bis) del Regolamento CNF n. 2 del 2014 (C.N.F. sent. n. 36 del 29 aprile 2022). In ipotesi di impugnazione, se viene affermata la responsabilità disciplinare dell’incolpato per infrazioni non lievi né scusabili, la sanzione dell’avvertimento non può essere ulteriormente mitigata al richiamo verbale, non essendo quest’ultimo una sanzione disciplinare (C.N.F. sent. n. 133 del 17 luglio 2020, sent. n. 141 del 22 novembre 2018).
Per il C.N.F. l’esclusione dal novero delle sanzioni disciplinari comporta anche l’inapplicabilità al richiamo verbale dell’art. 65, co. 5, della L. n. 247 del 2012 che dispone che le norme contenute nel nuovo codice deontologico siano applicate anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato, con la conseguenza che resta operante il criterio generale dell’irretroattività della norma più favorevole (C.N.F. sent. n. 200 del 30 dicembre 2019).
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