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La Corte Costituzionale, con sentenza 30.4.2021 n. 83, ha colmato il vuoto normativo che non consentiva l’attribuzione del compenso al curatore dell’eredità giacente attivata d’ufficio, molto spesso rappresentato da un professionista, ed in particolare da un avvocato, nel caso di eredità incapiente che non si concludesse con l’accettazione da parte di un erede e conseguente devoluzione allo Stato ai sensi dell’articolo 586 c.c.
La norma sottoposta all’esame della Corte Costituzionale, con ordinanza di rimessione del giudice monocratico del Tribunale di Trieste è quella di cui al comma terzo dell’articolo 148 del Testo Unico delle Spese di Giustizia. Questo il dispositivo della sentenza: “la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 148, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.115 […] nella parte in cui non prevede tra «le spese anticipate dall’erario» l’onorario del curatore con riguardo al caso in cui la procedura di giacenza si sia conclusa senza accettazione successiva e con incapienza del patrimonio ereditario”.
Il giudice rimettente, che si trovava nelle condizioni di doversi pronunciare sul compenso reclamato da un curatore di un’eredità giacente attivata officiosamente, ha dubitato dell’irragionevolezza della norma, per violazione degli articoli 3, 35 e 36 della Costituzione in parte qua.
La parte della norma sospettata di illegittimità costituzionale era quella in cui era esclusa la remunerazione dell’opera (ugualmente rilevante ed anzi sovente anche più complessa) del curatore laddove la procedura si fosse conclusa con incapienza dei beni e senza che avesse accettato un successore anteposto allo Stato. Quest’ultima evenienza esclude di per sé oneri a carico dello Stato, che, ai sensi del comma secondo dell’articolo 586 c.c., succede sempre senza essere tenuto a rispondere dei legati e dei debiti ereditari oltre i limiti di valore dei beni acquistati iure successionis (la cosiddetta successione intra vires hereditatis).
Irragionevole escludere – secondo il giudice triestino – che in tale ipotesi non vi fosse tutela in favore del curatore per l’opera prestata a fronte del caso in cui l’eredità si presentasse capiente oppure nel caso in cui un erede avesse accettato. Ed ancora più irragionevole laddove è ammessa la remunerazione del curatore (per anticipazione a cura dell’erario) allorquando l’istanza di apertura dell’eredità giacente e la conseguente nomina del curatore sia stata formulata da un soggetto ammesso al gratuito patrocinio.
La Corte focalizza innanzitutto (sebbene si tratti di diversità enfatizzata in coda alla motivazione della pronuncia) la differenza tra «prenotazione a debito» ed «anticipazione », rispettivamente disciplinate dalle lettere s) e t) del comma primo dell’articolo 3 del Testo Unico delle Spese di Giustizia, laddove la prima viene definita dal legislatore come «l’annotazione a futura memoria di una voce di spesa, per la quale non vi è pagamento, ai fini dell’eventuale successivo recupero», l’altra come il «pagamento di una voce di spesa che, ricorrendo i presupposti previsti dalla legge, è recuperabile». In sostanza si tratta in entrambi i casi di voci di spesa, ma mentre nel primo caso non vi è esborso di denaro, ma semplicemente l’annotazione di una voce di spesa che potrà essere in futuro recuperata, nel caso dell’anticipazione erariale la voce di spesa è caratterizzata dall’esborso di denaro, che viene anticipata dall’erario mediante un pagamento immediato e che, nel caso in cui ricorrano i presupposti previsti dalla legge, potrà essere anch’essa recuperata.
Con riguardo alla dedotta illegittimità costituzionale la Corte ha concentrato le proprie censure in relazione all’irragionevole disparità di trattamento tra situazioni sostanzialmente similari alla luce del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione.
A giustificazione della pronuncia di incostituzionalità la Corte premette ancora una volta, nel solco di un orientamento ormai consolidato, come non ci si possa limitare al confinamento dell’istituto alla dimensione privatistica, ma come esso sia stato individuato dal legislatore quale contestuale presidio al perseguimento di esigenze pubblicistiche (quali l’ordinato svolgimento della procedura e l’esclusione della dispersione di ricchezza). Del resto le due finalità che sembrano connotare l’istituto, quella della conservazione del patrimonio in attesa che si verifichi un determinato evento (accettazione dell’eredità) da un lato e quella liquidatoria, sebbene solo eventuale, finalizzata al soddisfacimento dei creditori dell’eredità dall’altro, sono proprio espressione degli interessi pubblici e privati contestualmente sottesi all’istituto.
Alla luce di queste considerazioni la Corte, riconosciuta per diritto vivente l’assimilabilità del curatore dell’eredità giacente all’ausiliario del giudice e preso atto che tra le spese annotate a debito, nonché tra quelle anticipate dall’erario, entrambe contemplate dal primo comma dell’articolo 148 del Testo Unico delle Spese di Giustizia (unico articolo del titolo II della parte IV interamente dedicato all’eredità giacente attivata d’ufficio) non è annoverato il compenso del curatore dell’eredità giacente, anzi è ignorato l’onorario di qualsiasi ausiliario del giudice, effettua un raffronto con l’analoga disciplina in materia fallimentare.
Ed infatti, diversamente dal silenzio dell’articolo 148, l’articolo 146, comma 3, lettera c) del medesimo testo normativo prevede che l’onorario degli ausiliari del magistrato sia anticipato dall’erario. Per ausiliari del giudice si devono peraltro intendere tutti i soggetti contemplati dall’articolo 68, comma 1, c.p.c., ma con esclusione del curatore fallimentare, che, per costante orientamento, non è un ausiliario del giudice, quanto piuttosto un ausiliario della giustizia, trattandosi di un soggetto che non può solo eventualmente ed occasionalmente trovarsi a partecipare al procedimento (si pensi ad un consulente tecnico chiamato ad eseguire una stima di beni ricompresi nell’attivo fallimentare), ma che è in realtà un soggetto necessario del procedimento concorsuale.
Peraltro la disparità di trattamento, che escludeva dal compenso il curatore fallimentare di un fallimento privo di attivo, non giustificabile in base alla mera distinzione tra ausiliario del giudice ed ausiliario della giustizia, ovvero tra soggetto meramente eventuale e soggetto necessario della procedura, è stata superata dalla stessa Consulta già con la sentenza numero 174 del 2006. Già all’epoca erano state ritenute estremamente labili e non condivisibili le eccezioni secondo cui la non obbligatorietà dell’ufficio avrebbe potuto giustificare il mancato ristoro in termini economici, compensabile – secondo detta sminuente e parsimoniosa tesi – dall’affinamento professionale e dall’accrescimento in termini di esperienza professionale, quali obiettivi certamente pregevoli ma forse insufficienti.
A dire il vero – la stessa Consulta rammenta in motivazione – in merito alla procedura dell’eredità giacente si era già precedentemente espressa la Corte Costituzionale con declaratoria di manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale dell’articolo 8, comma primo del Testo Unico delle Spese di Giustizia (ordinanza 446 del 2007) per il caso in cui non prevedeva che nell’eredità giacente avviata su istanza di parte e conclusasi con insussistenza di attivo, il compenso dovuto al curatore non rientrasse tra le spese anticipate dall’erario, ma gravasse invece sul soggetto istante. Secondo la Corte, però, è proprio la diversità di attivazione della procedura (d’ufficio e non su istanza di parte) che consente di superare il precedente citato, non essendo intuitivamente accostabile il caso dell’attivazione ufficiosa a quella in cui sia rinvenibile un centro di imputazione degli oneri della procedura, cui è evidentemente sotteso un interesse – anche non economico ma pur sempre un interesse – all’apertura dell’eredità giacente.
Anche la disomogeneità tra le funzioni del curatore fallimentare e quelle del curatore dell’eredità giacente, a sostegno dell’infondatezza della questione, non è argomento convincente, giacché la complessità dell’attività svolta (magari da escludersi nel caso in cui all’apertura della procedura segua a brevissimo l’accettazione dell’eredità) non può essere negata tout court, potendosi verificare casi in cui l’attività gestoria e conservativa del curatore sia al contrario molto complessa ed articolata, riducendosi ad aspetto – quello appunto della disomogeneità delle due funzioni – da valutarsi eventualmente in soli termini quantitativi.
Con l’intervenuta declaratoria di illegittimità la Corte ha dimostrato di rifiutare il penalizzante convincimento di chi ne sosteneva al contrario la conformità costituzionale, sostenendo che il legislatore avrebbe operato a priori un bilanciamento di interessi optando per privilegiare la destinazione delle limitate risorse dello Stato alla tutela dei diritti dei soggetti non abbienti. Da tale scelta interpretativa però si sarebbe perseverato nella negazione del diritto di un soggetto preposto allo svolgimento di una funzione di pubblico interesse ad essere remunerato per l’attività svolta. In tale ottica, secondo la Consulta, assume decisivo rilievo il disposto di cui all’articolo 49, comma 1, del Testo Unico delle Spese di Giustizia, che prevede il riconoscimento dell’onorario all’ausiliario del giudice, oltre al diritto a percepire le indennità e le spese. Ne consegue che, mentre nel caso in cui l’eredità giacente sia stata attivata su istanza di parte, il compenso è garantito dalla previsione di cui all’articolo 8, comma 1, gravando la remunerazione in questa ipotesi sul soggetto istante, ed essendo invece garantito dalla previsione di cui all’articolo 148, comma 4 a carico dell’erede accettante per il caso in cui sia sopravvenuta accettazione dell’eredità, rimaneva escluso dal raggio di copertura della remunerabilità il caso dell’eredità giacente attivata d’ufficio ed infine devoluta allo Stato ai sensi dell’articolo 586 c.c. per mancata sopravvenuta accettazione. In questo caso se l’eredità è capiente il compenso del curatore sarà a carico dello Stato medesimo come ultimo dei successibili, ovvero, come prevede il comma quarto dell’articolo 148, a carico del curatore «nella qualità», giacché deve essere sempre rispettato il principio di cui al secondo comma dell’articolo 586 c.c. (la successione intra vires di cui si è detto), ma se l’eredità è incapiente esso – secondo la soluzione cui è approdata la Corte – non potrà che essere anticipato dall’erario.
Ed invero il curatore, come ogni altro ausiliario del giudice cui spetta l’onorario secondo quanto previsto dall’articolo 49, comma primo, non potrà essere privato del ristoro economico per la sola evenienza che l’eredità sia incapiente e che l’apertura dell’eredità giacente sia avvenuta d’ufficio. Si tratta dell’irrinunciabile esigenza di garantire il compenso all’ausiliario, che “riflette l’interesse pubblico all’ordinato svolgimento della vicenda successoria, che trascende l’interesse patrimoniale dello Stato-erede e costituisce la ratio stessa della nomina officiosa del curatore dell’eredità giacente”. Tra le due diverse fattispecie astratte di cui alle lettere s) e t) dell’articolo 3, del Testo Unico delle Spese di Giustizia di cui si è detto lo strumento per garantire in concreto la remunerazione del curatore è infine quello dell’anticipazione a cura dell’erario in quanto, proprio in attuazione dei principi enunciati dalla Corte, esso solo assicura l’effettività del pagamento del compenso, sottraendolo all’alea dell’annotazione a futura memoria in quanto condizionata all’eventualità del recupero della somma prenotata a debito.
In conclusione nell’ottica della professione forense, nel cui bacino attinge prevalentemente l’Autorità Giudiziaria per le nomine dei curatori dell’eredità giacente, non si può che esprimere soddisfazione per l’intervento correttivo della Consulta, giacché all’indubbio prestigio derivante dalla collaborazione tra professionista ed istituzione, si aggiungerà anche un’adeguata remunerazione per la pregevole e delicata attività svolta, anche nel pubblico interesse.
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