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Corte appello Bari 7.4.2023 n. 258, Pres. Sara- cino , Rel. Mosca.

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Avvocato – Previdenza – Pensionato Inps – Pensionato in totalizzazione ex art. 71 l. n. 388/2000 – Regime contributivo di favore per i pensionati – Esclusione

Il regime contributivo di favore, di corresponsione dei contributi in misura ridotta, è previsto esclusivamente per i pensionati della Cassa che restano iscritti all’albo

Motivi della decisione

Omissis

L’appello è infondato, dovendosi confermare la sentenza impugnata.

Preliminarmente, la Corte ritiene infondata la censura di nullità della gravata sentenza mossa dall’appellante, in quanto se è vero che dalla lettura della sentenza impugnata emerge che il Tribunale ha compiutamente dato una motivazione basata in parte sulla linea difensiva della Cassa Forense, è anche vero che tale circostanza non dà luogo a nullità della sentenza impugnata.

Sul punto “Nel processo civile (…) non può ritenersi nulla la sentenza che esponga le ragioni della decisione limitandosi a riprodurre il contenuto di un atto di parte (ovvero di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari) eventualmente senza nulla aggiungere ad esso, sempre che in tal modo risultino comunque attribuibili al giudicante ed esposte in maniera chiara, univoca ed esaustiva, le ragioni sulle quali la decisione è fondata. È inoltre da escludere che, alla stregua delle disposizioni contenute nel codice di rito civile e nella Costituzione, possa ritenersi sintomatico di un difetto di imparzialità del giudice il fatto che la motivazione di un provvedimento giurisdizionale sia, totalmente o parzialmente, costituita dalla copia dello scritto difensivo di una delle parti” (cfr. Cass. Civ. Sez. Unite n. 642 del 16.01.2015; conf. Ordinanza n. 22562 del 07/11/2016).

La sentenza sarà, dunque, censurabile per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. solo allorquando la laconicità della motivazione adottata non consenta in alcun modo di ritenere che il giudice sia pervenuto alla decisione attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza delle doglianze delle parti e tanto da risultare completamente priva dell’illustrazione dei motivi della decisione, con conseguente impossibilità di individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo. In altri termini, la motivazione è apparente, e la sentenza è nulla poiché affetta da error in procedendo, solo allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, recando argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudicante.

Nel caso de quo, dunque, il giudice di prime cure ha legittimamente recepito la linea difensiva della Cassa Forense, consentendo, tuttavia, di comprendere l’autonomia del processo deliberativo compiuto e la riconducibilità dei fatti esaminati al principio di diritto richiamato.

*****

Tanto premesso, va disatteso il motivo d’appello, che attiene al merito della questione controversa, con il quale il Colapinto impugna la sentenza per non aver accertato e dichiarato il suo diritto al pagamento dei contributi, dovuti alla Cassa Forense per gli anni 2010 e 2011, in misura ridotta, in quanto titolare di pensione di anzianità, in applicazione dell’art. 71 della L. n. 388/2000.

Appare opportuno evidenziare che, come detto innanzi, la Corte aveva nominato un CTU affinché, sulla scorta della documentazione reddituale e fiscale presente in atti, determinasse i contributi eventualmente dovuti in misura ridotta dal Colapinto, per gli anni 2010 e 2011, in favore della Cassa Forense.

Tuttavia, a seguito della discussione orale e delle precise e circostanziate allegazioni difensive esposte dalla Cassa Forense, res melius perpensa, all’esito della camera di consiglio, ha deciso per il rigetto dell’appello.

Con la cartella di pagamento n. 014 2017 00327717 69000, sono stati richiesti i contributi soggettivi e integrativi dovuti per gli anni 2010 e 2011, oltre interessi e sanzioni, iscritti nel ruolo ordinario n. 2017/006071, per un importo complessivo di € 84.276,84.

Dai prospetti contabili allegati al fascicolo di parte della Cassa Forense risulta che il Colapinto ha versato parte della contribuzione minima e di maternità dovuta per l’anno 2010 e la contribuzione minima e di maternità dovuta per l’anno 2011, invece, non ha versato i contributi soggettivi e integrativi eccedenti il minimo dovuto e determinati sulla scorta dei redditi dichiarati dal professionista.

Come correttamente statuito dal primo giudice, ai sensi degli artt. 10 e 11 L. 576/1980, sono obbligati al versamento del contributo soggettivo e integrativo gli iscritti alla Cassa e agli albi professionali.

Inoltre, l’art. 2 del Regolamento dei contributi del 2009, adottato da Cassa Forense in attuazione della riforma del 2009, approvato con nota del 12.12.2009 del Ministero del Lavoro e vigente nel periodo dal 2010 al 2015, prevedeva che:

“1. Ogni iscritto alla Cassa ed ogni iscritto agli Albi professionali tenuto all’iscrizione alla Cassa è obbligato a versare, con le modalità stabilite dal presente Regolamento, un contributo soggettivo proporzionale al reddito professionale netto prodotto nell’anno, quale risulta dalla relativa dichiarazione ai fini dell’IRPEF e dalle successive definizioni.….

3. Il contributo minimo di cui al comma precedente è escluso dall’anno solare successivo alla maturazione del diritto a pensione di vecchiaia.

4. A partire dal primo anno solare successivo alla maturazione del diritto a pensione ovvero alla maturazione dell’ultimo supplemento ove previsto, i pensionati di vecchiaia devono corrispondere il contributo di cui al primo comma, sino al tetto reddituale fissato alla lettera a), in misura pari al 5% del reddito professionale netto ai fini IRPEF.

Per la parte eccedente il tetto reddituale indicato al primo comma, lettera a) il contri- buto si riduce al 3%.”

La Corte Costituzionale con sentenza n. 67/2018, pur pronunciandosi su fattispecie parzialmente difforme da quello che occupa il presente giudizio (perché relativa ad un professionista che, già pensionato Inps, si era iscritto alla Cassa), ha statuito che solo per i pensionati di vecchiaia nella gestione previdenziale della stessa Cassa, i quali proseguano l’attività professionale, la legge n. 576 del 1980 contempla, in via derogatoria ed eccezionale, un regime contributivo di favore. “… Infatti l’art. 10, terzo comma, prevede che il contributo soggettivo è sì dovuto anche dagli avvocati pensionati che restano iscritti all’albo; ma l’obbligo del contributo minimo è escluso dall’anno solare successivo alla maturazione del diritto a pensione ed il contributo è dovuto in misura pari al 3 per cento del reddito dell’anno solare successivo al compimento di cinque anni dalla maturazione del diritto a pensione.

Questa fattispecie non può però essere evocata, quale tertium comparationis, per raffrontarla a quella dell’avvocato che sia titolare di un trattamento pensionistico di vecchiaia in altra gestione previdenziale, quale l’assicurazione generale obbligatoria nella gestione INPS, difettando il requisito dell’omogeneità.

Lo speciale regime di favore, previ- sto per gli avvocati pensionati della Cassa, ha carattere eccezionale e derogatorio e si giustifica in ragione del fatto che si tratta di assicurati che hanno già ampiamente alimentato tale sistema previdenziale pagando per anni i dovuti contributi (soggettivo ed integrativo) fino a maturare il requisito contributivo sufficiente, in concorso con il requisito anagrafico, per conseguire la pensione di vecchiaia.

Inoltre, tale regime di favore costituisce un complemento dello stesso trattamento previdenziale in godimento.” (cfr. Corte Costituzionale n. 67/2018).

Il regime contributivo di favore, di corresponsione dei contributi in misura ridotta, è, quindi, previsto esclusivamente per i pensionati della Cassa che restano iscritti all’albo, come statuito, con motivazione che la Corte condivide, dal giudice di prime cure.

Il Colapinto, invece, sostiene di non essere tenuto al pagamento della contribuzione nella misura ordinaria, ma nella inferiore misura prevista per l’avvocato pensionato di vecchiaia nella stessa gestione previdenziale della Cassa, in ragione della sua particolare situazione di pensionato di anzianità, in totalizzazione ex art. 71 della L. n. 388/2000.

Egli ritiene di dover versare i contributi in misura ridotta, in quanto il trattamento pensionistico gli sarebbe stato erogato dall’INPS sulla base del cumulo dei contributi versati all’INPS e, per la maggior parte, alla Cassa Forense.

Sennonché “la L. n. 388 del 2000, art. 71 ha esteso l’ambito di applicazione della totalizzazione ai lavoratori le cui pensioni erano liquidate con il sistema retributivo, o misto, senza tuttavia abrogare le precedenti disposizioni, contenute nel D.Lgs. n. 184 del 1997, art. 1, valide per i lavoratori le cui pensioni erano liquidate, esclusivamente, con il sistema di calcolo contributivo;

– agli effetti del diritto alla totalizzazione, anche per il legislatore del 2000 i periodi di contribuzione, da cumulare, non devono essere coincidenti, il lavoratore non deve aver maturato il diritto a pensione nel regime generale, nei regimi speciali sostitutivi, esclusivi o esonerativi di quello generale, ed anche nei regimi “privatizzati” di cui al D.Lgs. n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, nei quali egli sia, o sia stato, iscritto (ulteriore fattispecie di totalizzazione non prevista per il conseguimento della pensione di anzianità, ma soltanto per il conseguimento delle pensioni di vecchiaia, di inabilità ed ai superstiti);

– Corte Cost. n. 198 del 2002 ha chiarito che, nel nostro ordinamento, la totalizzazione dei periodi di contribuzione non costituisce un istituto di carattere generale; il precedente esaminato dalla sentenza n. 61 del 1999 della stessa Corte era delimitato al caso specifico “del lavoratore che non abbia maturato il diritto ad un trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni alle quali è stato iscritto”; per funzione e finalità, la totalizzazione era volta a consentire al lavoratore di cumulare, anche ai fini della misura della pensione, contributi versati, in ragione di percorsi lavoratori intrapresi, a diverse istituzioni previdenziali in corrispondenza con la crescente flessibilità dei rapporti di lavoro” (cfr. Cass n. 2225 del 2019).

La facoltà di far ricorso alla totalizzazione prevista dall’art. 71 della L. n. 388 del 2000 era concessa solo ed esclusivamente con riferimento alla pensione di vecchiaia o ai trattamenti per inabilità, mentre resta- va esclusa la pensione di anzianità, prestazione invece attribuita al Colapinto, come si evince dalla nota inviatagli dall’INPS il 17.3.2003 e avente ad oggetto “Liquidazione di pensione di anzianità n. 14003323 cat. VO”, allegata al fascicolo di primo grado di parte appellante.

Infatti, l’INPS con nota del 24.1.2020, ha comunicato all’Avv. Colapinto la revoca del trattamento pensionistico con la seguente motivazione “alla data di presentazione della domanda amministrativa (03 marzo 2003) non poteva aver diritto alla pensione di anzianità nel FPLD perché non raggiungeva il requisito minimo dei 37 anni di contribuzione INPS e non poteva aver diritto alla pensione di anzianità in totalizzazione ex art. 71 L. 388/2000 perché tale tipologia di prestazione non è prevista dalla legge richiamata come emerso dalla verifica compiuta dall’Istituto e definita con relazione del 12.12.2019.” (cfr. nota Direzione Inps di Gioia del Colle del 24.1.2020 allegata al fascicolo di primo grado di parte appellante).

Peraltro, l’art. 8 del decreto ministeriale n. 57 del 2003, per i casi di totalizzazione, poneva il pagamento degli importi liquidati dalle singole gestioni a carico della gestione cui era imputata la quota maggiore, pertanto, ciascuna gestione doveva anticipare la propria quota alla gestione erogatrice, anteriormente alla data di pagamento.

Il Comitato Provinciale dell’INPS, infatti, con Delibera n. 2022172 dell’1.12.2020 ha rigettato il ricorso amministrativo presentato dal professionista appellante sulla base delle seguenti argomentazioni: “ai sensi dell’art. 71 L. 388/2000 la domanda doveva essere presentata ed istruita dall’ente previdenziale, presso cui risultava l’ultima contribuzione e cioè, nel caso in esame, la Cas- sa Forense.

È risultata assente qualsiasi comunicazione della predetta cassa che definisse, sia la contribuzione utile al diritto, che il pro-rata pensionistico maturato alla decorrenza della pensione. L’Inps non avrebbe potuto essere l’Ente istruttore della domanda di pensione, il cui provvedimento di concessione sarebbe invece dovuto spettare esclusivamente alla Cassa Forense.

Il citato art. 71 della L. n. 338/2000 prevedeva il diritto alla totalizzazione esclusivamente per le prestazioni di vecchiaia, di inabilità ed ai superstiti e non anche per le pensioni di anzianità. Alla data della liquidazione della pensione (1° aprile 2003) oggi revocata, non esistevano disposizioni applicative per la liquidazione dei tratta- menti ex art. 71 della L. n. 338/2000 (la prima circolare che disciplina l’applicazione della normativa è la n. 23 del 06/02/2004).

La domanda originaria di pensione avrebbe dovuto considerarsi irricevibile e il provvedi- mento di accoglimento della stessa deve quindi ritenersi nullo.”

Il Colapinto, quindi, oltre a non essere pensionato di vecchiaia nella gestione previdenziale della Cassa Fo- rense, unica condizione che gli avrebbe consentito il pagamento in misura ridotta dei contributi, non era, negli anni in contestazione (2010 e 2011), neppure pensionato di anzianità in totalizzazione, ex art. 71 della L. n. 338/2000, per intervenuta revoca, con efficacia ex tunc, del trattamento pensionistico erogato, sia perché tale regime era escluso per la pensione di anzianità, sia perché la Cassa non ha mai ricevuto la domanda, istruito la relativa pratica e provveduto al pagamento della relativa quota.

L’unica domanda di pensione di vecchiaia inoltrata alla Cassa Forense, allegata al fascicolo di parte dell’appellante, è quella presentata solo in data 30 settembre 2020 (cfr. domanda di pensione di vecchiaia/anzianità in totalizzazione ai sensi del D.Lgs. n. 42/2006).

Pertanto, l’appellante è tenuto al pagamento in misura intera dei contributi dovuti alla Cassa Forense, contenuti nella cartella e nel ruolo impugnati.

*****

Al rigetto della domanda relativa al pagamento in misura ridotta dei contributi consegue l’assorbimento delle domande contenute nelle conclusioni del ricorso introduttivo del giudizio sub n. 2 e 3 “2) accertato e dichiarato lo status di pensionato del ricorrente, valido ed efficace ai fini del versamento contributivo ridotto a favore della Cassa di Previdenza e Assistenza Forense, determini quanto eventualmente dovuto dallo stesso a titolo di contributi, tenendo conto di quanto versato dal ricorrente in eccedenza, dalla data di pensionamento, 01.04.2003, in poi, o relativamente ad altra data che sarà ritenuta di giustizia, dando altresì atto che in tale periodo non è stato corrisposto al medesimo ricorrente alcun importo a titolo di supplemento di pensione;

3) accerti e dichiari se quanto eventualmente dovuto all’esito dell’attività sub 2) del presente ricorso dovrà essere corrisposto a Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense o ad INPS”, nonché del motivo di ricorso sub n. 7) in ordine alla violazione o falsa applicazione degli artt. 2, comma 4, e 6, comma 8, dei regolamenti dei contributi vigenti fino al 31.12.2012, nonché del regolamento successivo, che prevedono una particolare disciplina per gli avvocati titolari di pensione di vecchiaia.

Quanto alla domanda sub 4 del ricorso, ossia “in via del tutto gradata, non venga irrogata alcuna sanzione e/o applicata qualunque forma di interessi, data la particolare rilevanza della questione nonché in considerazione del fatto che la predetta Cassa di Previdenza non ha mai inteso fornire riscontro alle richieste del 1.10.2007, del 29.8.2011 e alle osservazioni dell’8.2.2016 formulate dall’esponente, ed allegate al presente ricorso”, anch’essa va rigettata, sia perché assorbita dalle precedenti argomentazioni, sia perché dalla documentazione allegata dalle parti risulta che, contrariamente a quanto sostenuto dal Colapinto, secondo cui la Cassa non avrebbe riscontrato i suoi numerosi atti, Cassa Forense ha motivatamente disatteso le richieste del professionista, relative agli anni in contestazione, con note del 7.1.2016 e del 26.7.2016.

Pertanto, sono dovute anche le somme richieste a titolo di sanzioni e interessi.


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