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TRIBUNALE DI NAPOLI, SEZIONE LAVORO 24 GENNAIO 2018

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di Gioia Rita Telli

TRIBUNALE DI NAPOLI, SEZIONE LAVORO 24 GENNAIO 2018 Giudice R. Pellecchia – [omissis] c. Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense (Avv. Valeria Coppola)

Previdenza e assistenza – Cassa Forense – normativa art. 1, commi 537-540 della L. n. 228/2012 - Inapplicabilità

La normativa di cui all’art. 1, commi 537-540, della L. 228/2012 è applicabile unicamente alle entrate erariali o di enti pubblici alimentati dal bilancio dello Stato e non anche a quelle di enti privati - quale è la Cassa Forense – dotati di autonomia organizzativa, contabile e finanziaria nella gestione della previdenza professionale.

 

FATTO E DIRITTO

Con ricorso a questo Giudice del Lavoro depositato in data 24-12-2016 il ricorrente in epigrafe indicato esponeva di aver ricevuto in data 28-11- 2016 una intimazione di pagamento n. 071 2016 9048260673 000 per l’importo di €. 85.832,12 fondata sulla cartella di pagamento n. 071 2014 0438479219 000 per €.82.003,45 a tutolo di contributi non versati alla Cassa di assistenza e previdenza Forense per gli anni dal 2007 al 2013. Assumeva parte ricorrente di aver ricevuto in data 7-01-2016 dalla Cassa Forense, l’esito di una verifica sulla regolarità dei versamenti eseguiti in autoliquidazione per gli anni dal 2004 al 2011, che aveva dato origine a un credito di €.115.835,03; di aver inviato osservazioni scritte in data 19- 1-2016 con le quali eccepiva la prescrizione dei contributi maturati negli anni dal 2007 al 2010; che in data 12-5-2016 la Cassa gli aveva notificato l’intimazione di pagamento n. 071 2016 90281592 32 000 per l’importo di €.118.947,00 con cui aveva richiamato la cartella di pagamento n. 071 2014 0438479219 000; che in data 28-5-2016 la Cassa Forense gli aveva notificato l’atto di pignoramento; che pur a seguito dell’invio di osservazioni e del ricorso amministrativo proposto da esso esponente ai sensi dell’art.1 della L 228/2013, la Cassa Forense gli notificava in data 30.11.2016 la nuova intimazione di pagamento. Richiamava il ricorrente l’art.1 comma 540 della L. 228/2013 in forza del quale, in caso di mancato invio da parte dell’ente creditore della comunicazione prevista dal comma 539, e della mancata trasmigrazione dei conseguenti flussi informatici al concessionario della riscossione, trascorso inutilmente il termine di 220 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite di cui al comma 537 erano da ritenersi annullate di diritto. Lamentava inoltre il ricorrente la mancata esplicazione delle 3 singole partite di debito asseritamente dovute e l’intervenuta prescrizione dei crediti maturati oltre il quinquennio antecedente la notifica dell’avviso di intimazione. Pertanto, [omissis] chiedeva annullarsi la pretesa creditoria in esame sia in virtù della maturata prescrizione dei crediti, sia per l’operatività dell’avvenuto perfezionamento della procedura di annullamento di diritto previsto dall’art.1 comma 540 della Legge di stabilità del 2013. Con vittoria di spese processuali. Si costituivano in giudizio sia l’Agenzia delle Entrate riscossione che la Cassa di assistenza e previdenza forense, instando con varie argomentazioni per il rigetto della domanda; eccepivano la tardività dell’opposizione per intervenuto decorso del termine di 40 giorni previsto dall’art. 24 D. Lgs 46/99 o di quello di venti giorni per i motivi di opposizione cd. formali. In particolare, la Cassa eccepiva che il reclamo amministrativo proposto dal ricorrente riguardava importi diversi da quelli oggetto di impugnativa. Concludeva quindi per il rigetto della stessa o in subordine, in caso di accoglimento dei motivi formali di opposizione, in accoglimento della proposta domanda riconvenzionale, chiedeva condannarsi il ricorrente al pagamento di €. 72.536,78 oltre interessi legali e vittoria di spese processuali. All’udienza odierna, all’esito della discussione questo Giudice decideva la causa come da sentenza di cui dava lettura. In via preliminare, l’opposizione deve ritenersi tardiva con riferimento alla cartella esattoriale oggetto dell’avviso di intimazione, in relazione alla previsione di cui all’art. 24 D. Lgs n.46/99. Com’è noto, l’art. 24 L.n.46/99 prevede (comma V) la facoltà del contribuente di proporre opposizione avverso l’iscrizione a ruolo nel termine di 40 giorni dalla notifica della cartella di pagamento. La norma non stabilisce se, ai fini della verifica del rispetto del termine di cui sopra il dies ad quem sia costituito dalla notificazione del ricorso in opposizione ovvero dal deposito dello stesso. Rileva al riguardo il giudicante la peculiarità, rispetto al processo ordinario di cognizione, del rito del lavoro, in cui il procedimento viene instaurato con il ricorso, quindi con un atto processuale prima depositato presso la Cancelleria e successivamente notificato alla controparte; occorre inoltre rimarcare che la giurisprudenza di legittimità, ai fini della verifica di taluni istituti processuali, ha inteso aver riguardo al momento del deposito dell’atto introduttivo del processo del lavoro (cfr. in tema di litispendenza determinata in relazione al momento del, deposito del ricorso, SS.UU. 16.04.1992 n. 4676 e SS.UU. 11.05.92 n. 5597). Sulla base delle considerazioni esposte può ritenersi quindi che, avendo il legislatore disciplinato l’opposizione avverso la notifica della cartella esattoriale, regolandola in base alla normativa di cui agli artt. 442 e ss. C.p.c., il momento cui fare riferimento ai fini dell’instaurazione del procedimento in esame sia quello del deposito del ricorso introduttivo. E nel caso in esame essi risulta depositato in data 24-12-2016. A fronte di tale dato documentale si osserva, dalla documentazione prodotta in copia dalla difesa della concessionaria, che la cartella esattoriale n. 071 2014 0438479219 000 risulta notificata a mani della odierna ricorrente in data 30-03-2015 a mani del custode dello stabile. Pertanto, nel caso di specie, il giudicante, attraverso la produzione documentale allegata dalla Agenzia delle Entrate riscossione spa, rileva l’avvenuta rituale notifica dell’avviso di addebito sul quale si fonda l’intimazione di pagamento. La difesa del ricorrente ha eccepito la tardività della costituzione della Agenzia delle Entrate con conseguente decadenza della parte indicata dalla produzione dei documenti. Ritiene tuttavia il giudicante di aderire a quell’orientamento di legittimità secondo il quale, in materia di controversie di lavoro, il giudicante il potere-dovere di provvedere d'ufficio agli atti istruttori idonei a superare l'incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione, indipendentemente dal verificarsi di preclusioni o di decadenze in danno delle parti (Cass. 10-12-2008 n. 29006; 24-10-2007 n. 22305; Sez. Un. n. 11353/2004). Ne consegue, avuto riguardo al caso di specie, in applicazione del principio della ricerca della verità materiale dei fatti, che questo Giudice ha ritenuto di acquisire la documentazione ai sensi dell’art. 421 cpc pur essendo le parti convenute decadute dalla produzione: e da detta documentazione scaturisce la prova della rituale notifica della cartella n. 071 2014 0438479219 000 in data 30-03-2015. Quanto poi al disconoscimento, operato dalla difesa dell’opponente, nel verbale di udienza del 18-12-2017, della documentazione prodotta in fotocopia da controparte, si osserva, secondo l’orientamento di legittimità cui questo giudicante ritiene di prestare la propria convinta adesione, che il disconoscimento della conformità delle copie fotostatiche agli originali debba avvenire, ad opera della parte contro cui i documenti sono prodotti, nella prima udienza o risposta successive alla loro produzione (per tutte cfr. Cass. civ. sez. I, 16.02.07 n. 3695; sez. I, 27.10.2006 n. 23174) e debba inoltre consistere in una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto in guisa da non poter ritenersi l’equivocità dell’oggetto della contestazione (cfr. Cass. civ. sez. III, 14.03.06 n. 5461; sez. Trib.19.08.2004 n. 16232; sez. I, 16.01.96 n. 1141). Di contro, la difesa dell’opponente opera il disconoscimento della copia della relata di notifica della cartella di pagamento in modo assolutamente generico, quindi inidoneo a operare alcuna indagine in ordine a specifici profili di eventuale difformità delle copie prodotte rispetto agli originali delle cartelle. Infine, quanto alla violazione da parte dei convenuti delle previsioni di cui al’art.1 co da 537 a 540 della L.228/2012 questo Giudice ritiene di aderire all’orientamento di quella giurisprudenza di merito (cfr. Sentenze Trib. Roma nn. 16515/2016; 1091/2016; 1093/2016) secondo cui la normativa in esame è applicabile unicamente alle entrate erariali o di enti pubblici alimentati dal bilancio dello Stato e non anche a quelle di enti privati – quale è la Cassa Forense – dotato di autonomia organizzativa, contabile e finanziaria nella gestione della previdenza professionale. Alla stregua delle risultanze documentali, l’avviso risulta quindi essere stato ritualmente notificato e, per converso, non impugnato nel termine di 40 giorni previsto dall’art. 24 D. Lgs n. 46/99. Ne deriva la tardività dell’opposizione con il consequenziale regime delle spese processuali che si liquidano come da dispositivo. Le considerazioni svolte sono da ritenersi assorbenti rispetto ad ogni altro motivo di opposizione ed anche alla domanda riconvenzionale subordinata proposta. P.Q.M. Il Giudice del Lavoro di Napoli, definitivamente pronunciando sulla domanda così provvede: - Dichiara l’inammissibilità dell’opposizione; - Condanna [omissis] al pagamento delle spese processuali che liquida in €.1.000,00 in favore della Cassa Forense ed in €.1.000,00 in favore della spa Agenzia delle Entrate Riscossione.

NOTA

Il Tribunale di Napoli ha affrontato la tematica dell’applicabilità della disciplina di cui all’art. 1, commi 537 e ss. della L. n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) alle entrate degli enti previdenziali privatizzati, ritenendo che la detta normativa possa trovare applicazione soltanto alle entrate di enti alimentati dal bilancio dello Stato e non anche a quelle di enti, quali la Cassa Forense, il cui bilancio è interamente costituito da risorse proprie, non potendo, per legge, fruire di finanziamenti pubblici. Si evidenzia, al riguardo, che l’art. 1, comma 540, L. n. 228/2012, prevede che “trascorso inutilmente il termine di 220 gg. dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite di cui al comma 537 della medesima Legge sono annullate di diritto e quest’ultimo è considerato automaticamente discaricato dei relativi ruoli. Contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell’ente creditore i corrispondenti importi.” Orbene, l’applicazione di tale disciplina – con la quale il legislatore ha annullato tout court i crediti iscritti a ruolo per il decorso di un termine di decadenza legato alla procedura di riscossione - anche agli enti previdenziali privatizzati comprometterebbe la realizzazione del credito ed inciderebbe in modo negativo sull’autonomia gestionale e contabile di enti, sul piano economico e finanziario, estranei al sistema pubblico, con conseguenti effetti negativi anche sul regolare svolgimento della funzione previdenziale che essi sono tenuti a garantire. Invero, in un sistema in cui la mano pubblica resta del tutto estranea alla sorte degli enti previdenziali privatizzati, che sono chiamati a rispondere a rigidi standards di equilibrio finanziario stabiliti dallo Stato, appare contraria al principio di ragionevolezza una disciplina che disponga (“en passant”) l’estinzione dei crediti vantati di loro spettanza. Non sarebbe, insomma, ragionevole che il legislatore, dopo avere preteso la sostenibilità finanziaria degli enti di previdenza privatizzati in una prospettiva di 50 anni, basata sul solo rapporto tra entrata contributiva e spesa per prestazioni pensionistiche (vedi art. 22 del D.L. n. 201 del 2011), privasse unilateralmente e imperativamente detti enti di una quota a priori indeterminabile di risorse finanziarie, per finalità di mera limitazione temporale dell’incertezza della sussistenza dei debiti previdenziali.

Appare appena il caso di rammentare che anche la Corte Costituzionale, con sentenza dell’11 febbraio 2017, resa a seguito di rimessione da parte del Consiglio di Stato, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della Legge 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui prevede che le somme derivanti dalle riduzioni di spesa ivi previste siano versate annualmente dalle casse di previdenza professionali ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato. La Corte Costituzionale ha condiviso le motivazioni già espresse, con l’ordinanza di rimessione n. 2756/2015, dal Consiglio di Stato, che aveva espressamente evidenziato che la previsione del prelievo da parte dello Stato di una porzione delle somme incassate dall’ente previdenziale a titolo di contribuiti da parte dei singoli iscritti «incide, in modo non ragionevole, sulla autonomia dell’ente e sulla sua disponibilità e destinazione delle somme derivanti da contribuzioni dei propri iscritti a esigenze strumentali alla realizzazione della finalità previdenziali. E ciò in quanto, mentre per i soggetti amministrazioni pubbliche che ricevono finanziamenti volti a coprire (anche) i propri consumi intermedi, la misura determina una riduzione dei finanziamenti a tali soggetti destinati, e dunque in un risparmio per le casse dello Stato […] determina altresì una distrazione di somme dalla loro finalità tipica».

Il Giudice delle Leggi ha espressamente ritenuto, infatti, che nel sistema previdenziale delle Casse privatizzate “l’ingerenza del prelievo statale rischia di minare quegli equilibri che costituiscono elemento indefettibile dell’esperienza previdenziale autonoma. […] Considerate le complesse problematiche alla base della deficienza strutturale dei meccanismi di finanziamento della previdenza dei dipendenti pubblici, l’alternativo sistema, voluto dal legislatore per gli enti privatizzati in un periodo ormai risalente, merita di essere preservato da meccanismi – quali il prelievo a regime in esame – in grado di scalfirne gli assunti di base. Ciò anche in considerazione del fatto che detti assunti ne hanno, comunque, garantito la sopravvivenza senza interventi di parte pubblica per un ragguardevole periodo di tempo”. Ebbene, anche se la fattispecie oggetto della pronuncia della Corte di Costituzionale di cui sopra riguardava una previsione normativa che ha introdotto un “illegittimo” prelievo sulle risorse economiche delle Casse di previdenza, le medesime considerazioni ben si attagliano – come del resto condiviso anche dal Tribunale di Napoli nell’annotata sentenza - anche all’art. 1, commi 537 e ss., della Legge di Stabilità 2013, nella parte in cui dette norme, come detto, disporrebbero l’automatica estinzione dei crediti delle Casse previdenziali, incidendo proprio sull’autonomia gestionale e contabile di enti, sul piano economico e finanziario, estranei al sistema pubblico.


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