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A seguito delle sentenze gemelle delle Sezioni Unite della Cassazione cui al c.d. “primo” San Martino del 20081, l’interesse scientifico sul danno morale sembrava scemato, risultando lo stesso sacrificato sull’altare della unitarietà della categoria del danno non patrimoniale.
Dopo un decennio, però, principalmente ad opera della III sezione del S.C., – cui si deve il “secondo” San Martino, ovvero il decalogo formato dalle dieci sentenze tutte depositate l’11.11.2019, e numerate da 28985 a 28994 –, le luci dei riflettori si sono riaccese sul danno morale, invocandosene la decisa autonomia, insuscettiva di tabellazione di sorta. Ciò con tale enfasi da mettere in dubbio non solo la validità delle tabelle milanesi, ma, con esse, la stessa possibilità di elaborare una tabella in grado di determinare il giusto range risarcitorio del danno non patrimoniale.
Prima di enunciare quella che oggi appare – a seguito di Cass. III 25164/20, della proposta di tabella unica nazionale ad opera del Ministero dello Sviluppo Economico, e, soprattutto, delle nuove tabelle milanesi 2021 – come la soluzione del problema, indispensabile ci pare un passo indietro.
Iniziando precisamente dal Decreto legislativo del 07/09/05, n. 209, che contiene, nei suoi articoli 138 e 139, la volontà precisa di predeterminare quanto più possibile i risarcimenti: ciò per l’evidente utilità di avere parametri coerenti in tutt’Italia, e risultati più prevedibili, evitandosi cause ingiustificate, con rialzi di costi dannosi agli Assicuratori e quindi agli Assicurati (noi tutti, crescendo il premio assicurativo).
Proprio al fine di evitare duplicazioni di danni, al semplice variare del nomen juris (danno alla vita di relazione, alla sfera sessuale, esistenziale, etc.), intervengono quindi le già citate sentenze gemelle delle SS.UU. 11.11.08 n.ri 26972-73-74-75 (il c.d. “primo San Martino”, del 2008), che dicono unitaria la categoria del danno non patrimoniale, comprensiva quindi del danno morale.
Coerenti con le Sezioni Unite sono quindi le successive applicazioni dell’osservatorio della giustizia civile di Milano, che forma tabelle con liquidazioni del danno proporzionali e progressive, in disparte la possibilità della personalizzazione del danno in via percentuale che appunto consenta al giudice di riconoscere l’eventuale maggior danno dinamico relazionale.
La sentenza c.d. Amatucci (dal nome del relatore) della Corte di Cassazione (07.06.11 n. 12408), nel riconoscere la primazia delle tabelle milanesi, siccome ben riassuntive del potere equitativo del giudice, aveva chiuso il cerchio, formando – con dette tabelle e il citato dictum delle SS.UU. – un trinomio che pareva inattaccabile. Sembrava quindi jus receptum che il danno morale fosse non liquidabile separatamente (dal danno biologico), nell’apprezzabile desiderio – che poi muove le tabelle – di realizzare in tutt’Italia uniformità di trattamento, favorendo la certezza del diritto, e quindi favorendo le transazioni, dissuadendo dal considerare un giudizio civile come una lotteria.
Per parte sua, contribuendo all’armonia del quadro, la Consulta, con sua sentenza 235/14, dichiarava infon-date le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 139 Cod. Ass., anche per la supposta violazione del diritto al risarcimento del danno morale, dicendo che un eventuale minore risarcimento come tabellato comunque fosse costituzionalmente legittimo ove inquadrato in un campo – come quello della r.c. auto – ove esiste un obbligo assicurativo a carico degli utenti che pure ne sono beneficiari (da cui l’accettabilità dell’eventuale sacrificio sul piano risarcitorio).
La L. Balduzzi (189/12) prima, e la L. Gelli (24/17) dopo, estendono alla responsabilità sanitaria gli articoli 138 e 139. La L. Gelli pure allargando al campo della R.C. medica l’obbligo assicurativo, il Fondo di garanzia, e l’azione diretta nei confronti dell’Assicuratore (se pur ancora mentre si scrive inesperibile in mancanza dei decreti attuativi).
A questo punto, il legislatore, consapevole della più ampia applicazione degli articoli 138 e 139 Cod.Ass., li modifica con L. 04.08.17 n. 124 (art. 1 commi 17 e 19): nuova è quindi anche la rubrica, che ora non è più limitata al “danno biologico”, ma espressamente ricomprende l’intero “danno non patrimoniale”.
Nella serenità del quadro normativo e giurisprudenziale, accade però che la III sezione del S.C. operi un sostanziale revirement: precisamente, pur dichiarando prestare formale osservanza alle sentenze del “primo” San Martino (non potrebbe far altro giusta l’art. 374 c.p.c., che impedisce alla sezione semplice di contrastare i principi delle sentenze emesse a SS.UU.), con sentenza 901/18, e poi ancora con sentenze 7513/18 (quest’ultima, estensore Rossetti, subito ribattezzata come il Decalogo del danno non patrimoniale ), 2788/19, e 26304/19 prende a sostenere la decisa autonomia del danno morale2, estraneo ad ogni tipo di tabellazione.
Nel contrasto anche dottrinario, i “fedeli” alla linea delle SS.UU. di San Martino 2008 vengono sconfitti dagli “innovatori”. Univoche sono quindi – da Cass. 901/18 in poi – le sentenze della III sezione ricognitive dell’autonomia del danno morale. Tesi che si dice fondata sui modificati artt. 138 e 139 C. Ass., ora applicabili anche alla responsabilità sanitaria.
Ma davvero superato – ci si domanda – era il “vecchio” San Martino 2008?
Pel vero, la Corte Costituzionale, con la citata sentenza del 16.10.14 n. 235, aveva escluso la supposta incostituzionalità dell’art. 139 C. Ass., così tra l’altro statuendo: “È pur vero che l’art. 139 … non fa menzione anche del danno morale. Ma con sentenza 26972/08, le Sezioni Unite del S.C. hanno ben chiarito (nel quadro proprio della definizione del danno ex art. 139/2 C. Ass.) come il cosiddetto “danno morale” – e cioè la sofferenza personale suscettibile di costituire ulteriore posta risarcibile (comunque unitariamente) del danno non patrimoniale, nell’ipotesi in cui l’illecito configuri reato, “rientra nell’area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente”.
La III sezione, però, supera il “primo” San Martino: e sebbene le sezioni semplici non possano (ex art. 374 c.p.c.) decidere in difformità dalle Sezioni Unite, essa – come detto – afferma l’autonomia del danno morale dipendente dalla novella cui alla L. 124/17.
Ma il legislatore della L. 124/17 non manifesta alcuna intenzione di ampliare l’area del risarcimento del danno non patrimoniale, risultato che si avrebbe una volta individuato il danno morale al di fuori delle tabelle. Al contrario, la mens legis (della L. 124/17) si manifesta univoca già nel mutamento della rubrica sia dell’art. 138 che dell’art. 139: ove era scritto “danno biologico”, ora si legge “danno non patrimoniale”, a dimostrazione dell’esaustività del risarcimento tabellare.
Quanto all’art. 139/3 C. Ass., sulle micro permanenti (punti percentuali sino a 9), esso è stato novato, ed oggi prevede la “sofferenza psico-fisica di particolare intensità” risarcibile con un aumento del risarcimento del danno sino al 20%”. Donde sembra comprendersi in questo aumento sino al 20% ogni ipotesi di danno morale, come statuito dalla Consulta (citata sentenza 235/14).
Quanto all’art. 138, nel comma 2 parla di tabella re- 73 digenda “tenuto conto dei criteri di valutazione del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità”: in tale passaggio è l’espresso riconoscimento delle tabelle milanesi, valevoli, giusta legittimazione del S.C., in tutt’Italia. Ancora, il comma 2 sub e), parla specificamente della “componente del danno morale da lesione all’integrità fisica”, prevedendo un progressivo incremento percentuale per punto del danno biologico come quantificato secondo i criteri di cui alle lettere precedenti, da a) a d). A conferma stanno gli ultimi due commi del detto nuovo articolo 138: la dichiarata esaustività, e l’unica redigenda tabella citata, ci pare univocamente comprovino che il danno morale è dal Legislatore (anche della L. 124/17) considerato espressamente come componente del danno non patrimoniale, liquidabile proporzionalmente – e progressivamente – al danno biologico e mediante aumento personalizzato.
Che gli articoli 138 e 139 C. Ass. – e quindi la L. Gelli- Bianco che li dichiara rilevanti in tema di responsabilità medica – non si esprimano a favore della autonomia del danno morale è peraltro tesi sostenuta in dottrina: del resto, si tratta di “oggettivare l’inoggettivabile”, sfuggendo il danno non patrimoniale ad una rigida quantificazione. Mentre, se si aggiungono poste (id est: il danno morale) alle tabelle nate per unificare l’intero danno non patrimoniale (come da insegnamento del “primo” San Martino), allora si finisce per favorire la nascita di tabelle in competizione tra loro, in dannose lotte tra campanili.
In definitiva, ci pare mancante alcun valido motivo – con buona pace del nuovo orientamento della III sezione, e degli illustri autori che detto nuovo opinamento non contrastano – per mutare l’assetto dell’unitarietà del danno non patrimoniale comprensivo del danno morale cui alle sezioni unite del “primo” San Martino, continuandosi il danno morale a risarcirsi giusta le tabelle redatte – o redigende – ex art. 139 e 138. (E piace sul punto il rilevare che anche il Tribunale capitolino (v. sentenza 07.02.19, giudice Parziale, B.I.A.A. / UnipolSai9), notoriamente molto attento e attivo in materia, riesaminando la questione alla luce della modifica dell’art. 138, precisa che la “componente di danno morale soggettivo debba esser incrementata in via percentuale e per punto”.)
Va però rilevato che la tesi dell’autonomia della risarcibilità del danno morale, svincolato dalle tabelle, tesi pur recente, è sembrata – sino alle novità cui infra – costituire jus receptum. In ordine, a sostegno del nuovo verbo vanno ricordate Cass. 17.01.18 n. 901, e soprattutto l’ordinanza 27.03.18 n. 7513, che costituisce anch’essa un decalogo, perché costruita su dieci punti. Ma v. anche 31.05.18 n. 13770, 28.09.18 n. 23469, 31.01.19 n. 2788, 27.03.19 n. 8442, e ovviamente le sentenze 28998 e 28999 dell’11.11.19 facenti parte del Decalogo di San Martino 2019. Il cui novum –in punto all’autonomia del danno morale – trova anche nel 2020 ulteriore conferma: è del 4 febbraio 2020, n. 2461, la sentenza che non solo dice autonomo il danno morale (rispetto al danno biologico cui all’art. 138), ma ne richiede dal giudice del merito una autonoma valutazione, svincolata da un rigido calcolo proporzionale, e svincolata quindi anche dalle tabelle. E vedi ancora, nel solco ampiamente tracciato della risarcibilità autonoma del danno morale, a condizione di espressa autonoma domanda, Cass. III, 20.04.2020 n. 7964, ove leggiamo: costituisce jus receptum che non vi sia “automatismo tra danno biologico e morale, … entrambi dovendo esser allegati e provati. Il primo richiede valutazione medico legale, il secondo incide sulla c.d. sfera soggettiva interna, incidente sul danno non patrimoniale da liquidarsi… Il giudice dovrà verificare se e come tali specifiche componenti siano state allegate e provate, provvedendo successivamente a adeguare la misura della reintegrazione del danno non patrimoniale, indicando il criterio di valutazione adottato”. E v. ancora Cass. III 4.11.2020 n. 24473 ove leggiamo che, quanto al danno morale, le tabelle di Milano non possono ritenersi vincolanti.
In sostanza, auspicato dalla III sezione del S.C. sembra esattamente il contrario rispetto all’applicazione della tabella milanese (salva la personalizzazione per il solo danno dinamico relazionale). Con l’effetto che errata risulterebbe, secondo detta giurisprudenza, ogni domanda risarcitoria avanzata nel solco delle sezioni unite di San Martino 2008, richiedendosi genericamente il riconoscimento del danno non patrimoniale come delineato dalle tabelle milanesi!
Il nuovo orientamento della III sezione fa (giustamente) dire a Ponzanelli che, così opinandosi, il futuro sistema tabellare giudiziale dovrà necessariamente rinunziare ad essere un sistema completo, perché non potrà considerare il pregiudizio morale, il cui accertamento e la cui liquidazione saranno riservati all’istruttoria del caso “nella sua concreta, multiforme e variabile fenomenologia”: tornando in auge l’art. 2697 (sulla prova) e l’art. 1126 c.c. (sul potere / dovere del giudice di liquidare equitativamente il danno). Vanificandosi – col nuovo orientamento – sia le tabelle milanesi sia anchela tendenziale uniformità di trattamento in tutto il Paese, con evidente maggiore litigiosità, non essendovi più dati noti condivisi; con maggiore durata delle cause, dovendosi ora provare il danno morale, con testimonianze lunghe e incerte; con consequenziali maggiori costi, anche dei premi assicurativi, non potendo più gli Assicuratori, in difetto di tabelle vincolanti, predisporre attendibili preventivi di spesa… Esattamente quel che, in ordine, le Sezioni Unite delle sentenze gemelle dell’11.11.08; l’Osservatorio della Giustizia Civile di Milano; le leggi Balduzzi e Gelli, e la giurisprudenza sino a poco tempo fa pacifica, hanno cercato di evitare!
Cass. 10.11.2020 n. 25164
Stanti le dette premesse, la sentenza emarginata va colta come il (positivo) segnale di una controriforma: segnale assai importante anche per esser Presidente del Collegio lo stesso Giacomo Travaglino che pur del Decalogo era stato l’indubbio ispiratore.
Invero, con la sentenza della Corte triestina all’esame del S.C. era stato condannato l’Assicuratore al risarcimento del danno come previsto dalle tabelle milanesi, con personalizzazione ed ulteriori 20.000 per danno morale, appunto considerandolo come voce aggiuntiva di danno.
Orbene, Cass. 25164/2020 statuisce: “… Nel procedere alla liquidazione del danno alla salute, il giudice di merito dovrà:
1) accertare l’esistenza, nel singolo caso di specie, di un eventuale concorso del danno dinamico-relazionale e del danno morale;
2) in caso di positivo accertamento dell’esistenza (anche) di quest’ultimo, determinare il quantum risarcitorio applicando integralmente le tabelle di Milano, che prevedono la liquidazione di entrambe le voci di danno, ma pervengono (non correttamente, per quanto si dirà nel successivo punto 3) all’indicazione di un valore monetario complessivo (costituito dalla somma aritmetica di entrambe le voci di danno);
3) in caso di negativo accertamento, e di conseguente esclusione della componente morale del danno (accertamento da condurre caso per caso), considerare la sola voce del danno biologico, depurata dall’aumentotabellarmente previsto per il danno morale secondo le 75 percentuali ivi indicate, liquidando, conseguentemente il solo danno dinamico-relazionale,
4) in caso di positivo accertamento dei presupposti per la cd. personalizzazione del danno, procedere all’aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico, depurato, analogamente a quanto indicato al precedente punto 3, dalla componente morale del danno automaticamente (ma erroneamente) inserita in tabella, giusta il disposto normativo di cui al già ricordato art. 138, punto 3, del novellato codice delle assicurazioni. In sintesi, il S.C. cassa e decide nel merito, eliminando sia la personalizzazione del danno sia anche il condannatorio per euro 20.000, dalla Corte distrettuale liquidati a titolo di danno morale: che quindi, col nuovo fermo in commento, non va riconosciuto in aggiunta alle tabelle, ma, al contrario, sottratto, ove non provato, dall’importo scaturente dall’applicazione “piena” delle tabelle.
Nuovo schema di tabella unica nazionale
Nel disordine creato da questa nuova giurisprudenza, gradita è giunta la notizia, agli inizi del 2021, dello schema predisposto dal Ministero per lo Sviluppo Economico per la tabella unica nazionale cui all’art. 138 Cod. Ass.. Espressamente prevedendosi che la tabella indichi separatamente la componente del danno morale e quella del danno biologico, al fine di tener conto della più recente giurisprudenza di legittimità.
In ossequio al dettato normativo, il risarcimento da danno morale viene quindi rappresentato da una percentuale (moltiplicatore per danno morale), in aumento di quello da danno biologico, crescente all’aumentare di ogni punto di invalidità.
Nuove tabelle milanesi 2021
L’Osservatorio sulla giustizia civile del capoluogo ambrosiano non poteva assistere muto all’asperrima tenzone giurisprudenziale e dottrinaria, potenzialmente in grado di far fallire ogni ipotesi di tabellazione, e di certezza del diritto. Donde puntuali, al marzo 2021, sono state pubblicate nuove tabelle: ove precisamente sono esplicitati gli addendi monetari delle singole componenti del danno non patrimoniale. Da un lato il dannobiologico / dinamico relazionale; dall’altro il danno da sofferenza soggettiva interiore, ovvero il danno morale.
Conclusioni
La categoria del danno non patrimoniale è unitaria, come stabilito dalle sentenze gemelle delle Sezioni Unite del “primo” San Martino, quello del 2008.
Certamente, all’interno del danno non patrimoniale diversa è la componente del danno biologico, c.d. esterno, da quella del danno morale, per definizione interno al danneggiato, in ragione della sua intima sofferenza, che ovviamente cresce anche in proporzione ai postumi (ed anche, ben potrebbe dirsi, della gravità della colpa, o del dolo).
Le tabelle milanesi comprendono da sempre la componente di danno morale, per cui la loro applicazione integrale non permette al Giudice di liquidare ulteriore risarcimento a titolo di danno morale.
Coerente è lo schema della redigenda tabella unica nazionale. Ma già le nuove vigenti tabelle milanesi 2021 ben evidenziano, all’interno del danno non patrimoniale, la parte di danno morale che il Giudice potrà negare o riconoscere, integralmente o parzialmente.
Resta quindi confermato che ben possono – e devono – osservarsi le tabelle milanesi, il danno morale ben potendo, come il biologico, esser tabellato: ovviamente il problema si sposta sul campo della prova del danno morale, su cui echeggerà il clangore delle spade del danneggiato e del danneggiante.
Or, dopo gli alti lai sulla supposta impossibilità di quantificare il danno morale, – con ingiustificato assalto alle tabelle, e rischio di ritorno al caos, ben rintuzzato dal nuovo elaborato milanese del 2021 –, non trovate azzardato pensare a Shakespeare, e al suo Much ado about Nothing?
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