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Unioni civili e convivenze di fatto: profili giuslavoristici e previdenziali

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Ida Grimaldi

1. Premessa. – 2. Lineamenti essenziali della disciplina delle unioni civili e delle convivenze di fatto – 3. La clausola di equivalenza – 4. Risvolti sulla disciplina giuslavoristica – 4.1 Unioni Civili – 4.2 Convivenze di fatto – 5. Profili previdenziali – 6. Conclusioni.

1. - Premessa.

La legge sulla regolamentazione delle Unioni Civili tra persone dello stesso sesso e delle convivenze, entrata in vigore ormai cinque anni fa, ha segnato, nel nostro Paese, un grande passo di civiltà, dando dignità giuridica ed eliminando ogni trattamento discriminatorio alle diverse forme di affettività umana. Traguardo raggiunto grazie ad una realtà sociale viva, fatta di affetti e di diritti, in cui sono confluite nuove istanze sociali, culturali e civili. Giova al proposito ricordare com’è cambiato, proprio sul piano dei diritti e della famiglia, il nostro Paese, il quale, ancora alla fine degli anni ’50, riconosceva come legittimo lo ius corrigendi, ovvero il diritto del marito di picchiare la moglie per correggerne il carattere e i modi, un Paese che fino al 1919 (legge 1176/1919) negava l’ammissione delle donne “a pari titolo degli uomini”, ad esercitare molte professioni ed a coprire i pubblici impieghi, un Paese che fino al 1963 impediva alle stesse di accedere alla Magistratura perché “incapaci di giudicare”, un Paese che dovrà aspettare la riforma di famiglia del 1975 per superare la norma secondo cui, in assenza di padre, la madre doveva nominare un “curatore del nascituro”, naturalmente maschio.

Dunque, la famiglia in tutti questi anni ha cambiato pelle, facendo propri nuovi modelli di convivenza familiare che il diritto ha dovuto contemplare, così com’è cambiato in tutti questi anni il modo di intendere la qualità dell’ambiente familiare per il benessere del bambino, indipendentemente dal fatto che i genitori siano conviventi, separati, risposati, single, così com’è cambiata la percezione della sessualità, dell’orientamento sessuale e, di conseguenza, il modo di viverli. Se è vero che una parte di società guarda ancora con sconcerto a queste trasformazioni, è anche vero che la politica di uno Stato laico non poteva pensare di continuare a non misurarsi con nuove istanze e nuovi diritti, libero da pregiudizi; ciò sarebbe stato segno di miopia e inadeguatezza. Già da tempo il nostro Legislatore era stato messo in mora dalle Corti di Giustizia italiane (sentenza Corte Costituzionale n. 138 del 2010 e n. 170 del 2014) e dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per il ritardo dell’Italia, rispetto agli altri Paesi della U.E., nell’adeguarsi alle norme europee.

Per ultimo, con la Sentenza 21 luglio 2015 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo i Giudici hanno condannato l’Italia per la violazione dell’art. 8 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo, articolo che sancisce il diritto alla vita privata e familiare, tra cui può essere ricompresa una relazione affettiva tra persone dello stesso sesso, protetta dall’ordinamento anche non necessariamente mediante l’istituto matrimoniale.

Da qui, l’esigenza di una regolamentazione non più differibile delle Unioni Civili tra persone dello stesso sesso e delle convivenze, contenute nella legge 20 maggio 2016 n. 76, entrata in vigore il 5 giugno 2016, che inserisce per la prima volta, nel nostro Ordinamento, l’istituto dell’Unione Civile tra persone dello stesso sesso, quale specifica formazione sociale tutelata ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione, diversa quindi dal matrimonio regolato dall’articolo 29 della Costituzione stessa. In essa si prevede, altresì, il riconoscimento delle convivenze sia tra eterosessuali sia tra omosessuali.

La legge si compone di un unico articolo in cui sono disciplinate, in una prima parte, le Unioni Civili (commi 1-35) e una seconda parte le Convivenze di Fatto (commi 36-65). I commi finali (commi 66-69) sono dedicati alle disposizioni finanziarie e danno conto, in particolare, degli oneri di natura previdenziale e assistenziale derivanti dalla nuova disciplina, ma con prevalenza sull’incidenza delle disposizioni contenute nei commi da 11 a 20 dell’art. 1. Il testo contiene, altresì, una delega al Governo per l’emanazione di uno o più decreti legislativi onde adeguare alla nuova legge le disposizioni dell’ordinamento dello Stato Civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, nonché per coordinare ed adeguare le norme del diritto interno e quelle del diritto internazionale.

E dunque, con l’approvazione, il 14 gennaio 2017, dei decreti attuativi, la legge sulle Unioni Civili e Convivenze ha concretizzato il suo iter trovando definitiva operatività.

2. - Lineamenti essenziali della disciplina delle unioni civili e delle convivenze di fatto.

Nonostante il titolo, la legge in esame ha inteso regolare in modo più specifico proprio le unioni civili tra persone dello stesso sesso, estendendo solo a questa unione alcune delle garanzie, diritti e tutele previste dalla legge per i rapporti di “coniugio”, con tutte le più importanti implicazioni in materia di gestione del rapporto di lavoro; mentre ha scelto di regolare in modo per così dire più “fluido” la posizione dei “conviventi di fatto”.

I commi dall’1 al 35 sono destinati alle unioni civili tra persone dello stesso sesso quale “specifica formazione sociale ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione”. L’unione civile si costituisce mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale dello stato civile e alla presenza di due testimoni, sulla base di un legame affettivo stabile con reciproca assistenza morale e materiale, e va registrata nell’archivio dello stato civile.

Con la costituzione dell’unione civile le parti assumono gli stessi diritti e gli stessi doveri: hanno l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale, alla coabitazione ed entrambe sono tenute a contribuire ai bisogni comuni in base alle proprie possibilità e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo. Le stesse concordano l’indirizzo della vita familiare e la residenza comune, esattamente come avviene per le coppie sposate; in assenza di indicazioni diverse, si applica il regime di comunione dei beni.

Le parti unite civilmente hanno, altresì, diritto agli alimenti ai sensi dell’art. 433 del c.c., e possono costituire il fondo patrimoniale. Il partner può, inoltre, essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno qualora l’altra parte venga dichiarata interdetta, inabilitata o beneficiaria dell’amministrazione di sostegno. In caso di morte, la parte superstite ha diritto all’eredità in qualità di legittimario, nonché alla pensione indiretta e di reversibilità e alle indennità di cui agli artt. 2118 e 2120 c.c. Lo scioglimento dell’unione civile avviene davanti all’ufficiale di stato civile, quando le parti ne manifestino la volontà (anche disgiunta); in caso di sentenza di rettifica di sesso in presenza di unione civile, questa viene sciolta, mentre, in caso di matrimonio, se le parti manifestano la volontà di non sciogliere il matrimonio, questo automaticamente si converte in unione civile1.

I commi da 36 a 65 sono destinati alle convivenze di fatto: si intendono per conviventi di fatto, due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile, che possano attestare la stabile convivenza sulla base della dichiarazione anagrafica prevista dall’art. 4, e dall’art. 13, comma 1, lett. b) del D.P.R. n. 223/1989.

I conviventi assumono solo alcuni dei diritti e dei doveri riconosciuti alle coppie sposate, nella specie:

- gli stessi diritti che spettano al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario con possibilità di far visita al proprio partner in carcere;

- il diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali, in caso di malattia o di ricovero del convivente di fatto;

- la facoltà di nominare il convivente come proprio rappresentante in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute, o di morte, in relazione alla donazione di organi, alle modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie;

- il convivente di fatto può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno, se il partner venga dichiarato interdetto, inabilitato o beneficiario dell’amministrazione di sostegno;

- nel caso di morte del proprietario dell’abitazione comune, il convivente superstite può restare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e non oltre i cinque anni;

- se il convivente superstite abbia figli minori o disabili, ha diritto di continuare a restare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni;

- nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente ha la facoltà di succedergli nel contratto;

- in caso di decesso del convivente di fatto derivante da 59 fatto illecito di un terzo spetta, inoltre, lo stesso diritto al risarcimento del danno che spetta al coniuge superstite.

- il convivente ha diritto di partecipare alla gestione e agli utili dell’impresa familiare del partner, nonché ai beni acquistati con questi ultimi e agli incrementi dell’azienda, in proporzione al lavoro prestato;

- in caso di cessazione della convivenza di fatto, spetta infine il diritto di ricevere gli alimenti dall’ex convivente, qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento.

3. - La clausola di equivalenza.

La legge n. 76/2016, all’articolo 1 comma 20, relativo esclusivamente alla disciplina delle unioni civili, testualmente recita: “Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché le disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 1843. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti.

Detta disposizione ha uno spettro operativo amplissimo e determina l’automatica estensione alle parti della Unione Civile di tutta una congerie di diritti esistenti nei più svariati ambiti (sociali, fiscali, patrimoniali) precedentemente riservati alle sole coppie eterosessuali sposate.

Trattasi di clausola di equivalenza, con funzione an- tidiscriminatoria, volta ad assicurare, almeno tendenzialmente, l’equiparazione nei più svariati ambiti tra matrimonio e Unione Civile. La norma rappresenta la chiave di volta dell’istituto dell’unione civile e la norma di chiusura dell’intera sua disciplina positiva. Per effetto del rinvio a ogni disposizione diversa dal codice civile non espressamente richiamata, tutti i diritti previsti dalla legge per il matrimonio sono riconosciuti anche ai partner dell’unione civile in materia di lavoro, assistenza, previdenza, sanità, pensioni, immigrazione e in campo penale, penitenziario e fiscale.

Volgendo un primo sguardo ai riflessi che derivano dal comma 20 nell’ambito del contesto previdenziale, è agevole rilevare che gli istituti d’impatto direttamente coinvolti nella implementazione della platea dei soggetti di essi destinatari sono le prestazioni riservate ai superstiti. E, seppure in obiter dictum, è la stessa Corte costituzionale ad aver qualificato (sent. 14.7.2016 n. 174) come “clausola generale” quella del comma 20, in forza della quale l’istituto della pensione di reversibilità è stato applicato alle unioni civili “in modo coerente con i principi di eguaglianza e ragionevolezza”.

La legge infatti, dal comma 66 al comma 69 dell’art. 1, tratta degli oneri finanziari derivanti dall’impatto delle nuove disposizioni. Il comma 67, in particolare, prevede un monitoraggio da parte del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali sulla base dei dati comunicati dall’INPS circa gli oneri di natura previdenziale e assistenziale. Inoltre, nella relazione tecnica che accompagna la parte della legge dedicata alla copertura finanziaria (commi 66-69) si dà largo spazio alle previsioni concernenti gli aspetti fiscali, assistenziali e previdenziali: tra questi ultimi, appunto, la pensione di reversibilità.

Detto impatto di natura previdenziale e assistenziale coinvolge anche le Casse dei liberi professionisti, le quali, nell’allinearsi alla nuova normativa sulla base di detta clausola di equivalenza (comma 20 art. 1 l. n. 76/2016), lo hanno fatto, tuttavia, in modo differente: Cassa Forense e gli Enti Previdenziali di commercialisti e notai, hanno inteso la normativa di diretta applicazione, senza necessità di formale recepimento nei rispettivi regolamenti; l’Enpacl, l’ente di previdenza dei consulenti del lavoro, è, invece, intervenuto modificando il proprio regolamento di assistenza e previdenza, entrato in vigore il 1 gennaio 2020.

4. - Risvolti sulla disciplina giuslavoristica.

4.1 Unioni civili.

Per effetto dell’art. 1 comma 20 sopra richiamato, molteplici sono le conseguenze esplicite ed implicite in merito ai diritti riconosciuti alla parte unita civilmente nella legislazione sul lavoro. In particolare, alle unioni civili sarà applicabile:

- la disciplina in materia di congedo matrimoniale, per cui viene concessa sia l’indennità a carico del datore di lavoro sia quella riconosciuta dall’Inps;

- le disposizioni dell’art. 4 della L. n. 53/2000 e del D.M. n. 278/2000 per l’ipotesi di permessi in caso di lutto e di eventi particolari;

- la disciplina in materia di nullità del recesso datoriale comunicato nel periodo in cui vige la tutela, così come disciplinata dall’art. 35 del d.lgs. n. 198/2006, ossia entro l’anno dall’avvenuta celebrazione dell’unione civile;

- per le stesse motivazioni in materia di nullità di licenziamento, vige l’obbligo di convalida delle dimissioni rese dal lavoratore presso l’Ispettorato territoriale competente da quando viene costituita un’unione civile fino ad un anno dopo;

- viene conferita la facoltà di revocare il consenso alle clausole elastiche e concesso il diritto di prelazione a richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale per le necessità di assistenza al coniuge affetto da patologie oncologiche.

- in caso di morte del prestatore di lavoro le indennità previste dagli artt. 2118 (indennità di preavviso) e 2120 (trattamento di fine rapporto) cod. civ. dovranno essere corrisposte anche alla parte dell’unione civile;

- nel caso di scioglimento dell’unione civile, analogamente a quanto avviene in caso di divorzio e con applicazione per quanto compatibile della L. n. 898/70, l’attribuzione del diritto all’assegno “di mantenimento” comporterà, in assenza di nuova unione civile, il diritto al pagamento di una quota parte del trattamento di fine rapporto dell’ex unito civilmente, ovvero il 40% del Tfr dell’altra parte, riferito agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con l’unione civile.

4.2 Convivenze di fatto.

Alla convivenza di fatto vengono riconosciuti livelli di tutele e di obblighi minimi e differenti, in ragione del fatto che le persone eterosessuali hanno la possibilità di contrarre matrimonio, e le persone dello stesso sesso possono stipulare una unione civile. L’unica disposizione relativa ad un profilo giuslavoristico è, quindi, quella riferita all’impresa familiare costituita tra i due conviventi e disciplinata con l’introduzione dell’art. 230 ter del codice civile. La norma statuisce che, al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente, spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato. Alla luce di ciò il convivente di fatto partecipa agli utili dell’impresa familiare (art. 230 ter c.c.), ma non rientra fra i familiari così come definiti nell’art. 230 bis, pertanto occorrerà chiarire se acquisisce lo status di collaboratore familiare con conseguente iscrizione alla gestione artigiani e commercianti dell’INPS.

5. - Profili previdenziali.

L’Inps ha recepito la legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso e sulle convivenze con un primo Messaggio n. 5171 del 21 dicembre 2016 ove, con riferimento specifico alle sole Unioni Civili, è stato precisato che “… a decorrere dal 5 giugno 2016, ai fini del riconoscimento del diritto alle prestazioni pensionistiche e previdenziali (es. pensione ai superstiti, integrazione al trattamento minimo, maggiorazione sociale, successione iure proprio, successione legittima, etc.) e dell’applicazione delle disposizioni che le disciplinano, il componente dell’unione civile è equiparato al coniuge”. Ne deriva che, in attuazione della clausola di equivalenza (art. 1 comma 20 legge 76/2016) prevista per le unioni civili, la parte superstite dell’unione civile tra persone dello stesso sesso può beneficiare del riconoscimento della pensione di reversibilità (se il de cuius all’atto della scomparsa era già titolare di trattamento pensionistico) o della pensione indiretta (se, invece, il de cuius al momento del decesso svolgeva ancora attività lavorativa ed aveva raggiunto la soglia contributiva minima all’uopo richiesta). Resta inteso che l’attribuzione delle richiamate prestazioni è regolata dalle medesime condizioni, sia soggettive sia di eventuale concorso con terzi, che ne disciplinano la assegnazione al coniuge superstite all’interno della normativa di riferimento.

Al rapporto tra i conviventi di fatto, invece, non si applicano le medesime tutele. Con riferimento, in particolare, all’istituto della pensione di reversibilità, Cass. 3.11.2016, n. 22318 ha confermato che la nuova normativa di cui alla l. 76/2016 non prevede in favore del convivente more uxorio la pensione di reversibilità, a differenza dell’ampia previsione dei trattamenti riconosciuti al comma 20 del art. 1 alla parte della “unione civile” disciplinata nelle forme previste dalla stessa legge. Va rammentato, tuttavia, che vi sono una serie di circolari l’Inps, emanate a seguito dell’entrata in vigore della L. 76/2016, che hanno fornito utili istruzioni procedurali e operative inerenti la gestione e la fruizione di singole prestazioni, sia da parte degli uniti civilmente sia, in alcuni casi, dei conviventi di fatto. In particolare con circolare n. 38 del 27 febbraio 2017 l’Inps ha dato istruzioni sia sulla concessione dei permessi di cui all’art. 33 comma 3 L. 104/1992, per assistenza al partner disabile e al congedo di 3 giorni per decesso o per grave infermità dell’altra parte, usufruibili sia dalla parte di un unione civile, sia dal convivente di fatto di cui ai commi 36 e 37 dell’art. 1 L. n. 76/2016; con la medesima circolare sono state date ulteriori istruzioni sulla possibilità di richiedere il congedo biennale ex 1legge n. 151/2001, previsto in situazioni di gravità accertata, per il coniuge convivente di soggetto con handicap, usufruibile però solo dalla parte di un unione civile.

Con successiva circolare n. 66 del 31 marzo 2017 l’Inps ha fornito chiarimenti in merito ai risvolti in materia di obbligo assicurativo presso le gestioni dei lavori autonomi artigiani e commercianti arrivando, tuttavia, a due diverse conclusioni: mentre è prevista l’estensione delle tutele previdenziali in vigore per chi esercita l’attività autonoma anche all’unito civilmente, nessuna estensione delle tutele previdenziali è prevista per i conviventi di fatto in merito ai quali la circolare precisa che, non assumendo essi lo status di parente o affine entro il terzo grado rispetto al titolare d’impresa, non possono essere qualificati come collaboratori familiari. Con circolare n. 84 del 5 maggio 2017 l’Inps ha fornito chiarimenti in merito alla definizione di : i partner in unione civile hanno diritto all’assegno per il nucleo familiare con le stesse regole previste per i coniugi, mentre per le convivenze di fatto gli ANF vengono riconosciuti solo in presenza del relativo contratto con cui l’INPS riconoscerà la tutela del classico nucleo familiare ed in base al classico reddito di riferimento.

Il Richiedente, sotto la propria responsabilità, dichiarando lo stato di “coniuge”, “unito civilmente”, “convivente di fatto”, deve fare richiesta presso il proprio datore di lavoro. Con la medesima circolare n. 54/2017 l’Inps ha altresì illustrato i criteri per estendere alle coppie dell’unione civile il “congedo matrimoniale”.

Per quanto riguarda, poi, le prestazioni erogate dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, applicabili alle unioni civili, l’INAIL è intervenuta con la circolare 13 ottobre 2017 n. 45, puntualizzando che le prestazioni erogate trovano quali beneficiari esclusivamente le parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, non potendo le prestazioni trovare la loro estensione alle coppie di fatto poiché non può esserci equiparazione con le unioni civili ai sensi della legge 76 del 20 maggio 2016.

6. - Conclusioni.

In conclusione si può affermare che la legge n. 76/2016 sulle Unioni Civili e Convivenze di fatto è senz’altro un intervento legislativo fortemente impattante sul tema della famiglia, del lavoro e della previdenza; essa ha contribuito a restituire un’immagine dell’arcipelago familiare in continua e irrequieta evoluzione, con conseguenze di intensificata regolamentazione giuridica delle molteplici realtà affettive.


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