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Dalla notitia criminis alla istruttoria: competenze e funzioni del Consiglio dell’Ordine e del Consiglio di Disciplina

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Augusto Conte

LA NOTITIA CRIMINIS

L’art. 50, Legge 31.12.2012, n. 247 sull’Ordinamento Professionale degli Avvocati ha istituito il Consiglio Distrettuale di Disciplina, al quale “appartiene” il potere disciplinare, composto da componenti eletti su base capitaria e democratica, in numero pari a un terzo della somma dei componenti dei Consigli dell’Ordine del Distretto di Corte di Appello.

L’attività disciplinare viene svolta da Sezioni composte da cinque titolari e tre supplenti, con esclusione di avvocati appartenenti all’Ordine a cui è iscritto il professionista nei confronti del quale si procede; l’Istituzione disciplinare, unitamente a norme di carattere procedimentali, assicura la “terzietà” rispetto all’incolpato e conserva l’autodichìa pur assegnando il potere disciplinare in esclusiva alla Avvocatura garantendone l’indipendenza e l’autonomia rispetto ai Consigli dell’Ordine.

Il principio di indipendenza e autonomia dall’Ordine non esclude la centralità dei Consigli dell’Ordine sulla vigilanza deontologica essendo solo il procedimento, e in via esclusiva, assegnato alla competenza del Consiglio di Disciplina, che non ha alcun potere di sorveglianza sugli iscritti, come confermato anche dalla Corte di Cassazione 1 ; l’art. 24 della Legge professionale 31.12.2012, n. 247 stabilisce che gli Ordini circondariali (e il Consiglio Nazionale Forense) sono “istituiti per garantire il rispetto dei principi previsti dalla legge e dalle regole deontologiche, nonché con finalità di tutela della utenza e degli interessi pubblici connessi all’esercizio della professione e al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale”, in relazione alla “specificità della funzione difensiva e in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta”.

Il nuovo Ordinamento professionale ha valorizzato il ruolo e la responsabilità sociale della categoria degli avvocati, quali difensori di diritti e, quindi, del diritto, in vista della “tutela dell’affidamento della collettività e della clientela” che richiedono qualità ed effettività delle prestazioni professionali e osservanza dell’obbligo di correttezza dei comportamenti (Legge 31.12.2012, n. 247, art. 1).

Tali connotazioni della professione forense sono confermati e ribaditi dal Codice Deontologico Forense, approvato dal Consiglio Nazionale Forense il 30.1.2014 (G.U. 16.10.2014, n. 241), secondo il quale “l’avvocato tutela, in ogni sede, l’inviolabilità e l’effettività della difesa, assicurando nel processo la regolarità del giudizio e del contraddittorio”, vigilando sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione e degli Ordinamenti sovranazionali.

Oltre alla vigilanza etico-comportamentale degli iscritti, ai Consigli dell’Ordine sono assegnati compiti istituzionali venendo interessati al compimento di particolari funzioni sia nella parte iniziale che nella parte conclusiva ed esecutiva dei procedimenti disciplinari del Consiglio Distrettuale di Disciplina.

L’art. 50 della Legge 31.12.2012, n. 247 prescrive che la presentazione di esposti o denunce è presentata al Consiglio dell’Ordine che, laddove comunque rilevi una “notitia criminis” di comportamenti rilevanti costituenti possibili illeciti disciplinari, deve darne comunicazione all’iscritto, con l’invito a presentare direttamente al Consiglio Distrettuale di Disciplina deduzioni giustificative nel termine di venti giorni, e trasmettere gli atti al Consiglio di Disciplina competente per gli ulteriori atti e adempimenti procedimentali.

L’art. 51 della Legge Professionale dispone che è’ fatto obbligo alla Autorità Giudiziaria di dare immediata notizia al Consiglio dell’Ordine competente quando nei confronti dell’avvocato venga esercitata l’azione penale; venga disposta l’applicazione di una misura cautelare o di sicurezza, siano effettuati perquisizioni o sequestri; siano emesse sentenze che esauriscano il grado di giudizio; in questi casi la notizia di contestata violazione della legge penale comporta per il Consiglio Distrettuale di Disciplina, in applicazione dell’art. 4, Codice Deontologico Forense 31.1.2014, l’obbligo di sottoporre a procedimento disciplinare l’iscritto, salva, sempre e comunque, l’autonoma valutazione sulla rilevanza disciplinare dei fatti addebitati.

Ordinariamente gli esposti provengono da parti assistite, da controparti, da Colleghi e da terzi; è attribuita validità, ai fini dell’apertura di un procedimento disciplinare, anche a esposti provenienti da terzi non direttamente interessati che siano venuti in qualsiasi modo a conoscenza di comportamenti di un avvocato contrario ai doveri professionali e di condotte, anche in privato, che possano compromettere la reputazione personale del professionista (o del praticante) o l’immagine della professione forense, protette anche dall’art. 2 del Codice Deontologico Forense 31.12.2014 (G.U. 16.10.2014, n. 241).

La valutazione di eventuali esposti provenienti da terzi risiede innanzi tutto nella disposizione ordinamentale che garantisce e tutela, all’art. 3, Legge 31.12.2012, n. 247 e all’art. 9, Codice Deontologico Forense, 31.1.2014, l’affidamento della collettività, oltre che della clientela, prescrivendo non solo la cura della qualità e della efficacia della professione forense, ma anche l’obbligo della correttezza dei comportamenti, per garantire ai cittadini in maniera effettiva e produttiva, tramite condotte improntate a tecnica ed etica, a tutela dei diritti; e quindi risiede nel principio generale fondamentale, ordinamentale e regolamentare di natura deontologica: dal coordinamento delle norme di riferimento risulta che la professione forense deve essere esercitata con lealtà, probità, dignità, decoro e indipendenza, proprio in funzione del rilievo sociale della difesa, nel corso dell’attività professionale e al di fuori dell’esercizio della stessa.

E’ compito del Consiglio di Disciplina riporre una particolare attenzione e un rigoroso scrupolo sugli esposti anonimi, che contengano in maniera confusa, indeterminata e indiscriminata fatti generici e improbabili dai quali non si possano trarre elementi per configurare possibili violazioni disciplinari; possono essere presi in considerazione esposti anonimi dai quali si possano individuare fatti specifici, per i quali sia possibile un riscontro documentale o anche testimoniale, che abbiano la caratteristica di essere seri e consistenti; soprattutto per la considerazione che chi si trincera dietro l’anonimato può essere considerato portatore di ingiustificati e vendicativi risentimenti, come può avvenire non solo contro il proprio difensore, ma anche nei confronti del difensore della controparte per lo zelo dimostrato nel sostenere le ragioni difensive.

L’Autorità Giudiziaria è tenuta, inoltre, ai sensi dell’art. 105 del Codice di procedura penale a riferire al Consiglio dell’Ordine 2 i casi di abbandono, della difesa fiduciaria, di rifiuto, della difesa di ufficio per la quale l’art. 3, comma 1, Legge 31.12.2012, n. 247 stabilisce l’obbligo di prestarla, ove chiamato, per l’avvocato iscritto nell’apposito elenco 3 ; il giudice è tenuto, ancora, a segnalare i casi di violazione, verificatisi nel corso di un processo penale, oltre che di generali doveri di lealtà, probità e specificatamente di verità (la contestazione di essere venuto meno il professionista al dovere di verità può essere sollevata anche dal giudice ove sia avvenuta nel corso di una causa civile), e di inosservanza del divieto, stabilito dall’art. 106 Codice di Procedura Penale di assumere la difesa in situazioni di incompatibilità, determinate dall’assunzione della difesa di imputati nei cui confronti il capo di imputazione denota posizioni tra loro incompatibili.

All’Autorità Giudiziaria spetta il compito di rilevare, nel rispetto del sano, corretto e coerente principio del contraddittorio, in mancanza del quale vi può essere compromissione anche del diritto di difesa, la situazione di incompatibilità, provvedendo alle opportune sostituzioni; alla stessa Autorità Giudiziaria compete la valutazione del “merito” della incompatibilità; al Consiglio Distrettuale di Disciplina, in tutti i predetti casi, per la salvaguardia e indipendenza della funzione difensiva dell’avvocato, compete, in via esclusiva ed autonoma, l’accertamento della sussistenza della violazione, come del resto espressamente previsto nell’art. 105, Codice di Procedura Penale, sia in caso di ingiustificato abbandono o rifiuto della difesa, sia nel caso di mancata rimozione, o di persistenza nella situazione di incompatibilità.

La condotta dell’avvocato che assuma la difesa di più indagati o imputati che abbiano reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di altro indagato o imputato nel medesimo o in procedimento connesso o collegato è sanzionata in maniera tipizzata dal Codice Deontologico Forense 31.1.2014, art. 49, comma 2.

L’esercizio dell’attività difensiva non rispettosa delle disposizioni procedimentali nell’ambito delle investigazioni difensive è sottoposto alla delibazione dell’Autorità Giudiziaria; l’art. 391bis, comma 6, nel disciplinare le modalità e i criteri dei colloqui, della ricezione di dichiarazioni e di assunzione di informazioni, nel corso del conferimento con persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell’attività investigativa difensiva, sanziona di inutilizzabilità nel caso vengano assunti in violazione delle analitiche disposizioni elencate nello stesso articolo di legge e prescrive che l’inosservanza costituisce illecito disciplinare, la cui valutazione è rimessa al titolare del potere disciplinare, al quale il giudice deve comunicarla, che decide sempre in autonomia.

Anche il giudice delle controversie civili è tenuto a riferire “alle autorità che esercitano il potere su di essi”, i comportamenti dei difensori che non siano conformi a lealtà e probità, come prescritto dal Codice di Procedura Civile, all’art. 88; tali mancanze possono essere atipiche o espressamente previste in norme processuali o deontologiche.

Il giudice della causa civile, ai sensi del Codice di Procedura Civile, art. 89, oltre a disporre la cancellazione di espressioni sconvenienti od offensive e a sanzionare con il riconoscimento di un risarcimento del danno, anche di natura non patrimoniale, sofferto dai destinatari delle espressioni, è in facoltà di segnalare al Consiglio dell’Ordine l’uso di espressioni sconvenienti od offensive da parte dei difensori, negli scritti depositati e nei discorsi pronunciati davanti al giudice.

La facoltà di segnalazione al Consiglio dell’Ordine spetta al giudice, penale o civile, anche in caso di violazione dell’obbligo dell’avvocato, tipizzato nel Codice Deontologico di improntare i rapporti con i magistrati a dignità e reciproco rispetto; compete anche al giudice rilevare l’eventuale inosservanza del dovere di verità, stabilito dal Codice Deontologico Forense 31.1.2014 nell’art. 50, in particolare con riferimento alla introduzione nel procedimento, penale o civile, di prove o documenti che l’avvocato sappia essere falsi.

Più specificatamente l’art. 11 del Regolamento C.N.F. 21.2.2014, n. 2 precisa che alla ricezione di esposti o denunce e all’acquisizione di notizie di “fatti suscettibili di valutazione disciplinare” il Consiglio dell’Ordine deve immediatamente informare l’iscritto invitandolo, nel ter- mine di venti giorni, a presentare direttamente al Consiglio di Disciplina le proprie deduzioni e trasmettere gli atti allo stesso allegando una scheda riassuntiva di precedenti provvedimenti disciplinari a carico dell’iscritto. Per converso, qualora la notitia criminis pervenga direttamente al Consiglio Distrettuale di Disciplina, deve essere comunque trasmessa al Consiglio dell’Ordine in cui è iscritto l’avvocato destinatario di fatti di indagine presuntivamente illeciiti disciplinarmente e/o a quello ove il fatto è stato compiuto.

Il Consiglio dell’Ordine di iscrizione dell’incolpato sanzionato è anche competente per l’esecuzione dei provvedimenti del Consiglio Distrettuale di Disciplina, per come stabilito dall’art. 62, Legge 31.12.2012, n. 247 e dall’art. 35, Regolamento CNF 21.2.2014, n. 2; il Presidente dell’Ordine ricevuta notizia dell’esecutività della sanzione e verificata la data di notifica all’incolpato della decisione del Consiglio di Disciplina o del Consiglio Nazionale Forense, invia all’iscritto una comunicazione indicandogli la decorrenza finale dell’esecuzione della sanzione, quando si tratti si sanzioni reali (o sostanziali: sospensione o radiazione), previa deduzione del presofferto in caso di applicazione di sospensione cautelare; la comunicazione contenente provvedimenti di sospensione o radiazione (oltre che di sospensione cautelare) è inviata ai capi degli Uffici Giudiziari del Distretto ove ha sede il Consiglio dell’Ordine, ai Presidenti dei Consigli degli Ordini del relativo Distretto e a tutti gli iscritti agli Albi e Registri, affiggendone copia presso gli Uffici della sede dell’Ordine.

Quando è applicata una sanzione o viene pronunciato un proscioglimento di un iscritto ad altro Ordine, la decisione è comunicata all’Ordine di iscrizione.

Il Regolamento CNF 21.2.2014, n. 2 disciplina in maniera specifica gli adempimenti di competenza del Consiglio dell’Ordine dell’iscritto destinatario della decisione, aggiungendo all’art. 35 che delle sanzioni reali, che importano l’impedimento all’esercizio della professione forense, è data comunicazione a tutti i Consigli dell’Ordine.

Il Consiglio Distrettuale di Disciplina agisce in piena indipendenza di giudizio e in autonomia organizzativa e operativa secondo le disposizioni contenute nel Regolamento CNF 21.2.2014, n.2; le spese di gestione sono ripartite tra gli Ordini circondariali in proporzione al nu- mero degli iscritti; l’art. 3 dispone che l’entità delle spese di gestione e funzionamento sono indicate nel bilancio preventivo del Consiglio dell’Ordine Distrettuale e viene ripartita tra gli Ordini circondariali; l’importo necessario per le spese di gestione viene preventivato entro il 30 novembre di ogni anno, di concerto tra i Presidenti degli Ordini Distrettuale e Circondariali e il Presidente del Consiglio Distrettuale di Disciplina; il Consiglio dell’Ordine distrettuale, istituendo una contabilità separata, gestisce le somme che nel mese di marzo di ogni anno devono inviargli gli Ordini circondariali, che adeguano il contributo degli iscritti agli oneri di gestione del Consiglio Distrettuale di Discplina.

Presidente e Consiglieri del Consiglio Distrettuale di Discplina non hanno diritto a compensi, emolumenti o indennità, ma esclusivamente al rimborso delle spese di trasferta.

LA ISTRUTTORIA SOMMARIA

Il Consigliere Istruttore è il vero elemento propositivo e propulsivo del procedimento disciplinare e sullo stesso ricade la responsabilità sia della fase istruttoria che può definirsi “sommaria”, che dei successivi atti procedimentali di impulso delle successive fasi del procedimento, formulando le proposte alla Sezione disciplinare.

Il Regolamento CNF 21.2.2014, n. 2, all’art. 14, comma 4bis assegna al Consigliere Istruttore la facoltà di proporre, in via sommaria e senza l’ascolto dell’iscritto, alla Sezione designata l’adozione del richiamo verbale; la delibera di approvazione, formalizzata con lettera del Presidente del Consiglio Distrettuale, è comunicata con raccomandata o a mezzo pec riservate all’incolpato, all’Ordine di iscrizione e all’eventuale esponente; il procedimento, che ricalca i provvedimenti monitori, prevede che il destinatario, nel termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, può opporsi alla definizione del procedimento con l’applicazione del richiamo chiedendo che si proceda alla istruttoria preliminare, ai sensi degli artt. 58 della Legge 31.12.2012, n. 247 e 15 Regolamento CNF 21.2.2014, n. 2.

Qualora il Consiglio Distrettuale in Assemblea Plenaria non disponga l’archiviazione per manifesta infondatezza, o non disponga il richiamo verbale, il Presidente designa la Sezione competente a giudicare, con i criteri normativi e regolamentari previsti e designa il Presidente della Sezione disciplinare, il Consigliere Segretario e, tra gli stessi componenti, il Consigliere Istruttore.

Al Consigliere Istruttore, per come disposto dalla Legge 31.12.2012, n. 247, art. 58, comma 2 e dal Regolamento CNF 21.2.2014, n. 2, art. 15, spetta di comunicare, senza ritardo, all’iscritto, l’avvìo della fase istruttoria pre-procedimentale, con raccomandata o pec (come precisato dal Regolamento) nel domicilio professionale o in quello eletto presso l’eventuale difensore, ove nominato con le prime deduzioni richiestegli dal Consiglio dell’Ordine; la comunicazione di avvìo del procedimento contiene sommariamente gli elementi utili a conoscere i fatti addebitatigli e l’invito al destinatario a formulare nel termine di trenta giorni le proprie osservazioni; il Regolamento CNF 21.2.2014, n. 2 all’art. 15 aggiunge che il destinatario dell’avviso può formulare deduzioni e richieste, anche istruttorie; è possibile, ed è in facoltà del destinatario della comunicazione, allegare le proprie considerazioni difensive corredate eventualmente di documenti giustificativi; non è escluso che possa rapportare, in aggiunta agli elementi giustificativi, su fatti dai quali il Consigliere Istruttore possa individuare la esistenza e la fondatezza di criteri valutativi dai quali desumere condotte di rilevanza disciplinare nei confronti dello stesso esponente, quando si tratti di un Avvocato; in tal caso il Consigliere Istruttore può trasmettere copia dell’esposto al Consiglio dell’Ordine per gli adempimenti previsti dall’art. 50, Legge 31.12.2012, n. 247.

Il destinatario dell’avvìo del procedimento è avvisato che può designare un proprio difensore e che in ogni momento può accedere agli atti del procedimento ed estrarne copia.

L’avvìo del procedimento, costituendo un atto amministrativo endoprocedimentale, in funzione della natura amministrativa del procedimento, non riveste rilevanza esterna e non è autonomamente impugnabile. Il Consigliere Istruttore ha il compito di provvedere a ogni accertamento di natura istruttoria, nel termine ordinatorio di sei mesi, tramite l’assunzione di informazioni, dichiarazioni di persone informate sui fatti, acquisizione di atti e documenti e può invitare l’iscritto a rendere dichiarazioni, con l’eventuale assistenza di difensore: tutta l’attività viene verbalizzata con atto sottoscritto dagli intervenuti.

Come è desumibile dal contesto delle disposizioni normative e regolamentari la ampiezza delle facoltà istruttorie del Consigliere Istruttore include anche quella di accertare fatti e circostanze favorevoli all’interessato; anche quindi, e non soltanto, per “analogia” all’art. 358 Codice di Procedura Penale, espressamente richiamato dall’art. 59, Legge 31.12.2012, n. 247, comma 6, lett. n), che si riferisce, ove compatibile, a tutte le fasi del procedimento disciplinare, che assegna al Pubblico Ministero il compito di svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore delle persone sottoposte alle indagini.

Lo stesso destinatario dell’avvìo del procedimento può chiedere di essere ascoltato; in questa fase è facoltà del Consigliere Istruttore raccogliere l’interrogatorio del richiedente, anche se, pur non essendo obbligato, è comunque ragionevole disporne l’ascolto; in questa fase le garanzie difensive sono affievolite e la presenza del difensore è diretta a svolgere più che altro attività di assistenza.

A conclusione della fase di istruzione sommaria il Consigliere Istruttore propone alla Sezione richiesta motivata di archiviazione, recante i presupposti di fatto, le ragioni e le indicazioni di carattere giuridico che sono a fondamento della richiesta, in relazione alle risultanze della istruttoria, o di approvazione del capo di incolpazione dallo stesso formulato, depositando il fascicolo nella Segreteria a disposizione del Presidente e dei Consiglieri della Sezione.

Se la Sezione delibera l’archiviazione, ovviamente senza la presenza dell’Istruttore, il provvedimento è comunicato al soggetto dal quale è pervenuta la notizia di illecito disciplinare risultata non fondata, e al Consiglio dell’Ordine presso il quale l’avvocato è iscritto, per come disposto dall’art. 58, comma 4, della Legge 312.12.2012, n. 247.

I provvedimenti di archiviazione, in qualunque fase vengano emessi, sono motivati per espressa previsione del Regolamento CNF 21.2.2014, n. 2, art. 19; l’archiviazione, oltre che deliberata dal plenum dell’Assemblea, per manifesta infondatezza della notizia di illecito disciplinare, può essere deliberata dalla Sezione competente, sia in caso di accoglimento della richiesta di archiviazione formulata dal Consigliere Istruttore, sia in caso di rigetto della sua proposta di approvazione del capo di incolpazione formulato al termine della istruttoria “formale”, sia, infine, in caso di rigetto della richiesta di citazione a giudizio.

Il provvedimento di archiviazione, anche per intervenuta prescrizione, che assume connotazioni “meritali”, può esser disposta dalla Sezione disciplinare competente in ogni fase del procedimento, ove sia emersa la manifesta infondatezza dell’addebito. Se la Sezione disciplinare accoglie la proposta di approvazione del capo di incolpazione, si apre la istruttoria formale, ai sensi della Legge 31.12.2012, n. 247, art. 59 e del Regolamento CNF 21.2.2014, n. 2, artt. 16, 17, 18 e 19.

LA ISTRUTTORIA FORMALE

L’art. 59, Legge 31.12.2012, n. 247 disciplina unitariamente sia la fase istruttoria procedimentale di carattere formale che il dibattimento, contrariamente al Regolamento CNF 21.2.2014, n. 2 che, più correttamente, ripartisce la fase della conclusione della istruttoria dopo l’approvazione del capo di incolpazione con le connesse attività, dedicando le disposizioni degli artt. 16, 17, 18 e 19 e tratta la fase dibattimentale, in tre distinti capi 4 , a partire dalla descrizione dei contenuti della citazione, della fase dibattimentale e discussione e della fase decisoria.

L’art. 59 Legge 31.12.2012, n. 247 regola quelli che definisce i principi fondamentali del procedimento disciplinare stabilendo innanzi tutto il compito della Sezione disciplinare, quando ritenga di aderire alla relativa proposta del Consigliere Istruttore, di approvare il capo di incolpazione nei confronti dell’iscritto a un Albo, un Elenco o un Registro tenuto dal Consiglio dell’Ordine, ai sensi della Legge 31.12.2012, n.247.

La struttura del capo di incolpazione deve contenere in maniera chiara e precisa i fatti addebitati; pur richiedendo la disposizione normativa la indicazione delle norme violate, la giurisprudenza disciplinare, anche in riferimento al fatto che le violazioni disciplinari sono solo “tendenzialmente” tipizzate, ritiene in molteplici decisioni che la contestazione degli addebiti disciplinari non richieda né l’indicazione delle fonti di prova da utilizzare nell’ulteriore attività procedimentale, né la individualizzazione delle precise norme deontologiche delle quali si contesta la violazione; necessaria è ritenuta, anche per consentire e garantire il diritto alla difesa, una chiara contestazione degli addebiti formulati dal Consigliere Istruttore con il capo di incolpazione, non assumendo rilievo né la mancata indicazione delle norme violate, né la errata individuazione, spettando in ogni caso all’organo giudicante la definizione e qualificazione giuridica dei fatti contestati, senza che vengano lesi i diritti della difesa; purchè l’incolpato non venga sanzionato per fatti diversi da quelli addebitati e sui quali abbia esercitato il diritto di difesa, venendo, in caso di sanzioni per fatti non contestati, violato il principio generale di correlazione tra incolpazione e decisione 5 .

“Al fine di garantire il diritto di difesa dell’incolpato (costituente il parametro di valutazione della legittimità del procedimento disciplinare in ossequio ai principi generali di buon andamento e di trasparenza dell’attività amministrativa) necessaria e sufficiente è una chiara ed esaustiva contestazione dei fatti addebitati, non assumendo, invece, rilievo la mancata indicazione delle norme violate, spettando in ogni caso all’organo giudicante la definizione giuridica dei fatti contestati con il solo limite di non potersi sanzionare il professionista per fatti diversi o ulteriori a quelli specificamente oggetto dell’incolpazione. In sostanza la contestazione dell’addebito disciplinare non richiede una minuta, completa e particolareggiata esposizione della condotta, essendo sufficiente che, con la lettura dell’incolpazione, l’interessato sia in grado di affrontare in modo efficace e compiuto le proprie difese, senza correre il rischio di essere ritenuto responsabile per fatti diversi da quelli ascrittigli” 6 .

“La contestazione disciplinare nei confronti di un avvocato, che sia adeguatamente specifica quanto all’indicazione dei comportamenti addebitati, non richiede né la precisazione delle fonti di prova da utilizzare nel procedimento disciplinare, né la individuazione delle precise norme deontologiche che si assumono violate, dato che la predeterminazione e la certezza dell’incolpazione può ricollegarsi a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività. Corollario di tale principio è che in tema di procedimenti disciplinari quello che è necessario al fine di garantire il diritto di difesa all’incolpato – e di consentire, quindi allo stesso di far valere senza alcun condizionamento (o limitazione) le proprie ragioni – è una chiara contestazione dei fatti addebitati non assumendo, invece, rilievo la sola mancata indicazione delle norme violate e/o di una loro erronea individuazione, spettando in ogni caso all’organo giudicante la definizione giuridica dei fatti contestati e configurandosi una lesione al diritto di difesa solo allorquando l’incolpato venga sanzionato per fatti diversi da quelli che gli sono stati addebitati ed in relazione ai quali ha apprestato la propria difesa” 7 .

La giurisprudenza, anche di legittimità, non richiede neppure una minuta, completa e particolareggiata esposizione della condotta, né l’indicazione delle norme del Codice Deontologico Forense che si assumono violate, essendo sufficiente che, con la lettura dell’incolpazione, l’interessato sia in grado di affrontare in modo efficace e compiuto le proprie difese.

“Le previsioni del Codice Deontologico Forense hanno natura di fonte meramente integrativa dei precetti normativi e si possono legittimamente ispirare a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività. Ne consegue che, al fine di garantire il diritto di difesa all’avvocato incolpato in sede disciplinare, è necessario che gli venga contestato il comportamento ascritto come integrante la violazione deontologica e non già il nome juris o la rubrica della ritenuta infrazione; il giudice disciplinare è libero di individuare l’esatta configurazione della violazione tanto in clausole generali, quanto in diverse norme deontologiche e finanche di ravvisare un fatto disciplinarmente rilevante in condotte atipiche non previste da dette norme” 8 .

E’ comunque opportuno che la contestazione contenga l’indicazione delle norme generali stabilite nell’art. 51, comma 1, Legge 31.12.2012, n. 247, in riferimento ai principi informatori normativi del giudizio disciplinare per infrazioni ai doveri e alle regole di condotta, e nell’art. 53, stessa Legge, quanto alle sanzioni applicabili, che in sede di decisione, in caso di affermazione di responsabilità disciplinare, andranno adeguate con l’applicazione dei criteri stabiliti dall’art. 21 Codice Deontologico Forense 31.1.2014, secondo i quali la sanzione deve essere commisurata alla gravità del fatto, all’intensità del dolo, al contesto nel quale è avvenuta la violazione, oltre che al pregiudizio per la parte assistita e alla compromissione dell’immagine della professione forense e ai criteri indicati nell’art. 22 stesso Codice Deontologico, riguardanti la graduazione delle sanzioni rispetto ai casi più gravi o meno gravi.

La delibera di approvazione del capo di incolpazione è comunicata all’incolpato con apposito atto che contiene, unitamente al capo di incolpazione, l’indicazione della delibera di approvazione, l’enunciazione delle generalità dell’incolpato, il numero cronologico del procedimento, al Consiglio dell’Ordine di appartenenza e al Pubblico Ministero presso il Tribunale ove ha sede il Consiglio Distrettuale di Disciplina, come precisato a integrazione della Legge 31.12.2012, n. 247, art. 58, comma 1, lett. A, dal Regolamento CNF 21.2.2014, n. 2, art. 17, comma 1, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo pec.

La deliberazione di approvazione del capo di incolpazione, così come quelle che dispongono la citazione a giudizio e la prosecuzione del procedimento disciplinare, hanno natura di atti amministrativi endoprocedimentali, che hanno la finalità di segnalare l’avvìo del procedimento con l’indicazione dei capi di incolpazione e sono quindi privi di rilevanza esterna, sicchè non sono impugnabili dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, né dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale 9 .

“La deliberazione del Consiglio Distrettuale di Disciplina che dispone l’apertura o la prosecuzione del procedimento disciplinare non è immediatamente impugnabile innanzi al Consiglio Nazionale Forense, stante la tassatività degli atti scrutinabili dal Consiglio Nazionale Forense, nonché in ragione della sua natura di atto amministrativo endoprocedimentale, come tale privo di rilevanza esterna” 10 .

Con la comunicazione l’incolpato è avvisato che nel termine di venti giorni dalla comunicazione, effettuata oltre che con raccomandata anche con posta elettronica certificata, della quale ogni avvocato è tenuto a munirsi, ha diritto di accedere agli atti contenuti nel fascicolo, prendendone visione ed estraendone copia; di avere facoltà di depositare memorie e documenti; di avere facoltà di comparire avanti al Consigliere Istruttore, con l’eventuale assistenza di difensore, per essere sentito ed esporre le difese; l’interrogatorio “di garanzia”, ove richiesto, è fissato subito dopo il compimento degli atti difensivi da parte dell’incolpato. In questa fase di istruzione formale la difesa diviene piena ed effettiva potendo l’incolpato spiegare tutte le ragioni motivate ed eventualmente documentate, a sostegno delle richieste, istruttorie e di merito, adeguate e commisurate al contenuto, divenuto con la comunicazione conosciuto, dell’addebito contestato nel capo di incolpazione.

Il Regolamento CNF 21.2.2014, N. 2 all’art. 17 conferma i requisiti della delibera e della relativa comunicazione del capo di incolpazione, oltre che con l’aggiunta della facoltà per l’incolpato di comparire davanti al Consigliere Istruttore, con l’avviso che l’incolpato può essere assistito da un difensore, ove già non nominato, ed eleggere presso di lui un domicilio diverso da quello proprio professionale, per le successive comunicazioni degli atti del procedimento, indicando il recapito professionale e la pec del domiciliatario.

Al termine della fase istruttoria procedimentale formale e dopo il compimento degli ulteriori adempimenti previsti nella Legge e nel Regolamento, il Consigliere Istruttore può richiedere alla Sezione disciplinare la archiviazione, o di disporre la citazione a giudizio dell’incolpato. Se la Sezione accoglie la proposta di archiviazione il procedimento è definito con la relativa pronuncia; ove la Sezione accolga la richiesta di citazione, si apre la fase prodromica e preparatoria del dibattimento. L’approvazione della richiesta di citazione a giudizio formulata dal Consigliere Istruttore dopo l’esaurimento degli adempimenti richiesti nella fase istruttoria procedimentale formale, segna l’inizio della fase dibattimentale.


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