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Con Walking ON è iniziato un percorso che, intersecando i temi della transizione energetica ed ecologica dell’Agenda ONU 2030 e del Green Deal, prova ad affrontare anche la transizione professionale dell’avvocatura di oggi mettendosi concretamente in cammino per esplorare nuovi spazi professionali.
Su iniziativa di Avvocatura2030, a fine settembre 2023 sulla via Fabaria, francigena siciliana, hanno camminato insieme quattro avvocati, una designer, una futurista, un antropologo dell’ambiente, una insegnante, un nutrizionista, attivisti e imprenditori locali dediti all’agricoltura biologica: ne è nata un’esperienza di innovazione professionale che oggi offre alla comunità locale la possibilità di nuove pratiche trasformative e agli avvocati coinvolti l’occasione per ridefinire il proprio ruolo sociale, acquisire nuove competenze e dare una forma professionale all’impegno per lo sviluppo sostenibile.
1. Sviluppo sostenibile e Avvocatura
“Il limite è la relazione,
ma è la relazione che rende possibile l’inedito”
(M. Ceruti)
Nel ripercorrere a ritroso l’origine dell’inedita esperienza di Walking ON, di relazioni se ne possono individuare molte: innanzitutto quella fra i tre Consigli dell’Ordine degli Avvocati di Gela1, di Sciacca e di Marsala che - nel raccogliere l’opportunità di finanziamento offerta da Cassa Forense per lo sviluppo economico dell’avvocatura, sensibilizzandola nel contempo ad un impegno sui temi dello sviluppo sostenibile 2 - hanno saputo fare rete fra loro, promuovendo per le avvocate e gli avvocati dei Fori della costa siciliana un percorso di alfabetizzazione capillare sull’Agenda ONU per l’avvio di pratiche trasformative nelle comunità locali.
Tale percorso di alfabetizzazione è stato poi fonte di nuove relazioni: in primis fra i partecipanti al network di professionisti, ma, su di un diverso livello istituzionale, anche con l’Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati, presieduta da Alessandra Stella che, interessata all’approccio trans-disciplinare della proposta, ne ha diffuso e disseminato gli esiti in occasione dell’assemblea di maggio 2022, aprendo così nuove contaminazioni con una direttiva di sviluppo, in questo caso, sud-nord.
Si tratta di una relazione non casuale ma cercata fin dall’inizio nella convinzione che la vera innovazione nasce in periferia. E per una volta lo spazio vuoto, la scarsità di opportunità per cui spesso il sud del nostro paese registra spaventosi record può diventare una leva strategica e in una visione capovolta - come quella proposta dalla redazione di Italia che cambia3, media partner di Walking ON - è proprio negli spazi
vuoti che le cose nuove possono realmente accadere.
Terminato il lavoro in aula e presentati a Cassa Forense gli esiti del percorso, sono state le relazioni personali strette fra alcuni avvocati e la loro determinazione a mettersi alla prova con nuovi strumenti professionali che hanno fatto nascere quella comunità di pratica interdisciplinare e orientata al problem setting, prima ancora che al problem solving, e che ha avuto il coraggio di proporsi come agente di cambiamento.
Ci è stato subito chiaro che non si innova a tavolino e che troppo spesso, nell’immaginario contemporaneo, l’innovazione appare legata alla disruption, alla trasformazione digitale, alla sostituzione di qualcosa con qualcosa d’altro, che siano strumenti, processi, linguaggi, metodi, approcci, ambiti di azione.
Invece non è cambiando solo gli elementi che si ha innovazione. L’ipotesi che abbiamo accolto è stata quella che l’innovazione sia anzitutto trasformare le relazioni tra gli elementi del sistema.
La nostra domanda, allora, è diventata: come la relazione fra avvocatura, per il suo ruolo sociale, e i temi dello sviluppo sostenibile può innovarne la professione? Quali nuovi elementi, praticando la sostenibilità nella dimensione economica, sociale e ambientale, si inseriscono nell’ecosistema dell’avvocatura? O meglio, quali nuove relazioni si possono istituire e come queste possono riconfigurare il suo ruolo sociale?
Indubbiamente, i primi ambiti operativi che possono aprirsi per la professione forense rispetto alle relazioni con i temi dello sviluppo sostenibile sono già chiari e sempre più frequentemente ordini e associazioni affrontano, anche con altre categorie professionali, i temi giuridici sottesi agli SDGs (i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile), sebbene siano forse gli ESG 4 ad aver assunto maggior spazio nel dibattito: si pensi all’attività di consulenza per organizzazioni e imprese nella redazione di bilanci di sostenibilità.
Tuttavia con il procedere del confronto all’interno della neo-nata comunità di pratica - che abbiamo chiamato Avvocatura2030 - ci siamo convinti che quel tipo di attività professionale è forse la più integrabile, che amplia, ma che forse non cambia la struttura del sistema professionale forense.
La domanda è se ci siano altri aspetti, altri spazi, altri luoghi nei quali la sostenibilità può diventare una leva trasformativa e spingere il sistema (della professione forense) verso una configurazione più complessa, più ibrida e anche più capace di permeare ambiti diversi incidendo generativamente nella società.
In un anno di incontri settimanali, ma soprattutto nelle giornate di Walking ON sono emersi almeno tre distinti livelli in cui è possibile ritagliare per l’avvocatura nuovi spazi professionali:
- quello del servizio professionale nella fase della stesura, o meglio della co-costruzione di accordi, statuti e regolamenti, a patto che si sia in grado di partire dai principi di azione condivisi attraverso i quali il gruppo intende agire, sapendo gestire in modo creativo l’inevitabile conflitto, che deve nascere proprio per rendere quel patto veramente generativo;
- quello della mediazione fra organizzazioni e istituzioni, facilitando il confronto e componendo la distanza che spesso separa chi agisce all’interno di un processo trasformativo e chi svolge il ruolo di garante del procedimento5, con prospettive temporali e di azione profondamente distanti;
- infine, il tema dei conflitti ambientali che oggi impone a tutti noi di prenderne atto e che, da avvocati, ci riporta sul piano della giustizia ambientale: comprendere come poter stare dentro, come diventare capaci di stare nei contrasti facendone leve di valore, possa essere il contributo dell’avvocatura 6 alla costruzione di prese di posizione su rinnovate basi etiche o distributive.
E così, nel chiederci “cosa della professione dell’avvocato può contribuire a fare sistema”, abbiamo individuato innanzitutto un campo d’azione, un’ipotesi di lavoro e la scelta è caduta sulla costituzione di una CER come oggetto di confine per la doppia missione che la normativa le ha affidato: contribuire alla transizione energetica e nel contempo generare benefici economici e sociali per la comunità interessata.
Poi abbiamo cercato e creato nuove relazioni, in particolare trovando degli ideali compagni di viaggio nei volontari del CEA - centro di educazione ambientale di Niscemi - che curano la riserva naturale Geloi Wetland7. Qui opera anche l’azienda agricola Cicogna BIO, fondata sui principi dell’agro-ecologia per integrare le migliori pratiche agricole a garanzia della biodiversità.
È poi arrivato un logo in cui potersi riconoscere 8, grazie, ancora una volta, ad una relazione: un impronta (verde) ben definita, perché, come scrive Tim Ingold, “il camminatore trae un racconto dalle impronte nel terreno. Più narratore che topografo, il suo scopo è (…) collocare ogni impronta in relazione agli avvenimenti che le hanno aperto la via, attualmente la condividono e la seguono. In questo senso la sua conoscenza è aperta ed esplorativa” 9 .
“Camminare è un modo di pensare e sapere, un’attività che si svolge sia attraverso il cuore e la mente sia attraverso i piedi” 10. Come il ballerino, il camminatore pensa in movimento. E infine ci siamo messi in cammino anche noi, sulla via Fabaria 11.
È da questa angolazione che assume un significato ulteriore l’ambiente dove si è svolto il nostro cammino: un territorio che è un “attraversare contrasti”, dove alla ricchezza della biodiversità di piccole riserve si contrappongono le testimonianze di una industrializzazione accelerata e di squilibri sociali e ambientali.
2. Un metodo emergente, un progetto emergente
“viandante, sono le tue impronte
il cammino e nulla più viandante,
il cammino si fa camminando”
(A. Machado)
Questi versi del poeta portoghese Antonio Machado - citati nella prime pagine del primo libro del Metodo di E. Morin - offrono una sintesi del nostro punto di partenza: in un sistema complesso non solo le soluzioni, ma anche il metodo è emergente.
Significa che non si disegnano a priori un obiettivo S.M.A.R.T. 12 da raggiungere e un piano rigido d’azione, ma si definisce una direzione, un effetto da generare (progettare è sempre progettare effetti, non servizi, non prodotti, non modelli) e, ispirandosi ad alcuni principi - per noi quelli del pensiero sistemico e della complessità - si attiva un processo che si fa immergendosi in una situazione, ascoltando e osservando il contesto, le sue dinamiche, le nostre interazioni e ciò che producono. Si cercano le brecce e gli appigli per agire, si valuta ciò che si incontra e si produce rispetto alla direzione data, si rimodulano le azioni da mettere in campo, tracciando attraverso una continua riflessione la strada percorsa e sul disegno che ne emerge ipotizzare i prossimi passi.
In Walking ON questa metafora poetica del metodo come cammino che si traccia nell’andare è diventata un fatto.
Anzi, un atto.
Il compito che ci siamo dati alla partenza è stato provare a descrivere ciò che avremmo incontrato interrogando silenziosamente il territorio e i suoi abitanti, umani e non umani.
Non ci siamo dati una griglia a priori per costruire le descrizioni, solo due indicazioni per guidarla: avremmo provato ad attivare le quattro intelligenze eco-sistemiche13 - emotiva, sociale, percettiva e co-evolutiva - e avremmo provato a trattare quanto ci sarebbe venuto incontro non come un fornitore di informazione, ma come un co-costruttore di informazione.
Non sapevamo la forma di ciò che avremmo voluto realizzare: partivamo dall’ipotesi di dare vita ad una Comunità Energetica Rinnovabile, ma era solo un’ipotesi di lavoro, un’ispirazione, che avrebbe potuto diventare altro.
La forma più utile ce l’avrebbe suggerita la connessione tra gli elementi che avremmo incontrato nel nostro attraversare un ambiente e solo alla fine del cammino avremmo (forse) trovato il disegno del nostro progetto, emerso dai nostri passi come la cicogna del racconto di Karen Blixen, tracciata dalla corsa di un uomo che nella notte insegue un rumore sospetto.
Sapevamo però che questa forma avrebbe dovuto produrre due effetti:
- un modo (innovativo, forse) di pensare l’avvocato
- un modo di fare comunità.
Tra i due avrebbe dovuto esserci una circolarità: come deve trasformarsi l’avvocato per favorire, supportare, tutelare una certa forma di comunità? Di cosa avrebbe avuto bisogno quella comunità per generarsi, svilupparsi, tutelarsi per cui avrebbe avuto bisogno dello sguardo e dell’agire di un avvocato?
Con questi presupposti, attraversare il territorio è stata un’esplorazione, un farsi paesaggio per scoprire delle tracce e raccogliere degli indizi di domande, problemi, sfide, risorse, risposte, possibili soluzioni. Abbiamo faticato, riso, chiacchierato, degustato, riflettuto insieme.
Ciascuno a modo proprio ha vissuto l’esperienza del cammino e della presenza, annotando le proprie riflessioni: su un taccuino, attraverso delle fotografie o anche semplicemente prestando attenzione e conservando nella memoria o condividendo e raccontando i suoi pensieri ed osservazioni.
Approfittando delle pause nel cammino, anche attraverso briciole di pensiero sistemico, ci siamo spesso scambiati domande e riflessioni, sguardi e punti di vista, cercato insieme ispirazione in pillole di principi di complessità, di metodi e tecniche utili per ampliare gli sguardi.
Ci siamo sentiti parte di un sistema, lo abbiamo sentito nei suoi contrasti, nella sua energia, in ciò che aveva da dirci, da chiederci e da donarci e abbiamo partecipato alla sua vita.
Al termine del cammino, ospiti della biblioteca di Niscemi, abbiamo cercato delle convergenze nelle ricchezza delle nostre descrizioni, componendo su un grande foglio di carta da pacco messo a terra una mappa della visione del gruppo.
Semplificando, ecco cosa è emerso rispetto alla comunità:
- il legame con la natura, che è una potenziale alleanza e che induce a pensare al sistema di riferimento come una “comunità più che umana”;
- i contrasti di un territorio: “simbolo dell’antropocene” e che racconta usurpazione e desolazione, ma ricco di bio-diversità, di paesaggi, di storia e di tradizioni, di desiderio di rinascita e coraggio di fare accadere cose;
- le energie presenti e le sinergie potenziali: ci sono scintille e piccole comunità, sperimentazioni - a volte riuscite a volte meno - di “isolamenti felici”, che se messe a sistema possono trovare nelle interazioni le une con le altre nuove forze di sviluppo, abbattendo in parte forse lo sforzo necessario e amplificando il proprio potenziale generativo e trasformativo.
Rispetto alla professione dell’avvocato, invece, sono emersi:
- il bisogno di tutelare la sostenibilità a livello micro, affiancando il quotidiano del cliente in una logica di prevenzione;
- la necessità di ampliare la propria conoscenza uscendo dai confini della professione per ragionare di sostenibilità in modo interdisciplinare e cercando spazi meno immediati di intervento (non solo redigendo bilancio di sostenibilità, ma contribuendo allo sviluppo di una coscienza ecologica);
- l’opportunità di trasmettere consapevolezza dell’importanza del ruolo delle regole nella costituzione di una comunità o più in generale di una organizzazione. Concepirle non soltanto come riferimento per stabilire confini dell’agire e offrire riferimenti per redimere eventuali conflitti, ma comprenderne il ruolo sistemico di strumento per la generazione di organizzazioni;
- uscire dalla solitudine ed entrare in un sistema di professionisti con i quali interagire non solo come fornitori di servizi, ma come co-creatori di sistemi.
Da queste osservazioni è nato un programma di lavoro che abbiamo chiamato “Comunità di energie” con il quale proveremo a creare un portfolio di progetti già esistenti organizzato in un ecosistema – nello schizzo la prima mappa abbozzata all’aeroporto durante il viaggio di ritorno – nel quale si istituiscano e/o si rafforzino le relazioni tra le diverse progettualità, riconfigurandole in modo da trasformale gli attori che vi sono impegnati (persone e organizzazioni) in una “comunità più che umana” connessa da uno stesso principio evolutivo: rei-stituire la relazione tra uomo e natura in modo che possano collaborare al reciproco sviluppo.
L’idea della Comunità Energetica Rinnovabile non scompare, ma diventa uno degli ambiti progettuali, il meno urgente: come si è detto, la CER era un’ipotesi di lavoro, una cerniera tra i due livelli progettuali: avvocatura e comunità. Ma come per Picasso, un’idea, sulla tela, spesso diventa qualcosa di altro.
Non è una CER lo spazio emerso per la sperimentazione, ma progetti già esistenti nel territorio da connettere in un sistema e da sviluppare stimolando l’avvocato a pensarsi anche come facilitatore di processi: immaginare dei servizi che contribuiscano a promuovere a livello locale e micro il diritto ambientale e contribuire a fare emergere le regole che permettano di far vedere la forma della nuova organizzazione eco-sistemica. Gli altri soggetti, continueranno nelle loro attività, ma che si cercherà di ricondurre dentro una cornice comune.
La speranza è che possano trovare nelle interconnessioni che si proveranno ad istituire e nei servizi che verranno offerti loro nuove sinergie e modi di lavorare che facciano emergere nuove qualità e opportunità e accendano nuove energie che da soli non potrebbero attivare.
Ne è emersa una visione ambiziosa che non è un piano di lavoro, ma una sorta di vettore a cui tendere che rappresenta anzitutto una visione, dei principi, il perimetro di una tensione creativa dentro al quale iniziare la vera progettazione della professione che deve fare tutt’uno con la sperimentazione di nuovi processi da attivare dentro la comunità.
Testimonianze di:
Rosario Giordano - avvocato e consigliere del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Gela
Il primo giorno di cammino inizia per me nel borgo marinaro di Manfria. Raggiungo gli altri che erano partiti il giorno prima. Li precedo e mi appare subito la spiaggia silenziosa e deserta, il cielo terso, la brezza del mare diffusa nell’aria come una nebbia avvolgente.
L’occhio si perde all’orizzonte dove il mare si confonde con il cielo. Raggiungo gli altri e ci incamminiamo lungo la spiaggia: i passi affondano sulla sabbia.
Ci presentiamo: le nostre parole si confondono con gli sguardi. La spiaggia è una radura infinita e deserta. Non l’avevo mai notata così: silenziosa e misteriosa.
Piccole presenze affiorano dalla sabbia: granchi che disegnano infinite coreografie, cui fanno sponda le onde del mare.
Sembrerebbe tutto un ambiente in equilibrio perfetto dove l’uomo è solo una presenza spuria. Il nostro cammino si inerpica su una collina, lasciamo la spiaggia per addentraci su un sentiero angusto che ci porta a Montelungo.
Qui la vista è mozzafiato: da un lato si apre a strapiombo sulla costa e dall’altro ci si addentra nella città. Arriviamo a Gela. Si appalesa subito una sensazione di netto contrasto con il silenzio e lo sciabordio armonico delle onde. La strada si apre alle macchine ed al cemento. La prospettiva dell’infinito cielo-mare si chiude nell’angusta giungla dell’urbanizzazione.
Il secondo giorno ci addentriamo nella piana di Gela, lasciando alle spalle l’ambiente urbano ed attraversando il terreno brullo ed a tratti arso da piccoli focolari.
Il paesaggio ha il colore della sabbia del mare, ma è una distesa di terra e frumento interrotta da piccoli casolari spogli e sgarrupati. Accanto ai cumuli di frumento si stagliano piccole chiazze di piante spontanee, alberi e frutti ed anche piccoli segnali dalla preistoria. In pochi metri si stratificano e si accavallano secoli di storia.
Sembrerebbe tutto disordinato, eppure questo caos ha un suo ordine dove l’uomo risulta una presenza marginale, perché la natura con prepotenza si riprende quello che è stato un tempo coltivato ed antropizzato.
Gli antichi basolati di una regia trazzera ci conducono a Niscemi. Saliamo lungo una collina. Una salita lunga e ripida. La percorro con fatica ed il sudore avvolge tutto il corpo come un bagno purificatore. Sono di nuovo solo. Il silenzio accompagna il mio cammino. L’aria si raffredda e salgo all’apice. Mi giro e scorgo la piana dall’alto. Come in un sogno catartico ora il paesaggio assume una dimensione rarefatta e sento di essere an- che io parte del tutto.
Il cammino è giunto al termine e nella moltitudine delle storie e delle parole che ci siamo raccontati sento di avere attraversato mondi diversi. In questo passaggio istantaneo la Natura ci ha già dimenticato, come piccole schegge di luce perse nel cielo, come quei fossili preistorici derelitti nel terreno, anche i nostri passi sono stati cancellati.
Dario Segreto - avvocato del foro di Sciacca
Per me, da avvocato, Walking ON è stato un esercizio di sussunzione. Cosa significa sussumere nel diritto? Nel linguaggio giuridico la sussunzione consente di riportare una determinata fattispecie nel caso generale previsto dalla norma. Questo processo lo abbiamo fatto da Avvocati, formati con le nostre hard skills, ma anche con le soft skills necessarie per praticare la sostenibilità.
E così, anziché partire dal risultato (la costituzione di una CER nella piana di Gela) abbiamo cercato di analizzare gli inputs e le activities necessari per arrivare all’outco- me.
Proprio perché, da uno studio realizzato dal nostro gruppo di lavoro, Avvocatura2030, era emersa la necessità di creare una comunità, ancor prima che una Comunità energetica rinnovabile.
La transizione energetica non può trovare pieno sviluppo e corretta applicazione se non nella triplice dimensione, economica, sociale ed ambientale. Ed allora abbiamo mappato le criticità e i punti di forza del territorio, ma anche all’interno delle relazioni tra i vari soggetti e tra le organizzazioni socio-economiche presenti.
Analizzando il territorio abbiamo avuto modo di analizzare noi stessi. Perché affrontando sentieri impervi, camminando sulla sabbia pesante, ci siamo totalmente allontanati dagli impegni e dalle preoccupazioni che ognuno di noi affronta nella vita quotidiana. Sotto questo punto di vista è stata un’esperienza sensoriale, ai limiti del catartico.
E l’impatto che Walking ON ha avuto dentro di noi, lo abbiamo potuto misurare, quando siamo tornati dentro i nostri uffici e ci siamo riseduti ognuno dietro alla propria scrivania. E’ stato come vivere un jet lag.
Perché per quattro giorni siamo stati noi una piccola comunità. Ci siamo preoccupati e caricati materialmente sulle spalle lo zaino di un nostro compagno di viaggio che, a un certo punto, ha accusato delle difficoltà alle articolazioni.
E da lì abbiamo potuto capire quanto è necessario non tanto mettere insieme più persone, bensì lavorare tanto sul senso di comunità, prima di immaginare di ottenere un risparmio in bolletta.
Alessandro Lutri - professore associato di discipline demo-etno-antropologiche Università degli Studi di Catania
Io e Giorgia abbiamo partecipato a Walking ON, dalla riserva protetta di Geloi Wetland sino a Niscemi, per fare un’esperienza allo stesso tempo sociale e ambientale.
Nel primo caso unendoci a altri camminatori; nel secondo per fare con i nostri piedi e i nostri sensi un’esperienza lenta del paesaggio rurale della piana di Gela, che precedentemente avevamo conosciuto in maniera frammentaria.
Fare questa parte del cammino insieme agli avvocati, ai volontari e alle due professioniste Carla e Silvia ci ha fatto fare esperienza anche delle fratture ambientali che segnano questo paesaggio, che vede i giovani attivisti di Geloi Wetland impegnati a riconnetterle e a fare rinascere la vivibilità più-che-umana.
Ci disponiamo in attesa di percorrere insieme a altri viandanti un nuovo cammino, sottraendoci alla tirannia del presente e guardando al futuro… Perché, come dice Tim Ingold 14, “il camminatore avanza sul terreno, sperimentandone il saliscendi nell’alter- nanza di orizzonti vicini e lontani, e nei gradi maggiori o minori dello sforzo muscolare, per opporsi alla forza di gravità e poi arrendersi a essa” (pag. 66).
“Per il camminatore, il movimento non è accessorio alla conoscenza, né è semplicemente un mezzo per spostarsi da un punto all’altro allo scopo di raccogliere i dati grezzi della sensazione per la successiva moderazione nella mente. Piuttosto, muoversi è sapere. Colui che cammina acquisisce la conoscenza nell’avanzare. (...)
La differenza, se vogliamo, non è quanto si conosce, ma quanto bene si conosce” (pag. 76).
Hanno camminato e ragionato insieme:
Silvia Bona, Carla Broccardo, Maurizio Cilio, Francesco Cirrone, Marco Crescimone, Giorgia Dieli, Rosario Giordano, Alessandro Lutri, Fabio Massa, Federica Maganuco, Alfonso Parisi, Francesca Scicolone, Paolo Scicolone, Dario Segreto, Francesco Spinello, Domenico Vernagallo, Manuel Zafarana.
Letture di ispirazione
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Commissione europea, Centro comune di ricerca, GreenComp, Quadro europeo delle competenze in materia di sostenibilità, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 2022, https://data.europa.eu/ doi/10.2760/172626
Euricse, 2023, Le comunità energetiche rinnovabili in Italia. Dalla teoria alle pratiche, Euricse Research Reports, n. 32/2023. Autori: J. Sforzi, C. De Benedictsis, N. Magnani, L. Sapochetti, I Tani, Trento, Euricse ht-tps://euricse.eu/it/publications/le-comunita-energeti- che-rinnovabili-in-italia-dalla-teoria-alle-pratiche/
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Morin Edgard, 2023, L’avventura del metodo. Come la vita ha nutrito l’opera, Milano, Raffaello Cortina Editore
Pascuzzi Giovanni, 2019, Giuristi si diventa. Come riconoscere e apprendere le abilità proprie delle professioni legali. Bologna, Il Mulino
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