{{elencoDettaglioArticolo.categoria}}

I nuovi parametri forensi tra significative novità e compensi più certi*

{{elencoDettaglioArticolo.sottoTitolo}}

Giuseppe Colavitti e Giuseppe di Iacovo

1. Il procedimento di adozione

Gli avvocati hanno finalmente i nuovi parametri. Giova ricordare che essi sono il frutto di una proposta del vertice istituzionale della categoria, cioè del Consiglio nazionale forense, cui la legge 247/2012 (ordinamento forense) assegna proprio il compito di proporre ogni due anni i parametri al ministro della giustizia, nell’ambito di un procedimento che prevede il parere dei Consigli dell’ordine, oltre che delle compe- tenti Commissioni parlamentari.

Non sembri un eccesso di formalismo il richiamare l’attenzione sulla fonte e sul relativo procedimento d’adozione. Per le altre professioni regolamentate, infatti, i parametri sono adottati dal ministro vigilante senza alcun coinvolgimento formale dei Consigli nazionali degli ordini interessati. Così dispone l’art. 9, comma 2 del decreto legge Cresci Italia (D.L. 24 gennaio 2012, n. 1), la fonte che abrogò le tanto odiate tariffe salvo poi accorgersi, in sede di conversione in legge, che, co- munque, una qualche forma di indicazione parametrica era e rimane indispensabile se si vuole consentire al Giudice di liquidare le spese, ed alle parti di avere dei punti di riferimento per determinare un compenso che, in punto di principio, risulta il frutto della libera volontà contrattuale e dell’accordo tra i contraenti.

Gli avvocati hanno oggi dei nuovi parametri perché la riforma dell’ordinamento forense li ha sottratti, quale lex specialis, alla maggior parte delle (vere o presunte) liberalizzazioni della stagione del Governo Monti. 1 

Ed hanno nuovi parametri perché il Consiglio nazionale forense ha potuto proporli al ministero esercitando una prerogativa prevista dalla legge. La restituzione del potere di impulso del procedimento che porta all’adozione dei parametri forensi è uno dei vantaggi apportati dal nuovo ordinamento forense.

In una situazione ben diversa si trovano le altre professioni regolamentate, che non solo non hanno potere di proposta, ma neanche esercitano formalmente funzioni consultive. Le loro eventuali aspettative per un aggiornamento dei parametri non potranno che affidarsi a contatti informali, e sono sostanzialmente rimesse alla discrezionalità (o forse all’arbitrio) del ministro e/o dei funzionari ministeriali in carica.

2. Le maggiori novità del DM parametri

2.1. La prima, per nulla scontata, novità è stata quel- la di un aumento generalizzato dei valori parametrici basato sull’incremento del costo della vita dal 2014, anno dei precedenti parametri, ad oggi. Si è trattato di una novità non scontata perché per lungo tempo, dopo il 2014, non si sono registrati significativi au- menti del costo della vita, anche in virtù del basso co- sto del denaro nei mercati finanziari. Questo scenario è cambiato improvvisamente con la crisi covid ed ancor più con la tragedia della guerra in Ucraina.

Il Consiglio nazionale forense si è mosso in forme istituzionali ed ha chiesto all’ISTAT di far pervenire una valutazione obiettiva. A maggio 2022 è pervenuta dall’ISTAT la specifica attestazione che ha proposto di applicare l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai (cd. indice FOI) indicando nell’8,7% la percentuale di aumento del costo dei beni e dei servizi per gli avvocati.

Il Ministero ha accettato l’applicazione di un aumento del 5% dei valori parametrici, che seppure non recuperi per interno la svalutazione monetaria, costituisce tuttavia un punto di compromesso accettabile.

2.2. Una delle innovazioni più significative è quella che ha visto la adozione di una unica percentuale per regolare gli aumenti e le diminuzioni dei valori medi dei parametri, che, come noto, costituiscono i valori base per calcolare i minimi ed i massimi.

Questa percentuale è stata individuata nel 50%, il che significa qualcosa in meno, in concreto, per alcuni degli aumenti previsti in passato, ma anche una semplificazione notevole, che va letta anche in chiave di temperamento delle eccessive divaricazioni reddituali che caratterizza- no il mercato dei servizi legali, come monitora puntualmente la Cassa forense.

Il Consiglio di Stato ha peraltro apprezzato tale intendimento; si legge infatti nel parere n. 00183/2022 del 17.07.2022 che la misura è opportunamente rivolta a “ridurre la eccessiva distanza tra aumenti e diminuzioni dei valori medi individuati dai parametri in relazione alle varie fasi del processo, attraverso l’adozione di un’unica percentuale del 50% in luogo delle precedenti percentuali diversificate, anche al fine di garantire, come espressamente evidenziato dal C.N.F., esigenze di coesione interna alla categoria”.

Questa modifica è andata di pari passo con l’altra fon- damentale modifica che ha soppresso tutti i margini di discrezionalità in capo all’autorità giudiziaria nel praticare le misure degli aumenti e delle diminuzioni rispetto ai valori base. Tale obiettivo, corrispondente ad una evidente esigenza di maggiore certezza del di- ritto è stato ottenuto con la soppressione dell’inciso “di regola” in tutti gli articoli nei quali era previsto. Anche questa modifica è stata apprezzata dal Consi- glio di Stato, il quale ha evidenziato nel parere che “In particolare, attraverso le modifiche apportate al citato d.m. n. 55 del 2014, il Ministero ha inteso: - ridurre il margine di discrezionalità dell’autorità giudiziaria nella liquidazione dei compensi al fine di garantire maggiore omogeneità e uniformità nell’applicazione dei parametri sul territorio nazionale, attraverso la soppressione, ovunque ricorrano, delle parole «di regola» nelle disposizioni per la loro applicazione”.

2.3. Nonostante la fonte primaria ammettesse espressamente la “pattuizione a tempo” (art. 13, comma 3, L. 247/2012), mancava nel decreto del 2014 la previsione di un compenso calcolato su base oraria. Compenso che era invece presente nel precedente DM del 2004 che adottava le vere e proprie tariffe allora vigenti. È stato pertanto proposto (ed il ministero ha accettato) di introdurre la possibilità che le parti esercitino la loro libertà contrattuale nel determinare il compenso dell’avvocato anche utilizzando tale metodologia di remunerazione, di frequente praticata negli studi anglosassoni ma spesso ormai presente anche nei grandi fori italiani, specie in alcune nicchie di mercato dove operano gran- di imprese nazionali ed internazionali.

Per la quantificazione, ci si è rifatti alla pubblicistica di settore, e si è indicato un minimo di euro 200 ed un massimo di euro 500 per ogni ora o frazione di ora2.

2.4. È stata poi colmata una lacuna del previgente DM per ciò che concerneva i compensi previsti per la difesa e l’assistenza nelle procedure concorsuali. È stata introdotta un’apposita nuova tabella, la n. 20 bis, la quale si basa sulla struttura della tabella n. 2 (concernente i giudizi ordinari e sommari di cognizione innanzi al Tribunale) per ciò che concerne gli scaglioni di valore, con compensi ridotti del 20% rispetto a quelli della tabella n. 2.

Le ragioni dell’introduzione di tale nuova tabella dipendono dalla circostanza, non infrequente, che una domanda di insinuazione al passivo può comportare un’attività complessa sul piano professionale (si pensi alle domande di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili), con correlata inevitabile responsabilità dell’avvocato.

Tra l’altro, la nuova tabella coprirebbe non solo la mera attività di insinuazione al passivo, con conseguente applicazione delle sole prime due fasi (studio della controversia e introduttiva), ma anche l’assistenza in altre fasi o procedure, quali ad esempio la fase giudiziale di impugnazione del decreto che rende esecutivo lo stato passivo e che quindi ammette totalmente o parzialmente ovvero rigetta l’insinuazione.

Sempre in detta materia è stato altresì previsto che quando la domanda di insinuazione al passivo riguardi i crediti di lavoro dipendente i parametri previsti dalla tabella n. 20-bis siano ridotti al 50% e ciò in ragione sia della non rilevante complessità delle attività da compiere, sia di un certo favor nei confronti degli assistiti.

2.5. Particolarmente significative le innovazioni intro- dotte per i compensi previsti per le attività di difesa e assistenza nei giudizi amministrativi. Qui sono state colmate delle gravi lacune. Non era ad esempio previsto compenso per il ricorso incidentale, ed è stata introdotta nell’art. 4, comma 10 bis, la previsione per cui, in caso di ricorso incidentale, il compenso per la fase introduttiva è aumentato del 20%. Del resto, come rilevato dal CNF nella proposta originaria dei parametri, la giurisprudenza di Cassazione riconosce la maggiorazione del compenso laddove la proposizione della domanda riconvenzionale estenda il thema decidendum originario, giacché questo implica attività difensiva ulteriore (ex multi, cfr. Cass. Ord. 6 febbraio 2020, n. 2769, Cass. civ., 14 luglio 2015, n. 14691).

Sono stati introdotti anche compensi per le fasi cautelari monocratiche, sia di fronte al TAR che al Consiglio di Stato, con la precisazione, giustamente voluta dal ministero, che il compenso è dovuto solo quando vengono svolte attività ulteriori rispetto alla formulazione dell’istanza cautelare.

Ma, quel che più conta, è che il ministero ha accolto la proposta CNF di aumentare del 20% i compensi previsti per la fase introduttiva del giudizio, sia di fronte al TAR che di fronte al Consiglio di Stato, in quanto la fase introduttiva dei giudizi amministrativi è particolarmente impegnativa per l’avvocato, sia perché strettamente correlata al rischio decadenziale, sia per- ché ha un peso decisivo sugli esiti del giudizio. nonché assai incisiva sull’esito del giudizio.

Un ulteriore importante intervento nel settore ammini- strativo è stato quello che ha precisato il valore della controversia in caso di pubblici contratti, sul quale in passato si sono registrati molti dubbi e applicazioni differenziate. Com’è noto, già il previgente DM precisava che nelle controversie in materia di pubblici contratti, si avesse riguardo all’interesse sostanziale perseguito dalle parti, e che tale interesse fosse rapportato all’utile effettivo o ai profitti attesi dal soggetto aggiudicatario o dal soggetto escluso.

Nell’incertezza di individuare quale fosse il valore dell’utile effettivo o dei profitti attesi, ora viene chiarito che “l’utile effettivo e i profitti attesi si intendono di regola non inferiori al 10% del valore dell’appalto, salvo che non siano ricavabili dagli atti di gara”.

2.6. Per ciò che concerne il processo penale, sono state valorizzate le indagini difensive svolte dagli avvocati, per le quali ora si prevede un aumento del compenso del 20% allorquando le indagini siano particolarmente complesse e urgenti (cfr. art. 12, comma 3bis) e si colma la lacuna delle attività difensive davanti ai Tribunali dei minorenni – la quale comporta una preparazione specifica e impegnativa vista anche la partecipazione di altri soggetti alle fasi del procedimento (genitori e servizi sociali) – con il richiamo ai parametri previsti nella tabella 15 con riferimento all’autorità giudiziaria che sarebbe stata competente nel caso si fosse trattato di imputato maggiorenne (art. 3 ter).

Il CNF aveva richiesto la previsione di una voce tabellare, nell’ambito del giudizio direttissimo, relativa ai compensi da prevedere per le attività difensive spiegate nella fase di convalida dell’arresto che appunto precede il giudizio direttissimo. Tale richiesta è stata accolta, perché si tratta di attività autonome e diverse da quelle rese nell’ambito del giudizio (fase di studio degli atti allegati alla richiesta di convalida e fase decisoria ove il Giudice convalida l’arresto o dispone una misura cautelare), ma anche diverse da quelle rese in materia di misure cautelari, che nel passato invece erano considerate alla stregua di un’unica fase ai fini della liquidazione giudiziale dei compensi.

Un’altra lacuna colmata è stata quella relativa alle attività difensive svolte di fronte al magistrato (monocratico) di sorveglianza, giacché la previgente tabella prendeva in considerazione solo il Tribunale di sorveglianza. Prima dell’introduzione di tale integrazione si era soliti fare riferimento analogico ai parametri previsti dalla tabella n. 15 per i giudizi dinanzi al ‘Tribunale monocratico’ o al ‘Tribunale di Sorveglianza’.

2.7. Sono invece riconducibili al condivisibile intento di deflazione del carico giudiziario le misure volte a premiare le attività degli avvocati che, in sede di mediazione o di negoziazione assistita, riescano ad evitare la lite e raggiungano un accordo tra le parti.

Di conseguenza, ora, nel caso in cui si raggiunga l’accordo, fermo il compenso per la fase di conciliazione, i compensi per le fasi dell’attivazione (della mediazione) e di negoziazione sono aumentati del trenta per cento, proprio per premiare e incentivare l’attività di risoluzione stragiudiziale delle controversie.

Con la stessa logica, al fine di incoraggiare la funzione conciliativa dell’avvocato, ed evitare dubbi interpretativi, è stata corretta la precedente formulazione dell’art. 4, comma 6, che, in caso di conciliazione giudiziale o transazione della controversia, prevedeva la possibilità di aumento del compenso “fino ad un quarto” rispetto a quello liquidabile per la fase decisionale: ora l’aumento è senz’altro di un quarto, senza possibilità di oscillazioni giurisprudenziali.

Tale formulazione, contenuta nella proposta del CNF, è stata ritenuta dal Consiglio di Stato in sede consultiva più adatta rispetto quella formulata dal ministero, in quanto “Se, infatti, non è revocabile in dubbio che la fase decisionale non viene svolta, appare altrettanto certo che ciò consegue all’opera dei difensori, i quali addivengono a una soluzione transattiva della controversia alternativa alla decisione dell’autorità giudiziaria. Tale opera va incentivata con maggiore decisione e chiarezza: l’ottica deve essere quella di perseguire con ogni mezzo la riduzione del contenzioso e il ricorso alla “risorsa giustizia” come extrema ratio, in linea con i principi contenuti nella legge 26 novembre 2021, n. 206 e con gli obiettivi del PNRR, ispirati anche a una cultura della ricomposizione consensuale dei conflitti e al contrasto degli eccessi di litigiosità. E allora, volendo incoraggiare le forme di risoluzione alternative alla decisione dell’autorità giudiziaria, non appare compatibile mantenere, nel sistema, un’opzione secondo cui il compenso del professionista che ha evitato o ridotto il ricorso al giudice possa essere inferiore a quello che sarebbe spettato se la controversia si fosse risolta con la decisione dell’autorità giudiziaria.

Va invece disposto un meccanismo premiale più certo nella sua effettività, e quindi più efficace e più motivante”.

2.8. Per le attività stragiudiziali e di consulenza, due sono stati gli interventi più importanti. All’art. 18, è stata aggiunta la formula per cui, ferma restando l’onnicomprensività del compenso per le attività stragiudiziali caratterizzate da unitarietà, quando tuttavia l’affare si compone di fasi o parti autonome, in ragione della materia trattata, i compensi sono liquidati per ciascuna fase o parte.

Questa misura è sembrata equa e ragionevole, considerato che, in taluni casi, l’assistenza per affari complessi quali ad esempio quelli relativi a fusioni e acquisizioni di rilevante entità o operazioni complesse che coinvolgono più competenze specifiche degli avvocati (come ad es.: affitto di azienda, pianifi- cazione successorie) si declina in momenti diversificati anche logicamente e giuridicamente, che non sarebbe giusto remunerare con una unica voce tariffaria.

Il secondo intervento è consistito in una misura di semplificazione per gli affari di valore particolar- mente ingente. Per quelli, infatti, di valore superiore a 520.000 euro, il compenso dovuto all’avvocato è calcolato in modo proporzionalmente decrescente rispetto al valore dell’affare, mediante l’applicazione di coefficienti percentuali decrescenti che partono dal 3%, e scendo di uno 0,25 % per ogni scaglione di valore successivo.

2.9. Un’ulteriore lacuna sanata dai nuovi parametri è quella che riguarda i giudizi di cassazione. Sempre più di frequente, tra l’atto introduttivo del giudizio di cassazione e l’udienza di trattazione passano molti anni, a volte anche 4 o 5. Ciò comporta la necessità di presentare una memoria difensiva in vista dell’udienza che dia conto di mutamenti giurisprudenziali o anche di differenti normative che siano medio tempore intervenute.

In queste circostanze, il lavoro dell’avvocato è particolarmente complesso e gravoso, e, finora, nessun compenso ulteriore era previsto. La lacuna è sanata dal nuovo comma 10 quater dell’art. 4, che prevede che, allorquando in cassazione sia necessario depositare una memoria ex art. 378 cpc, il compenso previsto per la fase decisionale può essere aumentato fino al 50%. 2.10. Un’altra novità rilevante è stata l’introduzione all’art. 4 del D.M. n. 55/2014 del comma 5-bis tramite il quale il giudice può riconoscere all’avvocato su- bentrato nel mandato difensivo in corso di giudizio un compenso per la fase di studio e, tanto, per remunerare tutti quei professionisti che, subentrati nei giudizi pen- denti, debbano necessariamente compiere un’attività di studio di tutti gli atti del processo, prima di eseguire le attività proprie del mandato.

Tale proposta proveniente dal CNF era stata inizialmente non recepita dal ministero sul presupposto che potesse dare luogo ad abusi e ingiustificati aggravi di spesa pubblica nei casi di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Invece, il Consiglio di Stato in sede consultiva l’ha ritenuta meritevole di accoglimento evidenziando che gli eventuali abusi prospettati dal ministero costituiscono una mera patologia e non la fisiologia del processo, patologia peraltro evitabile attraverso la discrezionalità attribuita al giudice in sede di liquidazione delle spese a favore del soggetto ammesso al detto beneficio.

2.11. Parallelamente alle misure che premiano gli avvocati virtuosi che contribuiscono a deflazionare il carico giudiziario, i nuovi parametri “sanzionano” gli avvocati che propongono cause in mala fede o con colpa grave. Appesantendo ulteriormente quanto già previsto dall’originario comma 9 dell’art. 4, ora, allorquando sia integrata la fattispecie della responsabilità processuale ai sensi dell’art. 96 cpc 3 , il compenso dell’avvocato del soccombente è ridotto del 75% (e non più del 50%) come in precedenza.

Tale fattispecie viene separata da quella della inammissibilità, improponibilità, o improcedibilità della domanda: qui il compenso è ridotto del 50%, ma devono ricorrere gravi ed eccezionali ragioni espressamente indicate nella motivazione dal Giudice.

3. Il “falso problema” dei valori minimi previsti per la fase istruttoria

In ogni riforma che si rispetti, vi può essere un punto oscuro o addirittura un “giallo”!

Nell’immediatezza della pubblicazione in Gazzetta dei nuovi parametri, sono state segnalate presunte diminuzioni nei valori c.d. minimi, rispetto ai minimi previgenti. E ciò in ragione di una nota applicazione reperibile in internet, del tutto legittima ben inteso, ma non certo istituzionale o ufficiale, anche se molto seguita. Questa piattaforma digitale ha recato e reca un calcolo dei minimi che pare avvalorare la tesi della diminuzione, soprattutto avuto riguardo alla fase istruttoria dei procedimenti. Al riguardo è bene precisare quanto segue.

3.1. L’originario art. 4, comma 1 DM 55/2014 prevedeva: “Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati di regola sino all’80 per cento, ovvero possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento.

Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione in ogni caso non oltre il 70 per cento”.

Circa la diminuzione “non oltre il 70%” rispetto al valore medio della fase istruttoria, si erano, nella vigenza dei precedenti parametri, affermate due interpretazioni:

a) la prima (più favorevole agli avvocati) che riteneva che la diminuzione non potesse scendere oltre il 70% del valore medio (es: valore medio 1000 euro, diminuzione non oltre il 70%, e quindi il valore dei compensi ai c.d. ‘minimi’ pari a 700 euro);

b) una seconda interpretazione (meno favorevole) riteneva invece che la diminuzione fosse proprio del 70% rispetto al valore medio (es: valore medio 1000, diminuzione pari al 70% di detto valore, con il risultato, che, potendosi appunto sottrarre ben 700 euro, i c.d. minimi erano pari a 300 euro).

Peraltro tale interpretazione è stata sposata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione con orientamento che appare ormai costante (Cass. Civ. 7780/2020: “In tema di spese processuali, la facoltà riconosciuta al giudice di apportare alla liquidazione della fase istruttoria “una diminuzione di regola fino al 70 per cento” dei parametri medi, ai sensi dell’art. 4, 1° comma, D.M. n. 55/14, va intesa nel senso che la diminuzione applicabile sul valore medio può essere determinata in una percentuale non superiore al 70 per cento del medesimo e, dunque, nel senso che l’importo minimo liquidabile corrisponde al 30 per cento del valore medio”; in senso conforme: Cass. Civ. n. 3741/2022, n. 3394/2022, n. 29945/2021, n. 37983/2021, n. 23798/2019, n. 7482/2019) 4.

Nonostante la costante interpretazione resa sul puntodai giudici di legittimità, l’applicazione del detto sito web è impostata esclusivamente sulla prima interpretazione ed il sito indica anche in apposita pagina tale consapevole scelta, senza tuttavia indicare gli orientamenti di legittimità ad esso contrari (https://news.avvocatoandreani.it/articoli/parametri-forensi-due-diver- se-interpretazioni-102751.html)

3.2. Per uniformare aumenti e diminuzioni ed evitare interpretazioni fuorvianti, il nuovo DM prevede che gli aumenti e le diminuzioni siano in entrambi i casi del 50% ed infatti è stata soppressa l’ultima frase dell’art. 4, comma 1 che, come sopra riportato, prevedeva che: “Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione in ogni caso non oltre il 70 per cento”.

Pertanto, tornando all’esempio di prima, se oggi il valore medio della fase istruttoria è di 1000 euro, i minimi, applicando la riduzione del 50%, sono certamente pari a 500 euro. Prima del nuovo testo quel valore poteva essere, come sopra detto, 300 o 700 euro, in base all’in- terpretazione prescelta. Ed è per questa ragione che confrontando sul detto sito internet i valori c.d. minimi della fase istruttoria delle precedenti tabelle con i valori minimi delle nuove, emergerebbe una diminuzione dei minimi.

In realtà si ha una diminuzione se, nel regime previgente, si accedeva alla prima più favorevole interpreta-zione della norma (proseguendo nell’esempio di sopra, rispetto a valori medi pari a 1000 euro, i minimi pre-vigenti erano pari a 700 euro, mentre oggi sono pari a 500 euro); si ha invece un aumento se, nel regime previgente si accedeva alla seconda interpretazione confermata dalla giurisprudenza di legittimità (per cui, rispetto a valori medi pari a 1000 euro, i minimi pre-vigenti erano pari a 300 euro, mentre oggi sono pari a 500 euro).

3.3. Anche in questo caso, sgombrato il campo dall’equivoco della presunta diminuzione dei valori parametrici, si ritiene sia stata raggiunta l’esigenza di evitare i dubbi interpretativi del passato, uno degli obiettivi primari che il CNF si è dato nell’elaborazione della proposta di parametri. Anche il parere del Consiglio di Stato ha apprezzato la volontà di ridurre i margini di opinabilità nell’applicazione dei parametri e quindi di addivenire a parametri più certi, meno soggetti all’aleatorietà dell’applicazione giudiziale (cfr. “In particolare, attraverso le modifiche apportate al citato d.m. n. 55 del 2014, il Ministero ha inteso: - ridurre il margine di discrezionalità dell’autorità giudiziaria nella liquidazione dei compensi al fine di garantire maggiore omogeneità e uniformità nell’applicazione dei parametri sul territorio nazionale, attraverso la soppressione, ovunque ricorrano, delle parole «di regola» nelle disposizioni per la loro applicazione”).


Note

Argomenti correlati

Categoria