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Pubblichiamo, come di consueto, una serie di dati statistici al fine di rilevare alcune tra le più significative caratteristiche demografiche ed economiche degli avvocati italiani. A fornire il dato sono gli archivi informatici della Cassa Forense che costituiscono un’efficiente raccolta di informazioni, unica nel suo genere, da cui desumere molti indicazioni sulle caratteristiche della professione e del suo evolversi. Sulla base dei dati raccolti e, qui in parte divulgati, si può verificare una conferma di alcune delle tendenze già rilevate negli ultimi anni o eventualmente una modifica delle stesse. In primis stabiliamo quanti sono gli avvocati esercenti in Italia. La popolazione degli avvocati residenti in Italia al 1° gennaio 2021 è risultata pari a circa 245 mila professionisti, valore sostanzialmente pari a quanto rilevato lo scorso anno; indicazione che è nullo il saldo tra nuove iscrizioni e cancellazioni dagli ordini professionali (o nuovi decessi), così come si evince dalla Tabella 1.
I dati riportati nella Tabella 1, rappresentativi dell’evoluzione del numero di avvocati negli ultimi decenni, fanno emergere che gli avvocati italiani, negli ultimi venticinque anni, sono quasi triplicati passando da un numero di circa 87.000 professionisti presenti nell’anno 2006, a oltre 245.000 nel 2020, malgrado la popolazione degli italiani sia ormai in fase di stazionarietà se non di contrazione. Tuttavia, l’incontrollato e abnorme aumento del numero di avvocati in Italia sembra essere un fenomeno ormai appartenere al passato. Negli ultimi anni si è notato, infatti, una forte contrazione della dinamica di crescita degli avvocati per giungere ad una fase di stazionarietà degli ultimi due - tre anni. L’avvocatura pertanto si trova oggi in situazione di stazionarietà, forse a causa di una professione che attira sempre meno le giovani generazioni ma soprattutto in conseguenza dell’inesorabile calo demografico della popolazione italiana. Gli avvocati sono cresciti più della popolazione italiana che invece ha registrato negli ultimi anni un decremento numerico e quindi oggi in Italia sono presenti in media oltre 4 avvocati ogni mille abitanti (nell’anno 1996 il rapporto era 1,1). Una proporzione degna di nota se confrontata con quelle degli altri paesi europei! Il rapporto legali/cittadini è ancora però molto variabile a livello territoriale a dimostrazione che l’Italia non è unica ma un mosaico di realtà: si passa da circa sette avvocati ogni mille abitanti presenti in Calabria a meno di due in Trentino Alto Adige e in Valle d’Aosta, come ben evidenziato nel Grafico 1.
Gli avvocati italiani sono, inoltre, sempre più anziani. La categoria degli avvocati, al pari della popolazione italiana, sta progressivamente invecchiando, come si rileva dal grafico che segue in cui si riporta l’andamento dell’età media degli avvocati iscritti alla Cassa Forense distinta per genere come si rileva dal Grafico 2. Negli ultimi venti anni l’età media di coloro che svolgono la professione e non sono ancora pensionati è aumentata in media di circa 4 anni ed è passata dai 38 anni a quasi 45 anni per le donne (aumento di oltre sei anni) e dai 44,5 anni ai 48,3 anni per gli uomini (aumento di quasi quattro anni). Complice del fenomeno anche il progressivo innalzamento dell’età pensionabile introdotto nelle recenti riforme della Previdenza Forense ma soprattutto rappresenta una conseguenza della contrazione delle nuove generazioni di avvocati che si iscrivono agli albi. Le donne, comunque, sono sempre più protagoniste dell’avvocatura italiana dal punto di vista numerico.
La Tabella 2 mostra che il numero di uomini e donne iscritti alla Cassa Forense è ormai molto vicina al pareggio, su un totale di 245.030 avvocati 117.559 sono donne e 127.471 sono uomini, ma se ci soffermiamo alla distribuzione per classi di età con riferimento ai soli iscritti non pensionati, si rileva un numero di avvocate già superiore a quello dei colleghi uomini e si rileva che nelle classi al di sotto dei cinquant’anni il genere femminile abbia ormai di lunga “sorpassato”, dal punto di vista numerico, quello maschile. Con riferimento alla distribuzione territoriale malgrado il sud abbia il maggior numero di avvocati esercenti la professione, il numero di donne è tuttavia ancora oggi inferiore a quello degli uomini a differenza di quanto accade nelle regioni del centro nord, così come si evince dalla Tabella 3.
La regione con maggior concentrazione di donne è quella umbra con oltre il 53% di professioniste sul totale di avvocati iscritti, segue il Piemonte e l’Emilia Romagna con quasi il 52%; invece la regione con minore rappresentatività femminile è la Campania con meno del 43% di donne avvocato sul totale degli iscritti all’albo. Gli ordini più al femminile sono invece Busto Arstizio oltre il 61% di avvocati donne e Rieti con oltre il 60%. Il reddito medio e il monte reddito professionale prodotto dall’avvocatura mostra una progressione in lieve crescita.
Dopo anni di contrazione, il reddito prodotto nel 2019 risulta sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente; il monte reddito si attesta a circa 8,9 miliardi, mentre il reddito medio mostra un leggero aumento rispetto all’anno precedente, euro 40.154 (era 39.449 euro nel 2018). I valori reddituali medi sono molto lontani e di molto inferiori a quelli dichiarati negli anni 2006 o 2007, che in moneta attuale si attestano in media a circa 48.000 euro per ciascun iscritto all’albo. Il reddito prodotto dall’avvocatura è tuttavia distribuito in maniera estremamente eterogenea all’interno della categoria, in particolare se analizziamo il dato rispetto alla distribuzione territoriale o per genere ed età del professionista. (Tabella 5) Entrando nel merito dell’analisi, risulta in primis che, un numero non trascurabile di iscritti agli Albi non ha ricavato nulla dallo svolgimento della propria attività professionale ed ha pertanto dichiarato reddito pari o inferiore a zero, questi costituiscono il 6,1% degli iscritti, pari a 13.588 professionisti; ben 69.483 professionisti invece, pari al 31% dei dichiaranti, hanno prodotto un reddito inferiore al limite massimo stabilito per accedere ad agevolazioni contributive (pari a euro 10.300). Numero esiguo è invece rappresentato da coloro che dichiarano redditi superiori al tetto pensionistico (per l’anno 2019 euro 100.200) pari a 16.880 professionisti circa il 7,6% degli iscritti, i quali però, producono quasi il 47% del totale della ricchezza prodotta circa 4.163 milioni di euro su un totale di 8.888 totale del monte reddito ai fini Irpef. Medesime considerazioni possono essere fatte sul volume d’affari, la cui distribuzione per fasce viene riportata nella Tabella 6.
Tuttavia, malgrado le donne avvocato siano ormai numericamente al pari con i loro colleghi uomini, la stessa parità non si confermare per i loro redditi. Rimane marcata la differenza di guadagno tra i due sessi, come si evince dalla Tabella 7.
A fronte di un reddito medio di categoria pari a 40.180 euro, agli avvocati di sesso maschile se ne attribuisce in media 54.496 euro, mentre alle donne circa 25.073 euro. Resta pertanto confermata, per le donne, un guadagno di circa il 46% rispetto a quanto dichiarato dai colleghi uomini. Tale percentuale è variabile al variare dell’età e si riduce ulteriormente nelle età più avanzate. Rimane elemento da approfondire la presenza di una differenza anche nelle età più giovani (al di sotto dei 35 anni) dove la componente femminile, come visto, risulta essere anche più numerosa. Le medesime osservazioni possono essere svolte per il fatturato ai fini IVA. Anche dal punto di vista territoriale esiste un enorme differenza tra redditi dichiarati da avvocati residenti nelle regioni del sud e avvocati residenti nelle regioni del nord, come si evince dalle distribuzioni riportate nelle Tabelle 8 e 9.
Per completezza riportiamo qualche informazione in merito al numero e alla tipologia delle pensioni erogate da Cassa Forense.
Alla data del 31.12.2020 erano in corso di erogazione 30.468 trattamenti previdenziali con un importo annuo medio di 28.155 euro; quasi il 50% dei trattamenti è rappresentato dalle pensioni di vecchiaia, per la maggior parte erogate a professionisti di sesso maschile, di importo annuo medio pari a 39.263 euro. Le pensioni di anzianità sono un numero abbastanza contenuto, pari a 1.492 trattamenti, a riprova del fatto che a causa della necessità di cancellarsi dall’albo per poter accedere a questo trattamento, gli avvocati considerano il pensionamento per anzianità una modalità di uscire dallo stato di attività ancora poco utilizzato, l’importo medio delle pensioni di anzianità è pari a 36.429 euro. I pensionati in cumulo sono coloro che hanno avuto accesso al pensionamento riunificando periodi contributivi presso la Cassa Forense e presso altri enti previdenziali, il numero è molto contenuto perché trattasi di una modalità di pensionamento del tutto nuova ma l’importo della quota a carico della cassa non è di trascurabile entità, pari a 23.429 euro. I pensionati che hanno invece avuto diritto a una pensione calcolata con il criterio contributivo, perché non avevano maturato un numero di anni di anzianità di iscrizione e contribuzione utile per accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria, sono pari 1.741 con un importo medio annuo molto basso pari a 5.202 euro a causa del criterio di calcolo basato sui contributi versati più penalizzante del criterio retributivo con cui vengono calcolati gli altri trattamenti. Le pensioni a superstiti (indirette e reversibilità) sono pari a circa le 10.650 unità con un importo medio di circa 16.00 euro per le indirette e 19.000 per le reversibilità, la maggior parte dei trattamenti sono erogate a vedove degli avvocati deceduti in misura minore a figli minori o inabili. Si riporta infine anche la distribuzione territoriale dei trattamenti previdenziali erogati.
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In conclusione, restano dunque confermate alcune tendenze e i potenziali cambiamenti della categoria forense già osservati negli ultimi anni e in precedenti pubblicazioni: oggi gli avvocati costituiscono una professione numericamente stazionaria, sempre più anziana e sempre più donna. Notevoli sono le differenze delle capacità di guadagno tra professionisti: se si esercita la professione in una regione del nord in media si guadagna di più se la si esercita al sud; ad età più avanzata corrisponde, in media, un reddito professionale più elevato; se chi svolge la professione è una donna ha in media minori potenzialità di guadagno di un collega uomo. Nell’ambito di queste tendenze, anche al fine di mitigare le differenze rilevate tra soggetti che svolgono la medesima professione, ma con potenzialità a volte molto diverse, andrebbero messi a punto interventi per sostenere le aree più deboli di una professione che cambia.
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