{{elencoDettaglioArticolo.categoria}}

Considerazioni sugli investimenti delle Casse di Previdenza*

{{elencoDettaglioArticolo.sottoTitolo}}

Francesca Balzani

La relazione sulle Casse di previdenza relativa all’anno chiuso al 31 dicembre 2023 è rinnovata rispetto alle precedenti: ha una veste e, in parte, uno spirito nuovo che vuole rendere più semplice e chiara la lettura dei dati che riguardano questi importanti protagonisti della previdenza, anche alla luce delle diverse competenze della Covip rispetto alle forme di previdenza complementare.

Oggi, infatti, non si indica più come “Quadro di sintesi delle politiche di investimento delle Casse di previdenza” ma è intitolata “Casse di Previdenza. Gli Investimenti: dimensione e composizione” perché è precisamente su questo perimetro che si articola l’attività di controllo della Covip.

Il quadro di insieme

Il quadro è composto da 20 casse di previdenza, configurate come associazioni o fondazioni; esse hanno platee di riferimento relative a diverse categorie di liberi professionisti e, in taluni casi, di lavoratori dipendenti.

La Covip raccoglie annualmente, tramite procedure informatiche, i dati analitici delle singole casse, necessari per svolgere la propria funzione di controllo.

Alla fine del 2023, l’attivo totale a valore di mercato delle casse di previdenza totalizza 114,1 miliardi di euro rispetto ai 103,8 miliardi del 2022, ossia il 9,9 per cento in più. Negli ultimi dieci anni, la dimensione dell’attivo delle casse è cresciuta in media del 5,7 per cento su base annua.

Tra le singole casse di previdenza si registrano differenze anche ampie nelle attività e nelle rispettive dinamiche di crescita. Nelle 5 casse di maggiori dimensioni si concentra il 75,4 per cento dell’attivo totale, in crescita rispetto al 67,3 per cento di dieci anni fa (a Enpam fa capo il 24,5 per cento del totale, seguono Cassa Forense con il 17,9, Inarcassa con il 13,2, Cassa Dottori Commercialisti con l’11,6 ed Enasarco con l’8,3); le prime 3 casse raggruppano il 55,6 per cento del totale rispetto al 47,8 di fine 2013.

Sempre sul medesimo orizzonte temporale, le casse di previdenza più grandi mostrano anche tassi di crescita dell’attivo superiori a quello generale: in particolare, per le prime 5 casse esso si attesta in media al 6,9 per cento su base annua, con punte superiori all’8 per cento in un paio di casi (Cassa Forense: 9,4 per cento; Cassa Dottori Commercialisti: 8,5 per cento); nelle restanti casse l’incremento medio annuo è stato inferiore, pari al 2,7 per cento.

Le variazioni nel tempo dell’attivo delle casse di previdenza dipendono da una pluralità di fattori, quali essenzialmente, l’andamento della gestione previdenziale e la redditività degli investimenti. Rispetto a una platea complessiva di 1,750 milioni di iscritti e 410.000 pensionati, nel 2023 il saldo per contributi incassati e prestazioni erogate ha totalizzato 3,7 miliardi di euro contro i 3,9 del 2022: a fronte di 12,7 miliardi (12,1 nel 2022) di contributi incassati, sono state erogate prestazioni per 8,9 miliardi (8,2 nel 2022).

Sul più ampio orizzonte decennale, si osserva la tendenza all’aumento sia dei contributi incassati sia delle prestazioni erogate. Il saldo per contributi e prestazioni, dopo la caduta registrata nel 2020, a causa delle ricadute reddituali e occupazionali dello scoppio della pandemia da Covid-19, si è riportato su valori in linea con le tendenze in essere nel periodo precedente la crisi pandemica.

Quest’anno nella relazione sugli investimenti delle casse Covip ha voluto valorizzare anche un nuovo fattore: la redditività media degli investimenti. È un importante elemento informativo: sulla base dei dati segnalati dalle casse nel 2023, il risultato netto prodotto dalla gestione mobiliare e immobiliare è stato positivo per 6,8 miliardi di euro. A tale risultato in valore assoluto corrisponde una redditività degli investimenti in termini percentuali, misurata dalla Covip secondo una metodologia standardizzata che viene impiegata ormai da alcuni anni, pari al 7,1 per cento; su di essa ha inciso l’andamento favorevole dei mercati finanziari che nel 2023 hanno fatto segnare una significativa ripresa dei corsi dei titoli azionari e, in misura minore, anche obbligazionari, dopo le pesanti perdite registrate nel 2022.

Su orizzonti temporali pluriennali, il rendimento medio annuo composto a livello aggregato è pari al 3,2 per cento sul periodo quinquennale e al 2,8 per cento su quello decennale.

La composizione degli investimenti

Nell’attivo totale di 114,1 miliardi di euro sono presenti titoli di debito per 24,2 miliardi di euro, in aumento di circa 3,8 miliardi rispetto al 2022; aumentano i titoli di Stato di circa 3,8 miliardi per un controvalore di 19,2 miliardi a fine 2023 mentre rimangono stabili gli altri titoli di debito pari a 5 miliardi.

I titoli di capitale sono 9,6 miliardi di euro, in aumento di 1,8 miliardi rispetto al 2022; l’incremento è quasi interamente dovuto alla crescita dei corsi che ha interessato i titoli quotati, passati da 5,5 a 7,2 miliardi.

Il controvalore delle quote di OICR è pari a 60,1 miliardi di euro. Riaggregando le componenti dell’attivo per tener conto dei titoli obbligazionari e azionari sottostanti gli OICVM detenuti, risulta che alla fine del 2023:

1) gli investimenti immobiliari, 18,8 miliardi di euro (18,5 nel 2022), continuano a scendere in percentuale dell’attivo (16,5 contro 17,8 per cento); tra le diverse componenti, diminuisce l’incidenza delle quote di fondi immobiliari (dal 14,7 al 13,7 per cento) e prosegue la discesa del peso degli immobili detenuti direttamente (dal 2,6 al 2,3 per cento);

2) gli investimenti obbligazionari, 43,2 miliardi (37,5 nel 2022), formano il 37,9 per cento dell’attivo, in aumento di 1,8 punti percentuali rispetto al 2022; tra le diverse componenti, aumentano sia gli investimenti diretti (dal 19,6 al 21,2 per cento) che quelli sottostanti gli OICVM (dal 16,5 al 16,7 per cento);

3) gli investimenti azionari, 21,6 miliardi di euro (18,1 nel 2022), costituiscono il 18,9 per cento dell’attivo, in aumento di 1,5 punti percentuali rispetto al 2022; l’incremento riguarda sia gli investimenti diretti (dal 7,5 all’8,4 per cento) che quelli sottostanti gli OICVM (dal 9,9 al 10,5 per cento).

Gli investimenti immobiliari, che includono le quote di fondi immobiliari e le partecipazioni in società immobiliari controllate dalle casse di previdenza, ammontano a 18,8 miliardi di euro; l’incidenza sul totale dell’attivo è del 16,5 per cento.

Gli immobili di proprietà delle casse di previdenza totalizzano 2,6 miliardi di euro (di cui, 557 milioni formati da cespiti strumentali), costituendo il 2,3 per cento delle attività. Nell’ultimo quinquennio, la tendenza alla riduzione è proseguita sia in valore assoluto sia in percentuale dell’attivo: 1,8 miliardi di euro in meno, pari a 2,3 punti percentuali.

Per localizzazione geografica, nelle due maggiori città italiane si concentra l’85 per cento degli immobili, ubicati per quasi il 90 per cento a Roma e per il restante 10 per cento a Milano.

La destinazione d’uso prevalente è quella residenziale (39,2 per cento), seguita dall’uso uffici (24,2 per cento). Anche per effetto di pregresse operazioni di conferimento di cespiti di proprietà, i fondi immobiliari costituiscono la componente maggioritaria degli investimenti immobiliari delle casse di previdenza, 15,6 miliardi di euro.

Se confrontati con il dato di fine 2019 emerge un aumento in valore assoluto di circa 600 milioni di euro, sebbene il peso in termini relativi di tale componente risulti in diminuzione di due punti percentuali.

Si trova in Italia l’84,5 per cento degli immobili sottostanti i fondi immobiliari. La destinazione d’uso prevalente è uffici (56,7 per cento), seguita da commerciale (17,4 per cento) e residenziale (11,5 per cento).

Completano il quadro le partecipazioni in società immobiliari controllate dalle casse di previdenza che ammontano a 572 milioni di euro, pari allo 0,5 per cento delle attività totali, valore che negli ultimi anni è rimasto sostanzialmente stabile.

Gli investimenti obbligazionari, ivi inclusi quelli sottostanti gli OICVM detenuti dalle casse di previdenza, totalizzano nel complesso 43,2 miliardi di euro, il 37,9 per cento delle attività; di questi, il 55,9 per cento, pari a 24,2 miliardi di euro, è detenuto direttamente dalle casse di previdenza mentre il restante 44,1 per cento, pari a 19 miliardi, è costituito da titoli di debito sottostanti gli OICVM.

I titoli di debito sono distinti in titoli di Stato (in cui sono ricompresi anche i titoli emessi da organismi sovranazionali) e altri titoli di debito.

Gli investimenti complessivi in titoli di Stato corrispondono al 60,9 per cento del portafoglio obbligazionario (in aumento di 1,8 punti percentuali rispetto al 2022), per complessivi 26,3 miliardi di euro, di cui 19,2 miliardi detenuti direttamente e 7,1 miliardi costituiti da titoli sottostanti gli OICVM.

Gli altri titoli di debito totalizzano 16,9 miliardi di euro, corrispondenti al 39,1 per cento del portafoglio obbligazionario, di cui 5 miliardi detenuti direttamente e 11,9 miliardi costituiti da titoli sottostanti gli OICVM.

La ripartizione per area geografica degli investimenti obbligazionari mostra la prevalenza degli emittenti dell’Area dell’euro con il 62,4 per cento (60,1 per cento nel 2022), di cui il 45,3 per cento costituito da titoli di Stato (42,3 nel 2022); gli emittenti degli Stati Uniti formano il 18,9 per cento (19,9 nel 2022) degli investimenti obbligazionari, di cui l’11,5 costituito da emissioni di imprese.

Ci sono tuttavia differenze a seconda del fatto che i titoli siano detenuti direttamente o tramite OICVM: nel primo caso, prevalgono i titoli di Stato e l’area euro pesa l’82,5 per cento mentre nel secondo caso si vede una prevalenza degli altri titoli di debito e l’area euro è pari al 37 per cento.

Con riferimento alla composizione settoriale, le emissioni effettuate da imprese finanziarie costituiscono il 47,2 per cento (stabili rispetto al 2022); i beni di consumo raggruppano complessivamente il 12,8 per cento, in aumento di 1,7 punti percentuali rispetto al 2022; le emissioni del settore industriale formano il 9,2 per cento (8,9 per cento nel 2022).

Gli investimenti azionari, ivi inclusi quelli sottostanti gli OICVM detenuti dalle casse di previdenza, totalizzano 21,6 miliardi di euro; essi costituiscono il 18,9 per cento delle attività, in aumento dal 17,4 del 2022.

Per area geografica dell’emittente, i titoli di capitale sono investiti per il 48,3 per cento (stabili rispetto al 2022) nell’Area dell’euro; seguono gli Stati Uniti, (aumentati dal 24,3 al 26,8 per cento) e i titoli dei Paesi non aderenti all’OCSE (scesi dal 12,1 al 9,9 per cento).

I titoli di capitale detenuti direttamente mostrano una netta prevalenza dei titoli delle imprese italiane (78,7 per cento), calcolati includendo anche le quote del capitale della Banca d’Italia il cui peso è di circa un quinto del totale.

Le azioni sottostanti gli OICVM risultano invece più diversificate geograficamente, con gli emittenti degli Stati Uniti che ne formano la quota maggiore con il 39,3 per cento del totale, in aumento dal 34,2 del 2022; nell’ambito dei titoli di capitale sottostanti gli OICVM, è significativo anche il peso dei titoli di residenti in Paesi non aderenti all’OCSE, pari al 16,3 per cento, seppur in diminuzione rispetto al 20,8 per cento del 2022.

Con riferimento ai settori di attività economica, il 33,1 per cento (31,6 nel 2022) fa capo al settore finanziario; seguono il settore dei beni di consumo complessivamente considerati, scesi dal 15,6 al 14,9 per cento e quello dell’information technology, salito dall’11,7 al 12,7 per cento.

Gli investimenti in titoli di capitale detenuti direttamente sono caratterizzati da una netta prevalenza dei titoli del settore finanziario (53 per cento), che includono anche le quote del capitale della Banca d’Italia, rispetto agli investimenti tramite OICVM che sono caratterizzati da una maggiore diversificazione settoriale.

Gli OICR diversi dagli OICVM

Gli OICR diversi dagli OICVM ammontano a 27 miliardi di euro, il 23,7 per cento delle attività totali. I fondi immobiliari totalizzano 15,6 miliardi (57,9 per cento del totale).

Il 91,2 per cento fa capo a fondi di tipo chiuso e l’89 per cento a fondi di diritto italiano; circa quattro quinti sono riferibili a strumenti detenuti da una cassa integralmente o quasi, quale conseguenza delle operazioni di apporto di cespiti di proprietà.

I fondi diversi da quelli immobiliari ammontano a 11,4 miliardi (42,1 per cento). Il 77,7 per cento fa capo a fondi di tipo chiuso e il 74,8 a fondi di diritto estero; circa il 12,6 per cento è riferibile a strumenti detenuti da una cassa integralmente o quasi.

Sotto il profilo della tipologia, tali fondi sono costituiti per il 39,5 per cento del totale da fondi di private equity, per il 14 per cento da fondi di private debt e per il 32 per cento da fondi che investono in infrastrutture; il residuo è costituito da fondi non riconducibili alle categorie qui riportate.

Gli investimenti nell’economia italiana

Gli investimenti delle casse di previdenza nell’economia italiana, pari a 44 miliardi di euro, formano il 38,6 per cento delle attività totali, in aumento di 3 punti percentuali rispetto al 2022; gli investimenti non domestici, pari a 53 miliardi, corrispondono al 46,5 per cento e sono in diminuzione di 1,5 punti.

Tra gli investimenti domestici restano predominanti gli investimenti immobiliari (17,1 miliardi di euro, il 15 per cento delle attività totali) e i titoli di Stato (13,8 miliardi di euro, il 12,1 per cento delle attività totali). Rispetto al 2022, aumentano di 3,2 punti percentuali i titoli di Stato a fronte di una diminuzione della percentuale dell’immobiliare di 1,5 punti.

Sono inoltre presenti altri titoli di debito e titoli di capitale per un ammontare complessivo di 8,4 miliardi di euro (6,8 nel 2022), pari al 7,4 per cento dell’attivo (6,5 nel 2022); per entrambe le classi di investimento aumenta l’incidenza sul totale dell’attivo, rispettivamente, dallo 0,6 allo 0,8 per cento e dal 5,9 al 6,6 per cento.

Sul punto va rilevato che nell’ambito dei titoli di capitale figurano quote del capitale della Banca d’Italia sottoscritte da 12 casse di previdenza per un controvalore complessivo di 1,95 miliardi di euro (invariato rispetto all’anno precedente), pari al 26 per cento del capitale della Banca.

Le quote di OICR diversi dai fondi immobiliari totalizzano 4,7 miliardi di euro pari al 4,1 per cento delle attività (3,6 nel 2022). Di questi, 1,8 miliardi (1,7 nel 2022) sono costituiti da titoli sottostanti gli OICVM e 2,8 miliardi (2 nel 2022) da quote di altri OICR (di tipo mobiliare).

L’evoluzione nel quinquennio 2019-2023 delle componenti dell’attivo ripartite tra investimenti domestici e non domestici mostra un aumento della quota domestica di 2,3 punti percentuali.

Tra le diverse classi di attività, si riducono gli immobili (2,9 punti percentuali), i fondi immobiliari (2,4 punti percentuali) e gli altri titoli di debito (0,2 punti percentuali); aumenta, invece, l’incidenza dei titoli di Stato (4,6 punti percentuali), dei titoli di capitale (2,3 punti percentuali) e le quote di altri OICR di tipo mobiliare (0,9 punti percentuali) mentre restano sostanzialmente stabili le quote di OICVM.

Alla fine del 2023, i titoli di imprese italiane, includendo anche quelli sottostanti gli OICVM ed escludendo le quote del capitale della Banca d’Italia, appartengono in prevalenza al settore finanziario che costituisce il 54,3 per cento delle obbligazioni e il 49,3 delle azioni; in larga parte, si tratta di titoli di emittenti bancari.

Tra le obbligazioni, seguono il settore delle utilities (16,2 per cento) e l’industriale (11,8 per cento); tra le azioni, figurano sempre le utilities (21,8 per cento) e il settore energetico (13,4 per cento).

Considerazioni conclusive

Nello scenario descritto il primo elemento che deve essere sottolineato va direttamente al cuore della funzione di previdenza obbligatoria delle Casse di previdenza perché nel momento storico attuale nel quale la demografia, ma non solo quella, pone con sempre più forte urgenza il tema della sostenibilità, le Casse possono rivendicare il buon lavoro fatto in questi anni per il futuro dei loro iscritti.

Il dato che tradizionalmente esprime questa crescita è sicuramente l’attivo totale che oggi, rispetto al PIL, pesa un ragguardevole 5,4 per cento a fronte del 4 di dieci anni fa.

Ma quest’anno, fra le novità della relazione, è stata opportunamente inserita e valorizzata la redditività degli investimenti: sulla base dei dati segnalati dalle Casse, nel 2023, il risultato netto prodotto dalla gestione è stato positivo per 6,8 miliardi di euro, pari a una redditività del 7,1 per cento.

Tale rendimento, su un orizzonte temporale più consono alla funzione previdenziale, diventa il 3,2 per cento medio annuo sulla base dei cinque anni e il 2,8 per cento su base decennale.

La redditività degli investimenti è valorizzata insieme a un altro fattore cruciale: sull’orizzonte decennale si è concretizzata la tendenza all’aumento dei contributi incassati e delle prestazioni erogate: in questi anni, pertanto, si può dire che con gli iscritti e le attività sono cresciute la funzione e il peso anche sociale delle Casse che svolgono una funzione di rilevanza collettiva verso un numero crescente di persone.

Questo elemento è di particolare rilievo se si considera che le Casse garantiscono la copertura previdenziale a quell’universo composito delle libere professioni che in questi anni ha subito grandi trasformazioni.

Il mondo delle professioni di trenta anni fa, quando è stata fatta la riforma delle Casse, era un mondo diverso.

Quella riforma e queste Casse hanno saputo intercettare il tempo e il cambiamento mostrando una capacità di risposta adeguata e continua ed esprimendo anche un costante legame con il territorio: gli investimenti nell’economia reale del Paese, quest’anno in crescita di 3 punti rispetto all’anno scorso, raggiungono la quota del 38,6 per cento. Si deve tuttavia ricordare che solo il 23 per cento dei lavoratori autonomi ha una posizione di previdenza complementare e fra di loro i versamenti sono discontinui.

Le Casse si sono attivate negli anni per offrire molteplici prestazioni ai propri iscritti ma una previdenza complementare potrebbe sicuramente completare utilmente la protezione anche del mondo delle professioni. E questa potrebbe essere una delle sollecitazioni per il futuro.


Note

Argomenti correlati

Categoria