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Riforma della Giustizia, la tabellina di marcia del PNRR

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Debora Felici

La riforma della giustizia è oggetto di un capitolo molto importante del PNNR italiano.

Sappiamo che l’eccessiva lunghezza dei tempi di giudizio, specie per quanto riguarda il contenzioso civile, scoraggia gli investimenti imprenditoriali e ostacola lo sviluppo economico del Paese.

Per questi motivi, nel PNRR la riforma del sistema giudiziario è inserita tra le c.d. riforme orizzontali, o di contesto, che consistono in innovazioni strutturali dell’ordinamento, tali da interessare, in modo trasversale, tutti i settori di intervento del Piano.

La Commissione europea ha riconosciuto che l’Italia ha fatto progressi, seppure “limitati”, quanto alla riduzione della durata dei processi civili razionalizzando e facendo rispettare le norme di disciplina procedurale e quanto al miglioramento dell’efficacia della lotta contro la corruzione, mediante la riforma delle norme procedurali al fine di ridurre la durata dei processi penali.

Gli elementi di maggiore criticità che l’Europa ci segnala sono la perdurante scarsa efficienza del sistema giudiziario civile e penale, con particolare riguardo all’utilizzo tuttora limitato del filtro di inammissibilità per gli appelli, la necessità di potenziare gli organici e le differenze tra i tribunali per quanto riguarda l’efficacia della gestione dei procedimenti.

Nel settore della lotta alla corruzione, sono stati auspicati interventi in materia di lobbying, di conflitti di interessi e di whistleblowing.

In concreto, vediamo quali sono gli obiettivi quantitativi stabiliti nel PNNR per ridurre la durata dei giudizi:

• portare a piena attuazione l’Ufficio del processo, introdotto in via sperimentale dal d.l. n. 90 del 2014;

• sviluppare la capacità amministrativa del sistema (valorizzare le risorse umane, integrare il personale del- le cancellerie, sopperire alla carenza di professionalità tecniche);

• aumentare il grado di digitalizzazione della giustizia (revisione e diffusione dei sistemi telematici di gestione delle attività processuali e di trasmissione di atti e provvedimenti);

• garantire al sistema giustizia strutture edilizie efficienti e moderne;

• porre le basi per una lotta reale alla recidiva dei reati che ponga al centro la rieducazione e l’inserimento sociale dei soggetti inseriti nel circuito penitenziario.

Come sta andando?

Il ministero di Giustizia, nella recente circolare della Direzione generale di statistica e analisi organizzativa, fa il punto sulla riduzione del numero dei procedimenti giudiziari pendenti e della loro durata.

La valutazione, ai fini del PNRR, viene condotta mediante il valore del disposition time, l’indicatore di durata dei procedimenti contenziosi utilizzato a livello europeo, che fornisce una stima del tempo medio atteso di definizione dei procedimenti mettendo a confronto il numero dei pendenti con il flusso dei definiti nel periodo.

La definizione di arretrato che qui interessa comprende, per i tribunali, tutti i procedimenti pendenti da oltre tre anni in area SICID (Affari civili contenziosi, Controversie agrarie, Controversie in materia di lavoro, previdenza, assistenza obbligatoria; Affari di volontaria giurisdizione, Procedimenti speciali e sommari), con l’esclusione della materia del Giudice Tutelare, dell’Accertamento Tecnico Preventivo in materia previdenziale (ATP) e dell’attività di “ricevimento e verbalizzazione di dichiarazione giurata”.

Per la corte d’appello sono considerati “arretrato” tutti i procedimenti pendenti da oltre due anni.

La road map degli accordi con l’Ue prevede che l’Italia raggiunga i seguenti obiettivi quantitativi o target esigi- bili in due step fissati al 31 dicembre 2024 al 30 giugno 2026:

• ridurre il disposition time complessivo dei processi (dato dalla somma del disposition time nei tre gradi di giudizio) del 40% nel settore civile e del 25% nel settore penale entro giugno 2026;

• ridurre l’arretrato civile del 65% in Tribunale, del 55% in Corte di Appello entro fine 2024 e del 90% in Tribunale e in Corte di Appello entro giugno 2026.

Quindi, entro il 31 dicembre 2024, i procedimenti civili pendenti ultra-triennali dovranno essere non più di 118.209 e non più di 33.774 entro il 30.06.2026.

Analogamente, l’obiettivo di riduzione dell’arretrato civile in corte di appello sarà raggiunto se il numero di procedimenti pendenti ultra-biennali sarà a pari a 44.267 al 31.12.2024 e a 9.837 al 30.06.2026.

Per quanto attiene la durata, l’obiettivo di riduzione sarà raggiunto se al 30.06.2026 il disposition time complessivo del contenzioso civile risulterà pari a 1.507 giorni (-40% di 2.512), di quello penale a 1.045 giorni (-25% di 1.393).

Secondo i dati dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, nel 2019 il disposition time medio in Italia era di 588 giorni per i tribunali e di 654 giorni per le Corti d’Appello: per definire un procedimento servivano dunque in media circa 19 mesi in primo grado e 21 in secondo 4.

In generale, la tendenza del disposition time dal 2014 al 2019 è stata in diminuzione. Nel 2020 però è intervenuto un netto peggioramento, dovuto soprattutto all’impatto del COVID: il numero dei nuovi procedimenti è sceso del 22% per cento, è rimasto fermo quello dei procedimenti pendenti ed è calato il numero dei procedimenti definiti.

Non vi è stato smaltimento dell’arretrato e il disposition time è cresciuto (cfr. grafico che segue).

Nel 2020, i dati diffusi dall’Osservatorio riportano un incremento generalizzato del disposition time, che è aumentato in 131 tribunali (su 140) e in 27 Corti d’Appello (su 29).

Il primato negativo spetta, per quanto riguarda il secondo grado di giudizio, alla Corte di Appello di Roma, che ha raggiunto nel 2020 quasi 4 anni di tempo di smalti- mento dei giudizi.

Esempi virtuosi di miglioramento del disposition time nel 2020 sono stati registrati in 9 tribunali su 140, fra cui il Tribunale di Macerata, che ha ridotto il suo disposition time di 75 giorni rispetto al 2019.

Per il 2021, i dati riportano una generale riduzione dei tempi di gestione dei procedimenti giudiziari. Il raggiungimento degli obiettivi del PNNR è calcolato su base nazionale.

I dati sulla durata dei procedimenti sono diversi da ufficio a ufficio e il maggior carico dei procedimenti pendenti nel settore civile grava sugli uffici giudiziari del Sud e delle Isole.

La Commissione Interministeriale per la Giustizia nel Sud

Nel 2021 è stata istituita la Commissione Interministeriale per la Giustizia nel Sud e Isole su iniziativa delle ministre per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, e della Giustizia, Marta Cartabia.

Presieduta da Maria Rosaria Covelli, Capo dell’Ispettorato Generale presso il Ministero della Giustizia, ha avuto il compito di individuare le difficoltà che stanno alla base dell’elevato carico di pendenze relative ai procedimenti civili che si registra nelle regioni meridionali (oltre il 50% del totale nazionale), far emergere le buone prassi esistenti per aiutarne la diffusione e, infine, proporre provvedimenti utili a migliorare l’operatività degli Uffici giudiziari e smaltire l’arretrato, con parti- colare attenzione alla giustizia civile e coerentemente con le priorità indicate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Lo studio ha riguardato 62 Tribunali e 16 Corti d’Appello, per un totale di 78 Uffici giudiziari. L’analisi della gestione processuale e giudiziaria svolta dalla Commissione a livello nazionale ha riscontrato “incertezze e criticità nella definizione, formalizzazione e diffusione delle innovazioni procedurali, organizzative e digitali, a prescindere dalla loro collocazione geografica”.

Nella Relazione finale, pubblicata i primi giorni del 2022, la Commissione evidenzia che l’implementazione di nuovi modelli di servizio e l’accelerazione dei processi di innovazione digitale storicamente si sono sviluppati con maggiore facilità e rapidità nelle aree del Nord, grazie al supporto che il territorio ha offerto, a partire dai primi anni 2000, ai Tribunali ed alle Corti d’Appello.

Sotto questo profilo, la Commissione ha evidenziato che il Sud soffre maggiormente rispetto al Nord per la mancanza del supporto istituzionale, socio-economico e finanziario.

Dai dati pubblicati risulta che Sud e Isole hanno registrato, nel 2019, oltre il 50% del totale nazionale delle pendenze relative ai procedimenti civili e il maggior numero di iscrizione di nuovi procedimenti.

Si legge nella Relazione che ciò è dovuto al fatto che “nonostante il tasso di smaltimento degli Uffici giudiziari del Sud sia paragonabile alla media nazionale, ed anzi in alcuni Uffici del Sud superiore a quella media, la complessiva maggiore quantità delle pendenze comprensive di arretrato ultra triennale – dovuta alle pregresse situazioni del singolo Ufficio, alle gravi carenze di organico, al continuo turnover dei magistrati, alle grandi difficoltà di alcuni territori, interessati da fenomeni di criminalità organizzata, e di realtà giudiziarie nel rapportarsi con altri soggetti – incide inevitabilmente sulla durata dei procedimenti”.

Per quanto riguarda lo smaltimento dell’arretrato, l’indagine evidenzia che vi sono anche nel Sud comportamenti e prassi di gestione virtuosi ed efficaci, ma che manca un sistema di controllo di gestione completo, flessibile e diffuso in maniera omogenea sul territorio.

Tale mancanza ostacola interventi preventivi e tempestivi di gestione dei carichi di lavoro.

Per questo, secondo la Commissione, se si vuole intervenire efficacemente sulla macchina organizzativa di questi Uffici Giudiziari occorre attivare “percorsi straordinari di smaltimento dell’arretrato in coerenza con la straordinarietà della pendenza presente fin dall’inizio della policy di recupero dell’arretrato a livello nazionale”.


Note

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