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Il sistema di ADR alla luce della Riforma Cartabia: una occasione mancata o una nuova opportunità?

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Giampaolo Di Marco

Con legge delega del 26 novembre 2021, n. 206, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 dicembre 2021, n. 292, rubricata «Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», che contiene anche alcuni principi a cui il Governo si è dovuto attenere nella riforma che riguarda il processo civile e gli strumenti di risoluzione alternativa delle liti, l’atteso decreto delegato n. 149/2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 17 ottobre 2022 rappresenta l’occasione per trarre qualche considerazione di commento a prima lettura delle modifiche in tema di comparto adr e, nello specifico, di mediazione, negoziazione assistita, la cui entrata in vigore effettiva, in virtù della disciplina transitoria prevista dal decreto, è differita al 30 giugno 2023.

Le linee guida degli interventi operati hanno riguardato la disciplina della mediazione e della negoziazione assistita quali strumenti adr utilizzati nell’ambito del meccanismo della condizione di procedibilità della domanda giudiziale in funzione deflattiva del contenzioso.

Da un primo esame del fitto articolato normativo predisposto dal decreto delegato, emerge come la funzione di complementarietà propria delle adr rispetto al sistema di accesso alla giustizia “ordinaria” non sia stata pienamente valorizzata.

Le adr negoziali e, in prima battuta, la mediazione, sono strumenti che vengono visti più come una possibile valvola di sfogo con funzione deflattiva del contenzioso giudiziale che come una reale forma di accesso alla risoluzione consensuale del conflitto insorto tra le parti.

E difatti, il Legislatore ha inteso agire nella direzione volta a favorire il deflusso delle controversie, già pendenti o da incardinare, verso il canale degli organismi di mediazione, adottando un sistema di incentivi per spingere le parti non solo ad attivare ma anche a coltivare la mediazione e declinando meglio alcuni momenti di interazione tra processo e mediazione per il caso di fallimento della stessa.

Da notare come il primo ambito di intervento in tema di adr, subito in apertura della legge delega, ha riguardato la previsione di una vasta serie di incentivi fiscali, aventi il precipuo scopo di rendere più appetibile la mediazione.

L’art. 7 del d.lgs. n. 149/2022 ha inciso la disciplina di cui agli artt. 17 e 20 del decreto n. 28/2010. La ratio dell’intervento operato per il tramite della Ri- forma è quella di riordinare e semplificare la disciplina degli incentivi fiscali relativi alle procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie.

Il primo intervento fiscale in tema di mediazione è rappresentato dall’esenzione di tutti gli atti, documenti e provvedimenti adottati e redatti nel corso della mediazione da tasse, imposta di bollo e spese, mentre il verbale contenente l’accordo di mediazione è esente invece dal pagamento dell’imposta di registro nel limite di valore di € 100.000,00 altrimenti la stessa è dovuta per la parte eccedente tale importo.

Altro incentivo fiscale previsto consiste in un credito di imposta che viene riconosciuto se le parti raggiungono un accordo, il quale è commisurato all’indennità dovuta all’organismo di mediazione per avviare la procedura, fino all’importo di € 600,00.

Si prevede, inoltre, che nei casi in cui la mediazione è condizione di procedibilità della domanda e quando viene demandata dal giudice è riconosciuto anche un credito di imposta commisurato al compenso corrisposto al proprio avvocato per l’assistenza in mediazione, nei limiti sanciti dai parametri forensi e nel limite sempre di € 600,00.

Ulteriore credito di imposta, commisurato questa volta al contributo unificato versato dalla parte, è previsto se il procedimento giudiziario si estingue dopo che è intervenuto l’accordo di conciliazione, sino ad un tetto massimo di € 518,00.

Non pare, tuttavia, che tale intervento rechi con sé quella capacità attrattiva dell’istituto in parola sì tale da operare un forte impatto in un’ottica deflattiva dal carattere reale e concreto.

Con riferimento, poi, all’istituto della negoziazione assistita, si deve rilevare come ad oggi è possibile godere solo di un limitato credito d’imposta di € 250,00 per il compenso corrisposto agli avvocati per l’assistenza prestata, facendosi fatica a comprendere il motivo per il quale gli accordi derivanti da negoziazione assistita non possano giovarsi di un’esenzione parziale dall’imposta di registro, come accade per i verbali di conciliazione in sede di mediazione.

Appare evidente come l’esiguità dell’ammontare del credito di imposta e la mancata previsione, pur anche parziale, dell’esenzione dall’imposta di registro, rappresentino l’ennesima occasione mancata, da parte del Legislatore, di introdurre ulteriori incentivi atti a “smuovere” l’istituto della negoziazione assistita dal momento che nella prassi non sono infrequenti i procedimenti di negoziazione fatti fallire, per poi ricorrere ad una più tradizionale e riservata transazione.

La novella legislativa, sotto altro versante, opera un ampliamento delle ipotesi di mediazione obbligatoria. Ed invero, viene modificato l’art. 5, comma 1 bis del d.lgs. n. 28/2010, prevedendosi che la mediazione obbligatoria viene estesa alla materia dei contratti di partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di subfornitura.

Evidente come l’obiettivo del legislatore sia quello di garantire l’effettivo svolgimento del procedimento di mediazione, il quale viene allargato ad altre materie mantenendo allo stesso tempo la previsione della presenza della condizione di procedibilità della domanda giudiziale ai sensi dell’art. 5, comma 1 bis, del decreto n. 28.

Il regime di funzionamento di cui alla condizione di procedibilità, anche nel decreto delegato, rimane comunque sempre quello a oggi previsto dall’art. 5, comma 1 bis, del decreto n. 28, con la necessità per le parti di essere assistite dal difensore, rilevandosi, poi, che la condizione si considera assolta se il primo incontro davanti al mediatore si conclude senza l’accordo.

La Riforma Cartabia coglie l’occasione per chiarire che per primo incontro si intende non l’incontro informativo, in cui le parti devono dichiarare se intendono aderire ed entrare effettivamente in mediazione, bensì il primo incontro di mediazione effettiva.

Tale modifica è da salutare con favore in quanto volta a valorizzare effettivamente le forme di giustizia consensuale alternative alla giurisdizione. Ciò che non appariva essere pensabile, infatti, era l’i- dea che, per adempiere alla condizione di procedibilità, fosse sufficiente il deposito della domanda di media- zione cui far seguire un verbale di mancata adesione in sede di primo incontro.

La giurisprudenza della Suprema Corte si è espressa più volte sul punto osservando come fosse integrata la condizione di procedibilità solo se le parti avevano realmente provato a mediare.

La Riforma, inoltre, conferma che lo svolgimento del procedimento di mediazione non preclude la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la tra- scrizione della domanda giudiziale e che la mancata assistenza del difensore non comporta la nullità dell’accordo amichevole eventualmente raggiunto. Novità riguardano anche la mediazione demandata.

Ed infatti, all’art. 5 quater si rende l’istituto utilizzabile anche “in ogni circostanza”, aprendo dunque ad un rinvio in mediazione per scelta del giudice più esteso che in passato.

Va osservato, inoltre, che la Riforma non prende espressa posizione su quella che è una questione di fondo ossia che seppur simili, la mediazione delegata e quella demandata assumono caratteri in parte diversi. La mediazione delegata dal giudice diventa, infatti, condizione di procedibilità della domanda giudiziale per espressa scelta del giudicante e ciò anche nei casi in cui la controversia non verta affatto in alcuna delle materie per le quali essa è prevista come obbligatoria.

Anzi, è possibile che, per questa via, la condizione di procedibilità della domanda sia imposta per scelta del giudice anche in secondo grado, con la peculiarità di pervenire ad una forma di giurisdizione condizionata anche allorché la domanda in origine non prevedesse affatto il meccanismo dell’utilizzo dell’istituto della mediazione.

La voluntas legis è, dunque, quella di avviare ad una composizione negoziale ogni procedimento che per natura, rapporti tra le parti ed esito della fase istruttoria, ed ora anche “in ogni altra circostanza”, si presti ad una possibile soluzione conciliativa secondo la valutazione del giudice.

In tale ottica, si osserva che la mediazione delegata è una specie particolare di mediazione “obbligatoria”, la quale può essere qualificata come sui generis rispetto a quella prevista per determinate materie.

Ciò che va rimarcato, infatti, è che la mediazione obbligatoria si basa su di un diverso requisito ossia su una valutazione dal carattere astratto circa l’opportunità della mediazione stessa, la quale viene individuata dal Legislatore esclusivamente in ragione delle qualità generali della tipologia di contenzioso e non in base alle caratteristiche della controversia concreta come nella mediazione demandata.

L’ambito di operatività delle due tipologie di mediazione è quindi fondamentalmente diverso e, se di complementarità tra adr negoziali e processo si voleva discorrere, nel senso di progressiva integrazione tra i due modelli di risoluzione delle controversie, è forse proprio sulla mediazione demandata dal giudice che si sarebbe dovuto insistere.

Altra tematica di intervento da parte del Legislatore della Riforma è quella relativa alla partecipazione per- sonale delle parti in mediazione.

La Riforma, nell’ottica di riordinare le disposizioni concernenti lo svolgimento della procedura di mediazione, interviene nel senso di favorire la partecipazione personale delle parti e regolando le conseguenze della mancata partecipazione delle stesse.

Modificando la norma di cui all’art. 8 del decreto n. 28, si precisa che le parti partecipano personalmente al procedimento di mediazione, fatta salva la ricorrenza di giustificati motivi che le impediscano di comparire.

La tematica della partecipazione delle parti personalmente al procedimento di mediazione è di fondamentale importanza in quanto l’istituto si muove in una direzione diversa da quella del procedimento civile in cui le parti personalmente compaiono molto di rado.

Al fine di valorizzare la partecipazione personale delle parti, certamente positiva è la decisione di stabilire una limitazione alla possibilità di delegare agli incontri soggetti diversi dalle parti al solo caso di impossibilità di partecipazione per giustificati motivi e di prevedere che il soggetto delegato dovrà essere a conoscenza dei fatti e degli interessi della parte e dotato degli opportuni poteri per “transigere”.

Tale intervento normativo è volto a sancire, a chiare lettere, ciò che in dottrina ed in giurisprudenza rappresentava una questione contro- versa e assai dibattuta.

La quasi unanime giurisprudenza di merito riteneva ne- cessaria ed inderogabile la presenza personale della parte all’atto dello svolgimento del procedimento di mediazione, mentre, un opposto orientamento affermava come nessuna disposizione di legge in tema di mediazione prevedesse una deroga alla generale possibilità di conferire mandato con rappresentanza ad altro soggetto.

Sul punto è intervenuta la giurisprudenza della Suprema Corte, la quale ha stabilito che sancire la necessità della comparizione personale della parte non comporta che si tratti di attività non delegabile. Non si esclude, poi, che la delega possa essere conferita al proprio difensore.

Deve quindi ritenersi che la parte che intende agire, la quale non possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta e quindi anche dal suo difensore o da altra persona a ciò delegata e la parte, a tal fine, dovrà conferire tale potere mediante una procura notarile avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto.

Per quanto riguarda la nuova disciplina sulla formazione dei mediatori e sulla valutazione degli organismi, il decreto delegato interviene anche sulla disciplina di cui all’art. 16 del Decreto n. 28, operando una riforma della disciplina inerente alla formazione e l’aggiornamento dei mediatori, aumentando la durata della formazione e prevedendo nuovi criteri per l’accreditamento dei formatori in un’ottica di implementazione della qualità dei soggetti mediatori.

La normativa di nuovo conio interviene sul decreto n. 28 con l’aggiunta, all’art. 16, del comma 1 bis che inserisce nella norma primaria i requisiti necessari perché gli organismi di mediazione siano abilitati a gestire i relativi procedimenti.

In particolare, sono stati individuati in modo specifico i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti facenti parte degli organismi deputati allo svolgimento di procedimenti di mediazione e costituiti dalla onorabilità dei soci, amministratori, responsabili e mediatori degli organismi, dalla previsione, nell’oggetto sociale o nello scopo associativo, dello svolgimento, da parte dell’organismo, in via esclusiva, di attività consistente nell’erogazione di servizi di mediazione, conciliazione o risoluzione alternativa delle controversie e di formazione nei medesimi ambiti, oltre a una dichiarazione di impegno a non prestare servizi di mediazione, conciliazione e risoluzione di controversie in tutti i casi nei quali l’organismo stesso ha un interesse nella lite.

Il comma 1 ter novellato contiene l’individuazione dei requisiti comprovanti l’efficienza e consistenti nella adeguatezza e trasparenza dell’organizzazione, anche per quanto concerne gli aspetti amministrativi e conta- bili, nella qualità dei servizi erogati, della qualificazione professionale del responsabile dell’organismo e degli stessi mediatori.

L’art. 16 bis del decreto legislativo 28, poi, individua i requisiti necessari per l’iscrizione degli enti di forma- zione nell’elenco istituito e tenuto presso il Ministero della Giustizia. Si è scelto di adottare, quanto ai requisiti di serietà ed efficienza, gli stessi criteri previsti per gli organismi di mediazione, non essendovi ragione di prevedere una disciplina differenziata.

Tale scelta è certamente da condividere in quanto assomma in sé una serie di criteri volti ad imprimere maggiore serietà e professionalità agli attori del procedimento di mediazione. La completa attuazione della Riforma postula, poi, la necessaria modifica delle norme di cui al d.m. n. 180/2020 al fine di prevedere, tra l’altro, che per l’iscrizione nel registro occorre partecipare ad un corso di formazione iniziale per mediatori e ad un numero minimo di procedure di mediazione presso un organismo di mediazione, che coloro che non hanno conseguito una laurea in discipline giuridiche attestano adeguata preparazione attraverso la partecipazione a specifici corsi formativi nelle discipline giuridiche, che dopo l’iscrizione nel registro, i mediatori sono tenuti all’aggiornamento permanente mediante la partecipazione a corsi di formazione.

Si prevede, inoltre, che per mantenere l’iscrizione nel registro, gli avvocati iscritti all’albo sono tenuti a adempiere a specifici obblighi minimi di formazione e che dopo l’iscrizione nell’elenco. Da ultimo si osservi come l’intervento operato per il tramite del decreto delegato n. 149 abbia inciso anche sulla disciplina della negoziazione assistita con l’obiettivo di semplificare, razionalizzare ed incentivare la re- lativa procedura.

La convenzione, che consiste in un accordo tra le parti finalizzato a risolvere in via amichevole la controversia, non incontra limiti di materia, esclusi i diritti indisponibili e i contenziosi di lavoro. A seguito delle modifiche introdotte dalla novella, l’art. 2, comma 2, lett. b), d.l. n. 132/2014, è stato modificato al fine di eliminare la previsione che, nel testo previgente, escludeva espressamente la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita nelle controversie in materia di lavoro.

Si è introdotto, inoltre, una incisiva novità a carattere “istruttorio”, in quanto si è previsto, al comma 2 bis, la possibilità, con il consenso delle parti espresso nella convenzione di negoziazione assistita, di acquisire dichiarazioni di terzi su fatti rilevanti in relazione all’oggetto della controversa, nonché dichiarazioni della controparte sulla verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli alla parte nel cui interesse sono richieste le quali sono disciplinate, rispettivamente, negli artt. 4 bis e 4 ter.

Va evidenziato che la finalità principale delle disposizioni che consentono alle parti di svolgere attività istruttoria nell’ambito della negoziazione assistita è di metterle in condizione di acquisire preventivamente tutti gli elementi che possono condurre alla composizione del conflitto.

Si è ritenuto di specificare, poi, che le dichiarazioni devono essere assunte presso lo studio professionale dell’avvocato che rivolge l’invito o presso il Consiglio dell’ordine.

Si prevede che l’informatore deve essere previamente identificato ed è invitato a dichiarare eventuali rapporti di parentela o di natura personale o professionale con le parti o un interesse nella causa. L’informatore deve inoltre essere preliminarmente avvisato della qualifica dei soggetti dinanzi ai quali rende le dichiarazioni e dello scopo della loro acquisizione, della facoltà di non rendere dichiarazioni, della facoltà di astenersi ai sensi dell’art. 249 c.p.c., delle responsabilità penali conseguenti alle false dichiarazioni, del dovere di mantenere riservate le domande che gli sono rivolte e le risposte date e delle modalità di acquisizione e documentazione delle dichiarazioni.

Il comma 5 dell’art. 4 bis prevede che il verbale così redatto, sottoscritto dall’informatore e dagli avvocati, è consegnato in originale all’informatore e a ciascuna delle parti. La consegna di un originale all’informatore è misura necessaria a sua tutela per le eventuali responsabilità che possono essergli contestate.

Il comma 6 del prefato articolo poi stabilisce che il documento redatto ai sensi del comma 5 fa piena prova di quanto gli avvocati attestano essere avvenuto in loro presenza e può essere prodotto in giudizio e valuta- to dal giudice ai sensi dell’art. 116, comma 1, c.p.c. e il giudice può sempre disporre che l’informatore sia escusso come testimone.

Le novità introdotte dalla Riforma, poi, confermano che l’esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità dell’azione civile in specifiche materie, prevedendosi che, in tali ipotesi, colui che agisce in giudizio deve preventivamente invitare il convenuto alla stipula della convenzione di negoziazione. Ciò vale per le domande giudiziali relative a controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, per le domande di pagamento, a qualsiasi titolo, di somme non superiori a € 50.000,00.

È confermata, poi, quella particolare forma di negoziazione assistita finalizzata alla soluzione consensuale stragiudiziale delle controversie in materia di separa- zione personale, di cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio.

Il decreto n. 149, poi, interviene anche in materia di convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, la loro modifica, e di alimenti.

L’art. 6, comma 2, del d.l. n. 132/2014, inoltre, è stato modificato al fine di prevedere espressamente o che il nullaosta e l’autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica siano comunicati agli avvocati di tutte le parti dell’accordo, allo scopo di consentirne il deposito presso il Consiglio dell’ordine e la comunicazione allo stato civile.

Per rendere maggiormente fruibile l’istituto della negoziazione assistita, infine, il legislatore ha previsto incentivi fiscali, sotto forma di un credito di imposta, per coloro che se ne avvalgono, in coerenza con quanto avviene con la mediazione.

Le illustrate novità, dunque, si pongono su di una linea di forte novità quanto al superamento di una serie di criticità che avevano caratterizzato entrambe le figure della mediazione e della negoziazione. Non può non osservarsi, tuttavia, che il declamato intento deflattivo e razionalizzatore avrebbe potuto essere perseguito con maggior “vigore” incentivando sino in fondo l’utilizzo di tali strumenti di giustizia consen- suale nel solco di una reale ed effettiva valorizzazione della autonomia negoziale delle parti nella fase patolo- gica dei rapporti.


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