{{elencoDettaglioArticolo.categoria}}

Il Congresso Nazionale Forense a Lecce

{{elencoDettaglioArticolo.sottoTitolo}}

Domenico Monterisi

È sempre difficile, anzi sempre più difficile, tracciare un bilancio del Congresso Nazionale Forense, che nello scorso ottobre (dal 6 all’8) è stato ospitato dalla citta di Lecce e dal suo Ordine. Da qualche anno, si è portati – anche in modo alquanto qualunquistico – a liquidare i Congressi con uno sbrigativo “nulla di fatto”, come se si trattasse di una kermesse stantia e un po’ inutile.

Ciò è in parte vero, ma, soprattutto dopo gli anni del lockdown e dell’emergenza pandemica, il sol fatto di potersi nuovamente incontrare ha costituito un valore in sé.

La notizia più importante, ad avviso di chi scrive, è sta- ta, infatti, che il Congresso si sia tenuto regolarmente, in presenza e senza grandi limitazioni per delegati con- gressuali e congressisti, perché finalmente il periodo più pesante dell’emergenza pandemica era alle spalle.

Ci si è potuti rivedere, abbracciare; sia pur con cautela, si è affollata una sede congressuale non esattamente all’altezza, malgrado gli sforzi dei Colleghi di Lecce, che hanno dato il meglio di sé per venire incontro alle esigenze dei numerosi Colleghi presenti.

È stato sicuramente un congresso in chiaroscuro. Il primo dell’era post Mascherin (protagonista assoluto e forse anche solitario dei congressi di Catania e di Rimini); il primo dopo lo sconquasso giudiziario-ammini- strativo, con carico di polemiche, dissapori, amarezze ancora molto sentiti, della vicenda del doppio mandato; il primo guidato da una donna, la Presidente del C.N.F. Maria Masi, nei pieni poteri e non più soltanto facente funzione, che è stata la protagonista indiscussa del Congresso.

Un Congresso, in cui, mai come in passato, anche OCF ha fatto la sua parte. L’Organismo, come sappiamo, arrivava al Congresso in ambasce, con tutte le difficoltà – connesse alle brutte vicende della sua tesoreria prima e alla complicata ap- provazione del bilancio poi – che avevano rischiato di affossarne l’esistenza. Bisogna dare atto a Sergio Paparo e alla sua nuova squa- dra di governo di essere riusciti a condurre in porto, fra onde alte e perigliose, una nave che ha rischiato seria- mente di affondare.

E OCF ha saputo ritagliarsi un ruolo da protagonista, rendendosi artefice, grazie al bel lavoro fatto dal gruppo di lavoro sapientemente guidato da Melania Delogu, della più importante mozione approvata al Congresso, quella che modifica lo statuto congressuale e di OCF, avvicinando l’Organismo molto più all’OUA, da cui a Rimini si erano prese troppo frettolosamente le distanze.

I sei anni passati dal varo di OCF, le difficoltà operative incontrate, compreso il piccolo disastro dell’affaire tesoreria, il distacco dalla base, hanno reso evidente:

a) che lo statuto approvato a Rimini chiedeva un pro- fondo restyling;

b) che le associazioni dovevano essere nuovamente integrate nell’organismo politico;

c) che, a prescindere da nomi e definizioni, la centralità politica dell’Organismo doveva essere sottolineata e potenziata e che, pertanto, anche in considerazione del tempo intercorso (2/3 anni) fra un congresso e l’altro, i deliberati congressuali dovevano e devono continuare ad essere la stella polare cui l’attività politica deve essere ispirata, ma non possono essere una camicia di Nesso, quando la rapidità con cui i fatti accadono – talvolta del tutto inattesi, come una gravissima crisi pandemica o una guerra nel cuore dell’Europa – impone decisioni immediate, spesso incompatibili con nuove convocazioni straordinarie dell’assise congressuale.

Come in ogni congresso, non sono mancate le polemiche. Alcune addirittura lo hanno preceduto, in quanto la decisione dell’Ufficio di Presidenza di ritenere inammissibili alcune mozioni – quella sull’avvocato in monocommittenza fra le più importanti – ha lasciato l’amaro in bocca ai presentatori.

La decisione è stata motivata con l’argomento che si trattava di tematiche già oggetto di mozioni approvate da precedenti sessioni congressuali (ordinarie o ulteriori) sicché, in assenza di fatti nuovi, non vi era motivo di invitare ulteriormente l’Assise congressuale ad esprimersi.

I presentatori hanno obiettato che, per esempio nel caso della monocommittenza, la crisi pandemica e il conseguente appesantimento della situazione reddituale dell’Avvocatura costituivano quei fatti nuovi in presenza dei quali si sarebbe dovuto esaminare la tematica.

Altro argomento su cui il Congresso si è diviso è quello delle mozioni sulla legge professionale. Questa volta, a differenza di quanto avvenuto a Roma nel luglio 2021, non ci poteva essere il minimo dubbio che il tema fosse ricompreso fra quelli congressuali.

È tuttavia prevalsa – e il voto congressuale ha confer- mato tale valutazione – l’opportunità di dedicare a un tema così rilevante un’apposita sessione ulteriore del Congresso già fissata per il prossimo autunno a Roma.

Non sono mancati opinioni discordi, di cui si sono fatte portavoci soprattutto l’AIGA e alcune Unioni Regionali, che sostenevano come il tema, già escluso, con code di polemiche da parte di OCF, dalla discussione a Roma nel luglio 2021, dovesse finalmente essere dibattuto.

Si è preferita una soluzione di mediazione, traghettata da una mozione d’ordine dell’Ufficio di Presidenza, per cui tutte le proposte di delibera sul tema sono state ritenute ammissibili o trasformate in raccomandazioni, ma se ne è differita la discussione e quindi il voto ad una sessione dedicata esclusivamente alla riforma della riforma.

L’opportuna decisione di sottoporre la mozione al voto sovrano dei delegati ha evitato ulteriori motivi di disaccordo. Moltissime, come sempre, le mozioni politiche ammesse al voto, la gran parte delle quali poi approvate. Si tratta, quello del numero delle mozioni, di un problema che neppure la riforma di Rimini ha risolto.

Il maggior numero di firme, la riduzione dei delegati, il complesso meccanismo di presentazione delle mozioni, sono innovazioni statutarie che, tuttavia, non hanno evitato che le mozioni che poi approdano al voto siano numerosissime e che il loro numero ne impedisca una discussione serena e in tempi adeguati.

Chi scrive da tempo sostiene che il congresso dovrebbe avere la forza di riassumere in due, tre mozioni al massimo la discussione dei temi congressuali e mettere quindi ai voti un documento finale, che sintetizzi i lavori congressuali sì da costituire il programma di lavoro dei successivi anni, con cui chi è chiamato a mettere in pratica le mozioni (in particolare OCF, CNF e per le tematiche previdenziali, Cassa Forense) debba confrontarsi.

Ciò comporterebbe anche maggiore visibilità mediatica al Congresso ed all’intera Avvocatura, perché altro è proporre alla stampa un unico documento finale, altro è sottoporre una miriade di mozioni, alcune delle quali miranti a modificare in parte minima e assai specialistica (con linguaggio poco comprensibili ai non addetti ai lavori) codici, norme, circolari, ecc.

Il Congresso dovrebbe redigere documenti politici programmatici e di ampio respiro e non occuparsi di piccoli aggiustamenti, quasi che fosse un’assise parlamentare in grado di emendare, abrogare, approvare testi normativi.

Si tratta di un’esigenza che in qualche modo si va facendo strada, ma che non trova neppure nelle modifiche statuarie approvate a Lecce, di cui si è detto innanzi, una adeguata soluzione.

Lo spazio a disposizione non consente di esaminare partitamente le mozioni approvate, ma di riepilogare i temi cui le stesse fanno riferimento. Sono state approvate ben quindici mozioni che attengono al Patrocinio a spese dello Stato, il che, se ci è consentito, attribuisce al Congresso una colorazione di tipo sindacale, piuttosto che politico tout court.

Al tema della geografia giudiziaria, con particolare attenzione alle sedi delle piccole isole, sono state dedicate e quindi approvate due mozioni; altre due mozioni approvate ineriscono all’ordinamento giudiziario.

Quattro le mozioni che attengono al contributo unificato, sei al processo civile; due a quello tributario. Sempre in tema processuale, questa volta penale, approvate quattro mozioni.

Cinque le mozioni approvate in tema di processo telematico e quattro, infine, sul diritto di famiglia. Fra le mozioni approvate, ci piace segnalare la mozione n. 1 che propone di istituire una unica piattaforma per il deposito telematico degli atti, valevole per tutti i tipi di processi, civili, amministrativi, penali e tributari. Iniziativa volta ovviamente a semplificare le attività di trasmissione ed accettazione degli atti. In tema di giustizia predittiva e salvaguardia del “giusto processo”, intelligenza artificiale e ruolo e nuove competenze degli avvocati nella tendenziale automazione nell’organizzazione e nella decisione giudiziaria, sono state approvate undici mozioni.

Anticipando una modifica statutaria approvata il gior- no prima, ma evidentemente in vigore a partire dal successivo mandato di OCF, si è proceduto al rinnovo dei delegati dell’Organismo.

Nelle settimane immediatamente successive alla fine del Congresso, si è tenuta la prima adunanza della nuova assemblea dei delegati di OCF che il 21 ottobre 2022 ha eletto i componenti del nuovo Ufficio di Coordinamento nelle persone di Mario Scialla (Roma), Coordinatore, Accursio Gallo (Palermo), Segretario, Antonino La Lumia (Milano), Tesoriere, Alessandra Dalla Bona (Brescia), Monica Aste (Rovereto), Stefano Tedeschi (Foggia) e Pasquale Parisi (Napoli). L’ultima decisione adottata dal Congresso riguarda, come al solito, la sede della prossima Assise. La scelta dei delegati congressuali è caduta su Torino, che ha presentato un video di presentazione molto accattivante.


Note

Argomenti correlati

Categoria