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Intorno al diritto di guerra e pace

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Remo Danovi

Sommario : 1. La questione - 2. La risposta di Freud - 3. Le ragioni delle guerre - 4. La storia - 5. Il diritto - 6. L’etica - 7. Disastri ambientali e pandemie - 8. Le risposte da dare.

1. La questione

Nel luglio del 1932 due tra le più eminenti personalità del Novecento, Einstein e Freud, si interrogano sul- la possibilità di liberare gli uomini dalla fatalità della guerra. Si sono incontrati una sola volta anni prima a Berlino e oggi si scambiano le reciproche opinioni su richiesta della Società delle Nazioni.

Einstein è il più famoso tra gli scienziati del tempo, vive negli Stati Uniti e scrive da Capath (Potsdam); e Freud ha aperto i sentieri della mente, non ha ancora lasciato il suo Paese malgrado le incombenti avvisaglie di turbamenti e risponde da Vienna.

Einstein dunque si rivolge a Freud per cercare di decifrare gli oscuri recessi della volontà e del sentimento umano che sono generatori della guerra, e arriva anche a suggerire un mezzo per affrontare l’aspetto organizzativo del problema: tutti gli Stati dovrebbero creare una Autorità legislativa e giudiziaria con il mandato di comporre ogni conflitto che insorga tra di loro, e i singoli Stati dovrebbero assumere l’obbligo di rispettare i decreti di questa Autorità e attuare i provvedimenti necessari.

Tuttavia, non è certo che un risultato positivo possa essere raggiunto, poiché “l’uomo alberga in sé il bisogno di odiare e distruggere”, e per questo le guerre interne non sono neppure evitabili o componibili e le masse sono sempre facilmente infiammate per assecondare il furore di pochi o il fanatismo delle ideologie e dei gruppi.

Sarebbe della massima utilità per tutti conoscere se vi siano “risposte esplicite o implicite a tutti gli interrogativi connessi con questo problema urgentissimo”, per assicurare una pace mondiale.

2. La risposta di Freud

La risposta di Freud è del settembre 1932.Con espressioni amichevoli e in poche pagine (la corrispondenza si legge in Opere, XI, 289, Perché la guerra?), Freud chiarisce il proprio pensiero anticipando nella frase finale la desolazione dell’impotenza: “chiedo scusa se le mie osservazioni l’hanno delusa”!

Vero è che Freud non può che descrivere e interpretare ciò che è accaduto e accade nell’animo umano: diritto e potere, o meglio diritto e violenza si scontrano dagli albori dell’umanità, e il conflitto esige che l’avversario venga tolto di mezzo, fisicamente, salvo che sia più conveniente la sottomissione del nemico ai propri servizi, creandosi in tal modo vinti ma anche future rivalse bellicose.

La storia della umanità è quindi una serie ininterrotta di lotte risolte attraverso la guerra e la violenza stessa (Freud non lo dice chiaramente, ma ne fa un semplice cenno) si serve della copertura del diritto per legittimare la sopraffazione e violare le regole dell’umanità: basti pensare ai provvedimenti formali che i despoti assumono per imporre sentenze di morte o rafforzare soprusi e condanne (ad esempio, con le leggi razziali), nel segno del potere, della segregazione e della irresponsabilità.

Tradotto il pensiero nella teoria, Freud richiama le due pulsioni che albergano nella persona umana: quella conservativa (erotica, sessuale), e quella distruttiva.

Si possono anche chiamare amore e odio, bene e male, vita e morte, impulsi sempre contrapposti, con prevalenza della pulsione distruttiva, pur mescolata con altre diverse spinte che tendono a giustificare gli atti compiuti (come non pensare alle violenze della Inquisizione): non vi è dunque speranza “di poter sopprimere le inclinazioni aggressive degli uomini”, ma si può cercare di deviare l’aggressività verso la pulsione positiva (l’E- ros), l’amore per gli altri, l’identificazione, il recupero della coscienza, anche per fare emergere il senso della collettività.

Se poi noi ci indigniamo contro la guerra, noi che non la facciamo e che critichiamo (fino all’odio?) chi la compie, noi che vorremmo che tutti fossero pacifisti, compresi i contendenti, dobbiamo riconoscere che un miglioramento è intervenuto nella società umana con l’incivilimento e la scoperta di nuove esigenze ideali.

Dobbiamo continuare su questo percorso – è la conclusione di Freud – poiché “tutto ciò che favorisce l’incivilimento, lavora anche contro la guerra”.

3. Le ragioni delle guerre

Il dialogo suggestivo riportato non ha risolto la questione, come è evidente dal fatto che pochi anni dopo scoppia la seconda guerra mondiale, con tutte le infamie a essa riconnesse, e lo stesso secolo ha il triste primato degli eccidi, mentre ancora oggi, nel nuovo secolo, la guerra infuria nel nostro continente e nei tanti altri subgruppi territoriali che rivendicano propri soggettivi interessi.

Guerre non dichiarate sono sul fondo, non meno invasive e violente. È la storia che si ripete dagli albori della vita.

Si inizia con le guerre primitive, dall’oriente all’occidente (in un solo momento Roma è attraversata dalla guerra civile, servile e sociale, e fonda poi un impero sulle campagne belliche vittoriose in tutte le direzioni), e da allora non si contano i conflitti, sempre più gravi e devastanti.

Si fa guerra per ogni più soggettivo interesse, per il potere temporale e spirituale, e si combatte anche perché è indice di pigrizia procacciare con il sudore ciò che si può avere con il sangue (Germania, Tacito), l’unica legge osservata essendo quella del vincitore.

La guerra sembra essere essa stessa una legge, poiché “è la legge eterna del mondo” (Croce). Emblematico è il corso del millennio appena concluso. È iniziato con le Crociate (la prima è del 1096- 1099), per la conquista di Gerusalemme e per scacciare gli infedeli (Deus vult), ed è praticamente finito nello stesso modo con l’assalto alle Torri Gemelle (11 settembre 2001) per punire i non-fedeli di oggi.

All’interno un elenco infinito di eccidi e massacri, genocidi e distruzioni ancora incredibili nella loro gravità e nella proporzionale dimenticanza che hanno generato, per arrivare alla conquista del mondo.

Ma vi sono anche i tanti modi subdoli e alternativi alle guerre non guerreggiate per annientare gli altri, con le abiure e le persecuzioni, la cancellazione delle lingue e delle culture, le condanne e i roghi per eresia e stregoneria, i falò dei libri, la distruzione dei monumenti e la rimozione delle statue, la messa al bando dell’arte, e i tanti altri mezzi e strumenti per distruggere e cancellare un’identità, una conoscenza, un individuo, un popolo.

Un’orgia di delitti, una rappresentazione che sarebbe onirica se non fosse reale, e richiama non tanto il Nuovo Potere di orwelliana memoria (1984), con il Grande Fratello che esalta i soprusi con una rozza Neolingua, e neppure gli impressionanti falò della cultura di Bradbury con lo spietato Segugio Meccanico (Fahrenheit 451), ma ricorda soprattutto il mondo fantastico dei sabba orgiastici del Faust di Goethe, l’intero universo che il patto con il diavolo scoperchia, nel contrasto infinito tra lo spirito del male e la ricerca della salvezza della vita: si passa dall’Arcadia all’Ade, nei giorni della pace e nelle notti di tregenda, da una piccola stanza al cosmo, da un attimo del respiro al corso dei secoli, persino prima della storia.

Un giorno, un millennio, il mistero delle origini, tanti quadri che compongono il mosaico della esistenza.

4. La storia

Come si vede, la storia presenta i beni e i mali del mondo, indica i fatti accaduti, i moti che li hanno ispirati e le condotte che li hanno guidati, nello spazio e nel tempo. La storia è di per sé neutrale, registra e genera il patrimonio dell’umanità, fatto di vicende complesse e di consecuzioni non necessariamente cronologiche, non segmenti, ma anelli elicoidali che si intrecciano, come nella natura: vi sono le guerre e le rivoluzioni, ma anche i moti dell’animo e le sollevazioni dell’intelligenza che generano invenzioni e correnti di pensiero essenziali per la crescita dell’umanità, la certezza dei valori, l’acquisizione della libertà e dell’eguaglianza, il miglioramento collettivo, in sintesi la vita delle persone e del mondo.

Più difficili a trovare sono i mezzi per decifrare oggettivamente i fatti accaduti, permettendo a ciascuno (filosofo, storico, politico, giurista) di ristampare in 3D gli eventi, ricercare le connessioni, sviluppare le tendenze e le cause per possibilmente, imparare ad eliminarne gli effetti.

Con qualche approssimazione potremmo dire (se i meccanismi della persona si affinano attraverso l’esperienza, la coscienza e la conoscenza) che l’esperienza ha imposto le contese primitive per la sopravvivenza; la coscienza ha determinato le guerre di religione; la conoscenza ha generato tutte le altre forme di guerre e guerriglie per i vari interessi e vantaggi da conseguire. 

E dovremmo trarre la conclusione che la religione non è riuscita ad affrancare le coscienze dai primati temporali (ancora nel 1870 la Chiesa scomunica gli invasori di Porta Pia) e che la conoscenza è molto insufficiente o ambiguamente utilizzata se non riesce a evitare i contrasti e indurre a rispettare le ragioni degli altri, rendendo stabili e condivisibili i rapporti tra tutti.

La migliore conoscenza, dunque, è il primo obiettivo da conseguire.

5. Il diritto

Più forza ha il diritto. In tutti i tempi si sono formulate teorie sulla guerra e sono state date giustificazioni della stessa e della pace, con un numero infinito di saggi, che partono dalla contrapposizione tra il diritto naturale e il diritto positivo e indagano le ragioni della genesi dei conflitti e il loro possibile superamento, per diffondersi in particolare sulla rilevanza del diritto, sulle leggi che si sono formate, sulla libertà che si difende dalla auto- rità e ancora sulla nascita dello Stato e sulla formazione del contratto sociale.

Da Alberico Gentili a Grozio, a Hobbes, a Pufendorf, a Rousseau (tanto per richiamare alcuni nomi) si cerca di spiegare come si possa trasformare l’istinto in giustizia poiché “l’uomo è nato libero e dovunque è in catene”.

Il diritto e la sua forza, dunque, sono il meccanismo creato per garantire la solidità del consorzio umano, il mezzo per decifrare le scelte e agire di conseguenza, e sono anche la ragione della nascita delle Organizzazioni mondiali che offrono strumenti per regolare i rapporti tra gli Stati.

E se poi ancora la storia insegna che il patto delegato tra le Nazioni non basta per risolvere o scongiurare i conflitti, e i diritti vengono sempre inevitabilmente posposti agli interessi individuali dei prepotenti di turno, la strada è quella segnata: il diritto è sempre il mezzo per cercare di comporre i disagi del mondo, il diritto dei singoli e il diritto dei popoli, con l’Autorità delegata in grado di farli rispettare, senza necessità di passare alle distruzioni sul campo. Il massimo rispetto della legge e dei diritti fondamentali è ancora la campagna da promuovere e la metà da raggiungere per far emergere la giustizia che manca.

6. L’etica

Con la storia e il diritto  una terza componente a noi sembra essenziale per pretendere una migliore dignità per il mondo, ed è il rispetto degli altri, la scelta individuale da compiere, la regola da seguire, l’etica.

Qui non vi sono parole, ma solo principi da affermare, la difesa dei diritti coniugandosi con l’obbligo di rispettare i doveri. E poiché la legge è la pace percepita invocata da Kank, si osserva solo se vi è la volontà etica di farlo, questo richiamo è necessario per rafforzare una coscienza comune, per ritrovare il se stesso e l’altro nel rispetto reciproco, aggiungendo alla propria difesa anche la tutela degli altri.

In ogni contesto della vita, nello sport come nel lavoro, le regole da osservare (le regole deontologiche) non proteggono il soggetto che deve osservarle ma la persona a cui sono destinate e ha il diritto di pretenderne l’applicazione.

L’etica è dunque la regola del rispetto degli altri per assicurare la libertà di tutti.

7. Disastri ambientali e pandemie

Così sintetizzato “l’incivilimento” fino a oggi, con le connesse esigenze di educazione e formazione, il futuro presenta altri scenari inquietanti.

Accanto alle guerre più o meno dichiarate (la ferocia di sempre), l’umanità si scopre globalmente indifesa di fronte a due altri fenomeni ugualmente distruttivi e ingovernabili: le catastrofi naturali e le pandemie. Responsabili di entrambi essendo (in tutto o in parte) la natura umana, le catastrofi naturali sono quelle visibilmente presenti in ogni parte del mondo e quelle che prenotano disastri a più lungo termine per la non controllata alterazione dell’ambiente.

Per le pandemie, è grandemente istruttivo il libro di David Quammen (Senza respiro, Adelphi, 2022), cinquecento pagine di lotta a oltranza tra nemici sconosciuti “dentro di noi” e ammirevoli scienziati combattenti: è la storia dell’ultimo virus che ha contagiato 25,9 milioni di persone in Italia (con 6,5 milioni di morti nel mondo), ma anche la storia del passato e del presumibile futuro, con virus letali che si fortificano attraverso evoluzioni e varianti, mutazioni e scambi di porzioni di geni da un genoma virale a un altro, o con batteri, la cui proliferazione potrebbe essere anche più catastrofica.

La scienza è formidabile, ha scoperto un vaccino in tempi brevissimi e risponde adeguatamente intercettando, modificando e bloccando la stampante dei virus all’interno delle cellule, fino a quando altri animali selvatici, con scorte di nuovi prodotti letali, imporranno alla scienza di trovare altre sequenze, catene, informazioni, basi, messaggi, bersagli, candidati alle sperimentazioni, malati da guarire, con tutte le necessarie interferenze sulla struttura delle cellule.

Qualcuno ha ipotizzato che il virus ultimo sia fuoriuscito da un laboratorio umano (la maggioranza degli scienziati lo esclude), e qualcuno ha ipotizzato che nel vaccino potrebbe essere inserito un microchip in grado di modificare le prospettive.

Siamo nella pura fantascienza, eppure non vi è da stupirsi se nel futuro l’intelligenza artificiale comparisse per aiutare forme sofisticate di intromissioni nelle funzioni cerebrali del nostro organismo.

Verso il bene o verso il male? Nessuno può dirlo.

Ma di fronte a questi scenari che coinvolgono l’esistenza del pianeta, le distruzioni volontariamente e gratuitamente compiute da uomini armati contro altre persone, attraverso le guerre, diventano intollerabili e impongono rimedi immediati, con l’eliminazione di ogni violenza collettiva o individuale e la pronta ricostruzione di ogni rapporto.

Si può farlo solo con la pace, ma senza equivoci, una pace che deve essere invocata da tutti e imposta da tutti, non per legittimare il sopruso ma per ricostruire le condizioni iniziali e garantire il diritto e la stabilità di ogni aggredito.

8. Le risposte da dare

Non resta che tornare alla storia, al diritto e all’etica, i tre prodotti della nostra vicenda terrena, che attendono di essere ancora più difesi e propagandati per realizzare la giustizia del mondo. Molto pragmaticamente, dovremmo recuperare l’essenza dell’animo umano, il senso latente del giusto (Calvino), il messaggio di Antigone, i precetti romani, il decalogo cristiano, il cielo stellato, e temperare la maestà della legge con l’etica: una somma di valori che coinvolge l’impegno di tutti per ridurre le negatività, rispettare i doveri e le regole, il diritto degli altri.

Mentre la guerra infuria e la tristezza invade l’animo, l’orizzonte sfuma i colori, il mondo digitale incalza e la vita attende le nostre risposte.


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