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Gli indici e i coefficienti di rivalutazione dell’anno 2021

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Paola Ilarioni

Il Regolamento Unico della Previdenza Forense

Dal 1° gennaio 2021 è entrato in vigore il Regolamento Unico della Previdenza Forense; 88 articoli che ripropongono in una struttura armonica e di agevole consultazione ben 9 Regolamenti che, da tale data cessano di avere vigore. Il risultato è un corpo normativo semplificato di più facile ricerca degli istituti; cambia la numerazione ma restano fermi i contenuti. Unica eccezione il tetto reddituale che, per il 2021, è stato fissato (art. 17, comma 2 del Regolamento Unico della Previdenza Forense) in €. 105.000,00.

Il calcolo

Già dal 2019 Cassa Forense ha allineato il sistema di adeguamento monetario a quello seguito dall’Istituto Centrale di Statistica al fine di mediare gli effetti di trasposizione di un anno sull’adeguamento dei valori al costo della vita. Sulla base della tabella relativa alle variazioni percentuali pubblicata nel sito ufficiale dell’Istituto Centrale di Statistica in data 18 gennaio 2021 – il coefficiente di rivalutazione da utilizzare sarebbe pari a – 0,3% (meno zero virgola tre per cento); per l’anno 2021, tuttavia, non si applica alcuna indicizzazione rispetto all’anno precedente in quanto il valore negativo della variazione percentuale pone pari ad 1 il coefficiente per le rivalutazioni con decorrenza 1° gennaio 2021. Tale ultima condizione si è verificata, anche, nel 2016 e nel 2017 quando in occasione della rivalutazione delle pensioni e dei contributi con decorrenza 2017 e 2018, la negatività dell’indice ISTAT-FOI senza tabacchi, rispettivamente per il periodo 2014/2015 e 2015/2016 determinò la scelta di non applicare alcuna indicizzazione, ponendo pari ad 1 il coefficiente di rivalutazione, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 287 della Legge n. 208/2015 (Legge di Stabilità 2016).

Gli indici e i coefficienti di rivalutazione per il calcolo della pensione

Prima dell’ultima riforma del 2010 e delle successive integrazioni del 2013 la pensione si calcolava (legge 20 settembre 1980, n. 576) sulla media dei dieci migliori redditi dichiarati negli ultimi quindici anni anteriori a quello del pensionamento. Detti redditi si rivalutano per poi calcolare un reddito medio che viene moltiplicato per il numero degli anni di anzianità di iscrizione alla Cassa e per coefficienti (colonna 2). Tali scaglioni vengono rivalutati anno per anno (colonna 1) per conservare il loro valore reale, sulla base delle rilevazioni ISTAT. Con successiva Ministeriale del 27 novembre 2001, il periodo di riferimento per il calcolo delle pensioni, con decorrenza 1° febbraio 2002, è stato ampliato ai migliori venti redditi professionali relativi agli ultimi venticinque anni anteriori al pensionamento. L’applicazione di questa disposizione avviene in modo progressivo con il sistema del “pro rata” (per coloro che hanno compiuto almeno 45 anni di età e maturato almeno 10 anni di anzianità alla data del 31 dicembre 2001), che prevede il calcolo di una prima quota di pensione – corrispondente all’anzianità già maturata (al 31 dicembre 2001) – secondo il previgente criterio, e quindi il calcolo di una seconda quota che si aggiunge alla prima – corrispondente all’ulteriore anzianità – calcolata secondo i nuovi criteri. Per le pensioni con decorrenza 1° febbraio 2010, ma ancor prima per quelle con decorrenza 1° febbraio 2008 (cfr. Ministeriale del 21 dicembre 2006), il calcolo della stessa viene effettuato su tutti i redditi professionali dichiarati dal professionista, fino all’anno antecedente quello di decorrenza del trattamento, con l’esclusione dei cinque redditi peggiori, ma con almeno 25 anni fino al 31 dicembre 2010.

A decorrere dal 1° febbraio 2013, infine, la pensione viene calcolata su tutti i redditi professionali dichiarati dal professionista fino all’anno antecedente quello di decorrenza del trattamento senza previsione di alcuna esclusione. L’art. 61 del citato Regolamento fa salvi i diritti acquisiti con il principio del pro rata, con le modalità precedentemente descritte.

Alla colonna 2 della tabella sono riportati gli scaglioni vigenti fino al 2008. I coefficienti relativi agli scaglioni di reddito, riportati nella predetta colonna 2 della tabella, sono stati fissati, infatti, dalla legge n. 576/80, nella misura percentuale, rispettivamente di 1.50, 1.30, 1.15, 1.00. Con Decreto Ministeriale del 25 settembre 1990 n. 258 tali coefficienti sono stati, poi, aumentati rispettivamente in 1.60, 1.39, 1.23, 1.07 (l’efficacia di questa variazione si registra a partire dal 1988), per poi essere ulteriormente elevati, con la legge n. 141/92, rispettivamente a 1.75, 1.50, 1.30, 1.15 con effetto retroattivo fino al 1982, ovvero a tutte le pensioni per le quali si applica la disciplina previdenziale prevista nella riforma del 1980. Successivamente la riforma previdenziale del 2010 ha ridotto a due i coefficienti nella misura dell’1.50% e dell’1.20%, (colonna 3) applicabili ai trattamenti decorrenti dal 1° febbraio 2010. Si tenga presente che, ricorrendo i presupposti anagrafici e contributivi già citati, in sede di calcolo della pensione i due nuovi coefficienti si applicano solo sulla media risultante nell’ultima quota di pensione decorrente dal 2008, mentre per la prima e per la eventuale seconda quota, nel rispetto del principio del pro rata, si continuano ad applicare i quattro coefficienti previsti dalla legge precedente (colonna 2).

Con decorrenza 1° febbraio 2013 è, infine, previsto un unico coefficiente pari all’1,40 % (colonna 4).

Per concludere l’art. 48 del Regolamento Unico della Previdenza Forense, nell’individuare per l’anno 2019 l’importo relativo al trattamento minimo nella misura di € 11.949,00 (per il 2020 € 12.009,00).

Tale importo è rivalutato annualmente in proporzione alla variazione media dell’indice annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato dall’ISTAT, con i criteri di cui alla nuova riformulazione dell’art. 60.

Già con un precedente intervento normativo è stato sostanzialmente modificato il trattamento minimo che, rispetto ad una previsione generalizzata, viene riconosciuto solo alle condizioni dettate dall’art. 48 comma 3 e 4 del Regolamento Unico della Previdenza Forense; pertanto, per le pensioni di vecchiaia e di anzianità tale adeguamento è riconosciuto solo nel caso in cui il reddito complessivo dell’iscritto e del coniuge non risulti superiore al triplo del trattamento minimo previsto.

Relativamente all’anno 2021, utilizzando, quindi, il coefficiente di rivalutazione pari a 1 la pensione annua di cui al 1° comma dell’art. 48 del Regolamento Unico della Previdenza Forense con base annua 2020 deve essere pari a € 12.009,00 x 1% = € 12.009,00.

La misura del contributo soggettivo obbligatorio

Il contributo soggettivo minimo (colonna 5) è dovuto da tutti gli iscritti alla Cassa.

Occorre, tuttavia, ricordare che con l’entrata in vigore della Legge n. 247/2012, l’iscrizione alla Cassa è obbligatoria per tutti gli iscritti in un Albo Professionale a decorrere dal 21 agosto 2014, data di entrata in vigore del precedente Regolamento di attuazione dell’art. 21, commi 8 e 9 della legge n. 247/2021.

L’art. 24 del Regolamento Unico della Previdenza Forense, entrato in vigore dal 1° gennaio 2021, conferma i benefici previsti dal previgente Regolamento prevedendo la riduzione del contributo minimo soggettivo per i primi sei anni di iscrizione alla Cassa qualora l’iscrizione decorra da data anteriore il compimento del trentacinquesimo anno di età.

Per l’anno 2021, il contributo minimo soggettivo, utilizzando quindi il coefficiente di rivalutazione del + 1%, è quindi pari a:

(€ 2.890,00 x 1% = € 2.890,00) € 2.890,00

con riduzione al 50% € 1.445,00

riduzione ai primi 6 anni di iscrizione € 722,50

Tale contributo soggettivo minimo, unitamente al contributo integrativo minimo, non è dovuto dai pensionati di vecchiaia che, esonerati dal pagamento nella misura minima dall’anno successivo al pensionamento, sono tenuti, comunque, a versare la contribuzione nella misura percentuale del reddito netto professionale e del volume d’affari fiscalmente dichiarati.

A decorrere dal 1° gennaio 2013 non è previsto il contributo soggettivo modulare obbligatorio e la misura percentuale dell’1 risulta assorbita dal contributo soggettivo obbligatoriamente dovuto nella misura del 14%. La misura percentuale del contributo soggettivo, da applicare sul reddito netto professionale, risulta pertanto fissata nella seguente misura:

10% fino al 31 dicembre 2007 (mod. 5/2008);

12% dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2008 (mod. 5/2009);

13% dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2012 (mod. 5/2010, 5/2011, 5/2012 e 5/2013);

14% dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2016 37 (mod. 5/2014, 5/2015, 5/2016 e 5/2017);

14,5% dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2020 (mod. 5/2018, 5/2019, 5/2020 e 5/2021);

15% dal 1° gennaio 2021 (mod. 5/2022).

La misura percentuale, così come determinata nel tempo è, comunque, dovuta fino al tetto reddituale che per l’anno 2021 è pari a € 105.000,00 (colonna 8) oltre il quale la contribuzione è pari al 3% del reddito netto professionale.

I pensionati di vecchiaia che rimangono iscritti agli albi, sono tenuti, dall’anno successivo al supplemento, a corrispondere un contributo di solidarietà calcolato sul reddito professionale dichiarato ai fini dell’Irpef, nella seguente misura:

3% fino al 31 dicembre 2007 (mod. 5/2008) sull’intero importo dichiarato;

4% dal 1° gennaio 2008 (mod. 5/2009) fino al tetto reddituale oltre il quale è dovuto il 3%;

5% dal 1° gennaio 2009 (mod. 5/2010) fino al tetto reddituale oltre il quale è dovuto il 3%;

7% dal 1° gennaio 2012 (mod. 5/2013) fino al tetto reddituale oltre il quale è dovuto il 3%.

7,25% dal 1° gennaio 2017 (mod. 5/2018) fino al tetto reddituale oltre il quale è dovuto il 3%;

7,50% dal 1° gennaio 2021 (mod. 5/2022) fino al tetto reddituale oltre il quale è dovuto il 3%.

Il contributo soggettivo modulare volontario

Per i soli anni 2010, 2011 e 2012, (modd. 5/2011, 5/2012 e 5/2013) gli iscritti Cassa, ad eccezione dei pensionati di vecchiaia, erano tenuti a versare un contributo soggettivo modulare obbligatorio pari all’1% del reddito netto professionale dichiarato fino al tetto reddituale previsto, con la previsione di un contributo minimo.

Il contributo soggettivo modulare obbligatorio nella previsione normativa era soggetto alla riduzione alla metà, per i primi cinque anni di iscrizione alla Cassa. Di fatto la breve vigenza dell’obbligatorietà dello stesso ha ridotto, a tre, gli anni interessati da tale contribuzione. A decorrere dal 1° gennaio 2013 tale contributo non risulta più dovuto, pertanto i contributi minimi obbligatori tornano ad essere il contributo soggettivo, il contributo integrativo e il contributo di maternità.

Resta salva la facoltà per l’iscritto, di versare, sempre in sede di autoliquidazione una contribuzione volontaria che fino all’anno 2012 è stata determinata nella misura che va dall’1% al 9%, mentre a decorrere dal 2013, è stata fissata nella misura percentuale ricompresa fra l’1% e il 10% del reddito netto dichiarato ai fini Irpef, sempre entro il tetto reddituale, che per l’anno 2021 è pari a € 105.000,00 quale contributo soggettivo modulare volontario.

Il contributo modulare volontario segue il regime fiscale del contributo soggettivo obbligatorio e concorre a formare un montante contributivo individuale utilizzabile per aumentare l’importo del futuro trattamento pensionistico con una quota aggiuntiva di pensione (c.d. “quota modulare”) calcolata con il sistema contributivo.

La misura del contributo integrativo obbligatorio

Il contributo integrativo è dovuto da tutti gli iscritti agli Albi (obbligatoriamente anche alla Cassa a decorrere dal 2014) nella misura percentuale del 4% (2% fino all’anno 2009 mod. 5/2010) sul volume di affari dichiarato ai fini dell’IVA. A tale fine si precisa che i Ministeri Vigilanti hanno approvato la delibera del 29 settembre 2017 con la quale il Comitato dei Delegati di Cassa Forense ha disposto che il contributo minimo integrativo non è dovuto per il quinquennio 2018/2022.

La modifica regolamentare già recepita nella previgente normativa e ora prevista dall’art. 24, comma 7 del Regolamento Unico della Previdenza Forense, non esonera dal pagamento del contributo integrativo che resta dovuto nella misura del 4% sull’effettivo volume d’affari dichiarato ai fini dell’IVA.

Il contributo obbligatorio di maternità

Gli iscritti alla Cassa, ivi compresi i pensionati di vecchiaia, sono tenuti al pagamento del contributo di maternità fissato annualmente in misura da garantire l’equilibrio fra prestazioni erogate a titolo di indennità di maternità e contributi riscossi (colonna 7).

Il Consiglio di Amministrazione della Cassa al fine di adeguare le modalità di determinazione del contributo di maternità alla metodologia suggerita dai Ministeri Vigilanti, in occasione della approvazione del contributo per l’anno 2015, ha deliberato che, a decorrere dal 2016 il contributo per l’erogazione delle indennità di maternità deve essere determinato sulla base delle risultanze contabili dell’ultimo bilancio consuntivo; bilancio che formato dal Consiglio di Amministrazione entro il mese di marzo ed approvato dal Comitato dei Delegati nel successivo mese di aprile, consente di valorizzare la misura di tale contributo solo in data immediatamente successiva.

La riscossione, in unica soluzione, è, quindi prevista unitamente alla quarta rata dei contributi minimi; per il 2021 la scadenza è pertanto confermata al 30 settembre 2021. Per i pensionati di vecchiaia, che sono esonerati dal pagamento dei contributi minimi dall’anno successivo al pensionamento, tale contributo può essere versato, in unica soluzione unitamente alla 4 rata del 30 settembre 2021 (con bollettino M.Av.), o mediante trattenuta in unica soluzione sul rateo di pensione di settembre, o in quattro rate, sempre mediante trattenuta sui ratei di pensione dei mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre.

Per l’anno 2020 il contributo di maternità è risultato essere pari a € 95,39, come da deliberazione del Consiglio di Amministrazione e approvazione dei Ministeri Vigilanti con ministeriale del 5 agosto 2020.

Per l’anno 2021 l’iter di determinazione risulta essere in corso.

Pagamento dei contributi

L’art. 25 del Regolamento unico della Previdenza Forense “Riscossione dei contributi minimi” prevede per i primi otto anni di iscrizione alla Cassa (sempre a decorrere dal 2014) che la riscossione del contributo minimo soggettivo dovuto ai sensi dei commi 1 e 2 – per il 2021 rispettivamente € 722,50 e € 1.445,00 – sia effettuata per la metà nello stesso anno di competenza, rinviando alla autoliquidazione il pagamento dell’intera contribuzione minima qualora il reddito professionale risulti superiore al parametro dei 10.300 euro di cui all’articolo 26 (“Ulteriori agevolazioni in riferimento ai redditi”).

In sede di prima applicazione della norma, e solo per il regime transitorio – ovvero solo per coloro che, alla data del 21 agosto 2014, erano già iscritti in un Albo ma non alla Cassa – non è stata prevista alcuna limitazione in ordine all’età al fine di consentire a tutti di beneficiare di tutte le agevolazioni previste dal Regolamento.

In via ordinaria il contributo soggettivo minimo è versato in quattro rate (mediante bollettini MAV o, dal 2021 con modello F24, che sono prodotti e stampati autonomamente dall’iscritto mediante accesso al sito www.cassaforense.it) nel corso dello stesso anno di competenza, mentre il contributo eccedente il minimo è pagato in autoliquidazione, (modello 5) in unica soluzione alla scadenza della prima rata, o in due rate di cui la prima entro il 31 luglio dell’anno successivo a quello di produzione del reddito, la seconda entro il 31 dicembre dello stesso anno, come confermato dal Regolamento Unico della Previdenza Forense.

La sospensione del contributo minimo integrativo a decorrere dall’anno 2018 non fa venir meno l’obbligo di versamento in sede di autoliquidazione della contribuzione nella misura del 4% del volume d’affari dichiarato ai fini dell’IVA. Ritardi e omissioni di pagamento sono soggetti a sanzioni.

Integrazione contributo minimo soggettivo

Ai sensi dell’articolo 26, comma 5, del Regolamento Unico della Previdenza Forense, per coloro che, nei primi otto anni di iscrizione alla Cassa, si avvalgono della facoltà di versare il contributo soggettivo minimo obbligatorio in misura pari alla metà di quello dovuto per avere un reddito netto professionale inferiore a € 10.300 (con validità previdenziale pari a mesi 6 e assistenziale per 12 mensilità), è data ulteriore facoltà, su base volontaria, e sempre nell’arco dei primi otto anni di iscrizione alla Cassa, di integrare il versamento del contributo minimo soggettivo con riferimento ad ogni singola annualità al fine di vedersi riconoscere l’intero anno ai fini previdenziali.

Limiti della continuità professionale

Da ultimo si rinvia alle colonne 9 e 10 che riportano i parametri reddituali relativi al reddito netto pro-fessionale e al volume d’affari con riferimento ad ogni 39 specifico anno, e che fino al 2012 costituiscono i limiti della continuità professionale sia con riferimento all’obbligo di iscrizione (il raggiungimento dell’uno o dell’altro comportano l’obbligatorietà dell’iscrizione) che con riferimento alla efficacia dell’anno ai fini del pensionamento.

L’art. 21 della legge 247/2012, prevedendo la contestuale iscrizione Albi/Cassa, ha modificato i requisiti di iscrizione alla Cassa; con il venir meno, a decorrere dal 2013, del potere di accertamento della continuità professionale il Consiglio di Amministrazione, nella seduta del 25 settembre 2014, ha ritenuto di considerare validi anche gli anni 2009 e 2010, già dichiarati inefficaci nell’ultima precedente attività di revisione relativa al periodo 2006/2010, a condizione che alla dichiarazione di inefficacia non sia seguito il rimborso del contributo soggettivo.

Per gli anni 2011 e 2012 tale accertamento è di fatto inibito non avendo più, la Cassa, alcun potere di revisione.


Note

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